È un luogo molto speciale nel quale si estraggono oro, alluminio, rame, ferro, tutti insieme e a pochissima distanza tra loro. La seconda tappa del percorso di formazione sull’economia circolare organizzato da Assoclima (Costruttori sistemi di climatizzazione) e realizzato dai consorzi Erion e Ridomus Consorzio Ecoped, si è svolta presso un’azienda specializzata nel riciclo di tutte le categorie di RAEE. Durante la visita i partecipanti hanno potuto seguire un climatizzatore residenziale nelle diverse fasi di trattamento così che, al termine della giornata, fosse ben chiaro a tutti quanto lavoro e quali competenze siano necessarie per portare a termine con successo questa operazione “miracolosa”. Il primo componente recuperato è il refrigerante.
Il furto dei compressori
Si recuperano circa due tonnellate di refrigeranti all’anno (il 60% dei quali viene rigenerato) e considerando l’età media dei prodotti avviati al riciclo, si tratta di R407C, R410A, R134A. È una quantità estremamente modesta, perché troppo spesso le unità arrivano vuote. Cosa ne sia stato del refrigerante non è dato sapere. Tale fenomeno è praticamente una costante per ciò che riguarda i frigoriferi, perché il furto dei compressori nei centri di raccolta è una vera e propria razzia: non ne viene risparmiato nessuno. In questo caso il refrigerante viene sempre disperso nell’ambiente, cosa come minimo deprecabile. Il “piatto forte” dell’attività di recupero sono i metalli, poiché un climatizzatore è generalmente composto da acciaio (48%), rame (17%) e alluminio (7%). Il componente di maggior “peso” è il compressore, che viene subito separato dalla carcassa, forato alla base per recuperare l’olio, che viene ulteriormente trattato (riscaldato) per separare il refrigerante ancora miscelato al suo interno.
Dalle schede elettroniche si recupera... oro!
Il percorso del compressore verso una nuova vita può portarlo a percorrere strade molto diverse tra loro. Può essere inviato in alcune nazioni asiatiche dove, se in buono stato, si utilizza il rotore come componente per nuovi ventilatori domestici (pale a soffitto) destinati al mercato locale. Oppure, in Italia, avviato alla triturazione per recuperare successivamente i metalli (acciaio, rame, alluminio) in esso contenuti. Stessa sorte tocca alla carcassa dell’unità esterna: è acciaio e tale ritorna. È importante sottolineare come, ad eccezione della ILVA di Taranto, il resto del sistema siderurgico italiano produca acciaio (quasi) unicamente da rottame e (quasi) solo con forni elettrici. Una ragione per la quale, almeno in questo settore, l’Italia è certamente tra i minori emettitori di CO2 in Europa. Tornando al nostro climatizzatore, è ora il turno del circuito frigorifero: è 100% rame e tale ritornerà ad essere. Idem per gli scambiatori di calore, presenti sia nell’unità interna che in quella esterna. Si tratta di rame e alluminio: anche loro torneranno ad essere tali. Le parti in plastica dell’unità interna ed esterna (18%) vengono triturate e ritornano ad essere plastica, utilizzata per la produzione di manufatti di basso valore. La presenza di polimeri anti UV e anti fiamma non le rendono adatte al riutilizzo per lo stesso impiego, decisamente più “nobile”. Ultime in ordine di menzione sono le schede elettroniche, dalle quali si recupera oro. Ne possono contenere da 25 a 200 grammi per tonnellata, a seconda del tipo di scheda. In sintesi, l’83,9% dei materiali trattati ritorna ad essere materia prima (seconda). Il 4,5% è destinato alla produzione di energia. Solo il residuo 6,1% finisce in discarica o termodistrutto. Tutto bene? No. La quantità di macchine recuperate ed avviate a un completo e corretto recupero è ancora modesta se confrontata con l’immesso annuale sul mercato. Abbiamo norme, strutture e tecnologie. Ci manca solo un po’ di determinazione (tanta) per fare le cose per bene, sempre e sino in fondo.
Marco Dall’Ombra
HVAC Mentor / Circular Economy Passionate