Per puro caso ieri ci siamo trovati in un punto vendita di Bologna a gestione familiare di un caro amico. Lui era impegnato e quindi ci siamo messi in attesa. Da quel momento alla nostra uscita dal negozio sarebbe passata circa un'ora. Un lasso di tempo che ci ha permesso di compiere una sorta di mystery shopper al contrario: sbirciare richieste e comportamenti dei consumatori che entravano. Alla fine sono stati 6, cui vanno aggiunte due telefonate da parte di altri due clienti. Ebbene, su 8 "trattative" o comunque contatti con clienti (che a noi hanno dato la nettissima sensazione di essere abituali), tre li definiremmo difficili da gestire. Una coppia di coniugi ben oltre la sessantina, entrando in cerca di una nuova lavastoviglie, si è rivolta con tono diretto e sbrigativo al titolare minacciandolo di rivolgersi da Unieuro se non avesse trovato soddisfazione. Tono niente affatto scherzoso, sia chiaro. Un secondo signore, questo oltre la settantina, ha tenuto impegnato un collaboratore del titolare per farsi ripetere sette volte (7) che per usare la sua cuffia per tv doveva lasciare premuto "il pulsante 1". E aveva esordito dicendo che non poteva trattarsi di un suo errore il presunto malfunzionamento della cuffia perché lui "sapeva tutto". Non sappiamo dove l'addetto abbia attinto la sua inesauribile pazienza per ripetergli sette volte la stessa frase. Ma lo ha fatto. Quando pensava di essersene liberato, l'arzillo "so tutto io" è tornato sui suoi passi e come se si stesse rivolgendo a un posteggiatore abusivo gli ha urlato dall'ingresso : "Ehi capo! Allora devo lasciare premuto il pulsante 1, vero?". In quel momento squilla il telefono. Risponde il titolare. Dall'altra parte una cliente alle prese con un tv di ultima generazione che non vuole funzionare. "Signora, ha provato ad aggiornare il software?". Ma la temperatura si alza immediatamente, inducendo il rivenditore a mettersi in difesa e ad azzardare: "Signora, non ce la faccio a capire cosa c'è che non va al suo tv da qui. La sento un po' troppo prevenuta nei nostri confronti". E le offre la loro assistenza. Anche in questo caso ci sentiamo fortemente a disagio e ci chiediamo come reagiremmo noi a una certa aggressività che scatta in modo automatico e senza alcuna giustificazione.
Pensierino finale. Se l'atmosfera è tanto tesa in un piccolo punto vendita, dove più o meno si conoscono tutti e dunque dovrebbero imporsi familiarità e disponibilità, non osiamo pensare a ciò che accade in un grande punto vendita con tanti consumatori che vanno e vengono. Anzi, pochi giorni fa la nostra Giovane Marmotta lo ha spiegato molto bene. Ora, che ci sia un problema sociale galoppante è un dato di fatto. Maleducazione, sospetto, desiderio di trovare un colpevole, aggressività sono in netta ascesa nelle relazioni tra le persone. Ma questo va oltre le nostre competenze. Se la situazione è questa, aumenta a dismisura la difficoltà di chi lavora nei negozi. Ed è avvantaggiato il piccolo negozio perché gestito da chi lo possiede con pochi collaboratori, o addirittura nessuno. Sopportare pressioni e provocazioni all'ordine del giorno riesci a farlo meglio se sei il "padrone". Se invece ti avvali di tanti dipendenti, allora l'imprenditore deve necessariamente agire sulla leva della passione dei propri collaboratori. Perché solo la passione ti garantisce la forza di gestire il "dialogo" con questi consumatori. Ma passione significa, per l'imprenditore, scegliere bene i propri dipendenti, motivarli a 360 gradi, formarli come si deve. Significa insomma investire nei propri collaboratori. Perché l'asticella si sta alzando paurosamente. Questo, crediamo, è il compito principale dell'imprenditore moderno del retail.
Noi, dal punto vendita del nostro amico, siamo usciti nervosi e in cerca di un calmante.