Lunedì, 03 Gennaio 2011 00:00

Punti vendita: bisogna investire nel consumatore

La distribuzione si trova in una fase critica della sua evoluzione. Viene alla luce la fragilità finanziaria di molte aziende

Qual è lo stato di salute delle aziende della distribuzione? Ancora: si tratta di aziende, mediamente parlando, che oggi offrono reali prospettive di sviluppo? Ci rendiamo conto che i quesiti posti presentano una complessità probabilmente inestricabile. Se per loro trovassimo una risposta certa e definitiva, ciò permetterebbe a chi scrive di trasferirsi immediatamente a Wall Street a fare il guru per il resto della sua vita. Dunque, una risposta assoluta non l'abbiamo e forse neppure può essere trovata. Tuttavia l'argomento va affrontato, soprattutto ora e soprattutto in un contesto economico come quello che stiamo vivendo. Partiamo da due fatti, che noi stessi abbiamo toccato con mano. Tra le aziende produttrici esiste una serpeggiante preoccupazione, che si mescola a un pizzico di ottimismo.

COSA SUCCEDERÀ A SGM EXPERT?

Solo un pizzico, però. Il pensiero che sembra prevalere è più o meno il seguente. Nonostante qualche buon tentativo di riprendere a difendere i margini, “siamo proprio certi – ci si chiede – che a portarci fuori dal guado saranno coloro che ci hanno trascinato nelle difficoltà?”. In sostanza, se per anni e anni ci si è buttati a capofitto in una ben precisa politica commerciale, ora che si deve imprimere una sterzata di 180 gradi, si riuscirà a compierla con successo? Questa è una prima considerazione che puntualmente torna nelle chiacchierate telefoniche, negli incontri ai margini dei convegni, nei dialoghi con questo o quel manager. Una considerazione che di solito viene puntualmente seguita a ruota da un'altra, che ne rappresenta una sorta di ideale prosecuzione. “Ma cosa succederà a Sgm? Possibile che un'azienda come quella guidata dal presidente di Expert non riesca a trovare un compratore? E perché non lo trova?”.

LA RICETTA DI DRAGHI

Ora consentiteci uno slancio verso l'alto, molto in alto. Che, però, avrà una ricaduta più che concreta nel mercato dell'elettrodomestico, come vedremo subito dopo. Il governatore della Banca d'Italia, Mario Draghi, intervenendo a un convegno ad Ancona nel mese di novemre 2010, ragionando sul ruolo dell'Italia e il suo sviluppo, ha detto: “Dobbiamo tornare a ragionare sulle scelte strategiche collettive, con una visione lunga. Cultura, conoscenza, spirito innovativo sono i volani che proiettano nel futuro. La sfida, oggi e nei prossimi anni, è creare un ambiente istituzionale e normativo, un contesto civile, che coltivino quei valori, al tempo stesso rafforzando la coesione sociale”. In queste poche frasi rivediamo l'esatto opposto di quanto fatto nel settore dell'eldom negli ultimi anni.  Proviamo a calare nel nostro ambito quanto affermato da Draghi. Egli parla di “scelte strategiche collettive, con una visione lunga”. Una vera partnership tra produzione e distribuzione, per garantire il prodotto-servizio migliore al consumatore finale, non è mai riuscita a innestarsi nella filiera. Se ne è parlato tanto, ma fatti pochi. L'unica preocupazione sono stati, invece, il risulato di fatturato e l’incremento della quota di mercato. Obiettivi, di per sé, da non demonizzare. A condizione che non restino gli unici.

VALORE ABBATTUTO

Mentre da una decina d'anni a questa parte il numero dei pezzi venduti ha rappresentato la sola voce presa in considerazione da una larghissima fetta del trade e da molte industrie. Se, poi, per aumentare quel numero voleva dire abbattere il valore dei prodotti, sforbiciare i margini e investire nulla nel servizio al consumatore, lo si è fatto senza porsi tanti scrupoli. La conseguenza rappresenta il fondamento delle preoccupazioni che si raccolgono tra le industrie. Si ha la netta sensazione, allora, che nella distribuzione esista una fragilità piuttosto diffusa per quanto riguarda la solidità delle aziende. Siamo arrivati a un punto tale che basta un raffreddore per causare bronchiti croniche, e che un grande gruppo come Sgm-Expert non trova chi voglia comprarlo. Una cosa è certa: se qualcuno pensa ancora che i problemi dell'eldom potranno essere risolti dalle private equity, è bene che cambi registro. I fondi di investimento puntano al guadagno nel più breve tempo possibile. Obiettivo che nell'eldom oggi è irraggiungibile. Pertanto è bene rimboccarsi le maniche e provare a uscire dalle sabbie mobili con idee e forze autoctone. La strada è ancora Draghi a indicarla: “Cultura e conoscenza”. Cultura del consumatore, di prodotto, di servizio. Il trade, purtroppo, non ha battuto questa strada (se non di striscio) e se vorrà riconquistare maggiore solidità aziendale, attraverso una difesa più efficace dei margini, dovrà farlo.

PIÙ CONOSCENZA DI PRODOTTO E DEGLI UTENTI

In sostanza, dovrà investire nella conoscenza di chi entra nei suoi negozi, investire nella conoscenza dei prodotti per mezzo di addetti alle vendite motivati, competenti e preparati. Questo dovrebbe anche essere il ruolo delle centrali distributive: contribuire ad accrescere la cultura di mercato dei soci del gruppo sul territorio. È l'intero mondo dei punti vendita che ha di fronte la sfida delle sfide: ritararsi completamente sul consumatore finale per dotarsi di una “visione lunga”. Sempre che voglia avere una visione.