Giovedì, 11 Ottobre 2018 17:59

Ci dimentichiamo del cliente “fisico” per correre dietro a quello “virtuale”

Ma il primo potrebbe spendere di più, mentre il secondo vuole spendere di meno. Anche se i confini tra le due categorie diventano sempre più labili.

Nei giorni scorsi abbiamo raccontato le vicende di due lettori alle prese con il diverso trattamento del sito internet e del negozio fisico (https://goo.gl/RyMmZy). Tra i vari commenti ricevuti, uno ci ha colpito per la sua durezza. In esso ci si riferisce ai clienti che normalmente acquistano in negozio assegnando loro l’appellativo di “fessi”, e li si contrappone ai clienti “comodini” dell’on-line che prenotano un prodotto che forse nemmeno ritireranno, definendo questo inseguimento delle quote di vendita dell’e-commerce “la più grande discriminazione tra cliente e cliente da quando esiste il commercio”.

Nell’immediato abbiamo pensato a un’iperbole per sottolineare il comportamento che adottano le aziende per conquistare il mercenario cliente dell’on-line a discapito del fedele consumatore del negozio. Ma in realtà il termine “discriminazione” ha una sua fondatezza. Stiamo vivendo un periodo nel quale le aziende si dimenticano spesso del cliente che hanno di fronte per pensare a quello che, forse, sta consultando il loro sito on-line. Questo genera una serie di comportamenti discriminatori che hanno dell’assurdo.

Il cliente che, incurante del prezzo presente sul sito internet del rivenditore, si reca in uno dei punti vendita della stessa insegna deve poter godere degli stessi diritti di chi si prepara all’acquisto consultando i diversi prezzi on-line. Non si può confidare nell’ignoranza del consumatore per vendere un articolo ad un prezzo più alto rispetto a quello proposto sul proprio e-commerce. E non ci si può mascherare dietro ai propri addetti vendita, che sottoposti alle continue pressioni del tipo “Su internet l’ho visto a meno”, “Come mai sul vostro sito costa meno?”, “Posso averlo al prezzo del sito?”, si arrabattano come possono dando spiegazioni astruse ad un fenomeno che non riescono a spiegare.

“Su internet costa meno perché ci sono meno costi rispetto al negozio”. È la risposta più errata che si possa dare. Il prodotto che si vende nei negozi, nel caso dell’elettronica è lo stesso che si vende on-line. Il consumatore finale è portato quindi a pensare che il prezzo corretto del prodotto sia quello visto on-line. Che è quasi sempre più basso rispetto a quello del negozio. Rispondere in questo modo è come ammettere che la colpa di quel rincaro risiede nel costo della forza lavoro degli addetti

“Sul nostro sito costa meno perché dobbiamo competere con Amazon”. Il cliente va in confusione all’ammissione stessa dell’assenza di ‘competitività’. Perché dovrebbe comprare ad un prezzo più elevato rispetto alla concorrenza?

“Non posso darle il prodotto al prezzo del sito perché in quel caso lo riceverebbe tra un paio di giorni, mentre qui glielo posso consegnare subito”. Solitamente di fronte a questa risposta il cliente più scafato accetta l’attesa, e incassa lo sconto. Chi ha urgenza di avere il prodotto, invece, ha la sensazione di aver pagato una gabella in più per l’immediata soddisfazione del proprio bisogno.

Il commento che abbiamo ricevuto, e per il quale ringraziamo il nostro fedele lettore, non parla unicamente di prezzi. Ci si chiede come mai si stia sacrificando l’attenzione per il cliente che abitualmente frequenta i negozi, con il quale possiamo parlare ed entrare in empatia, dando la priorità a chi si nasconde dietro una e-mail, ordina il prodotto, lo ritira e scappa via senza nemmeno salutare.

Ci piacerebbe molto avere la soluzione a portata di mano, ma non è facile. Da un lato le aziende cercano di essere al passo coi tempi sviluppando siti di e-commerce che portano sempre più fatturato, dall’altro si cerca di creare margine con il valore aggiunto che si può trovare in negozio. Avere in punto vendita lo stesso prezzo del sito on-line non è economicamente sostenibile, lo sappiamo, ma proprio per questo motivo si sta sempre più diffondendo l’idea che acquistare in negozio costa di più, e nemmeno questo alla lunga sarà sostenibile. A meno che non si inizi a ricevere un trattamento diverso nei negozi. Addetti più preparati, gentili e disponibili. Un’esperienza d’acquisto diversa per il consumatore. A quel punto si potrebbero davvero distinguere i due mondi. Come già succede tra ordinare una cena a domicilio e andare di persona al ristorante. Perché se il prodotto che acquisto è lo stesso, e ricevo lo stesso servizio di assistenza, consulenza e post-vendita, se non inferiore, a quello offerto da Amazon, allora che si parli pure di discriminazione.

Giovane Marmotta