Mentre gli italiani dimostrano di apprezzare sempre di più l'acqua del rubinetto, Bianco & Bruno inizia un viaggio proprio nel mondo dell'acqua.
La plastica è il materiale più importante prodotto dall’economia moderna. In cinquant’anni il suo consumo è cresciuto più di qualsiasi altra sostanza, e si stima che crescerà con lo stesso ritmo per i prossimi 40 anni. Duttile, a basso costo, resistente, la fibra ricavata dal petrolio viene impiegata in tutti i settori produttivi, e in particolare il packaging ne assorbe la maggiore quantità: basti pensare a bottiglie, confezioni e contenitori per gli alimenti. A fronte dei tanti vantaggi per l’economia produttiva e per gli utenti finali, il packaging come rifiuto rivela le sue criticità, diventando un problema, grosso e costoso, per l’ambiente, la salute e l’economia stessa.
Una montagna
Dal 1964 al 2014 la produzione globale di plastica, considerando la sola materia prima derivata da petrolio, è passata da 15 a 311 milioni di tonnellate. Si stima che nel 2050 arriveremo a produrne - e immetterne nell’ambiente - 1.124 milioni. In Europa la produzione è stabile dal 2009 con circa 57 milioni di tonnellate ogni anno (dato 2013). Il packaging assorbe il 26% della produzione globale, ed essendo leggero, economico ed efficace, viene sempre più impiegato al posto di altri materiali. Dal 2000 al 2015 la produzione globale ha registrato un aumento medio annuo del 5%. Secondo le previsioni, entro il 2050 i volumi quadruplicheranno, con una produzione globale prevista di 318 milioni di tonnellate; nel 2013 le tonnellate sono state 78 milioni, per un valore di 260 miliardi di dollari. Questo patrimonio, in termini di materia e di valuta, viene perso al 95% dopo il suo primo - e unico - uso. Infatti, solo il 14% del packaging viene raccolto e riciclato:nel modo seguente: il 2% è recuperato e riciclato in materiali con simili applicazioni; l’8% in materiali di minor valore, mentre il 4% viene perso durante il processo. Dove finiscono gli altri 67 milioni di tonnellate? Sprecati così: il 14% è avviato a inceneritori, nel migliore dei casi con recupero di energia, il 40% stoccato in discariche, il 32% disperso nell’ambiente. Oltre alla perdita della materia in termini di valore (80-120 miliardi di dollari), questo sistema è una fabbrica di costi per la società, responsabile peraltro di danni ingenti per l’ambiente (Fonte: The New Plastic Economy 2016 - World Economic Forum).
A pesca di...bottiglie
Nel 2011 sono stati imbottigliati in Italia 12.200 milioni di litri di acque minerali. Di questi, 11.300 milioni sono stati assorbiti dal consumo nazionale, confezionati all’80% in bottiglie di plastica: un esercito di circa 6 miliardi di unità. Nel 2014 il consumo è aumentato a 12.400 milioni. Oltre alla perdita di valore della materia, 240 milioni di chili di PET (Polietilene tereftalato) per la produzione, l’impatto ambientale della bottiglia usata e non correttamente riciclata è critico. Di quei 6 miliardi di bottiglie, poco più di un terzo (36%) viene avviato a riciclo di materiale, il restante 64% finisce in discarica o all’inceneritore o, peggio, viene disperso nel territorio, con gravi effetti inquinanti. Non essendo biodegradabile, infatti, permane per molti anni nell’ambiente - da 100 a 1000 anni a seconda del tipo di fibra (Fonte: Legambiente, studio 2013). Desta particolare inquietudine, poi, l’effetto del rifiuto plastico negli oceani. Si stima che almeno 8 milioni di tonnellate di plastica vengano disperse in mare: si tratta in maggioranza di residui di bottiglie e borse di plastica, con un rapporto plastica/pesci di uno a cinque in termini di peso. Avanti di questo passo nel 2050 lo stesso rapporto sarà di uno a uno, ci sarà tanta plastica quanto pesce nel mare. La Comunità internazionale si interroga seriamente sull’argomento e pianifica la realizzazione di un sistema virtuoso in cui, semplificando molto, la plastica non diventa mai rifiuto: la New Plastic Economy. Tuttavia, in attesa della realizzazione di questo profondo cambiamento su tutti gli assi del sistema, serve, e con la massima urgenza, un approccio consapevole al consumo, con scelte informate ed eco-sostenibili.