Giovedì, 13 Gennaio 2022 16:23

Come la tecnologia ha cambiato il business dell’usato (e come potrebbe cambiare quello dell’elettronica)

Solo in Italia le vendite di prodotti usati valgono  23 miliardi di euro, vale a dire l’1,4% del nostro prodotto interno lordo.

Solo in Italia le vendite di prodotti usati valgono ben 23 miliardi di euro, cifra enorme che corrisponde all’1,4% del nostro prodotto interno lordo. Quasi la metà di questo dato, 10,8 miliardi di euro, passa attraverso l’online e le app per cellulare. Il dato emerge da uno studio di Bva-Doxa e si riferisce al 2020.

Per capire quanto il fenomeno sia diffuso e riesca a modificare interi mercati, prendiamo come esempio uno dei segmenti più influenzati, quello dell’abbigliamento. I recenti trend di acquisto tramite smartphone e PC hanno letteralmente rivoluzionato l’intera industria della moda, cambiando radicalmente le abitudini di acquisto dei consumatori e costringendo i vari player sul mercato a cambiare a loro volta.

E’ curioso osservare casi simili per capire quale futuro prossimo si potrebbe prospettare nel mercato dell’elettronica, anch’esso “primario” ed “emozionale” allo stesso tempo. Nel 2028 il business dell’abbigliamento e degli accessori rivenduti tramite app e smartphone supererà quello del “fast fashion”, il pronto moda economico delle grandi catene come Zara, Primark ed H&M: 64 miliardi di dollari contro 44 miliardi nei soli Stati Uniti. E’ questa la direzione prevista dai maggiori analisti di mercato e da un corposo “resale report” di ThredUp, piattaforma americana che si occupa di vendite online. Solitamente guardiamo agli USA per capire dove è indirizzato il cosiddetto business trend, essendo un mercato che tradizionalmente anticipa il resto del mondo e soprattutto l’Europa.

E quella direzione è sicuramente tracciata anche nel nostro paese: secondo l’ “Osservatorio Second Hand Economy” stilato da Doxa, il mercato dell’usato e della rivendita online ha avuto una crescita del 28% negli ultimi 5 anni. E in Italia lo facciamo anche bene: secondo il colosso francese Vestiaire Collective, i nostri concittadini sono quelli che riescono a vendere più vestiti online a livello mondiale, con 7,5 pezzi a testa in media ogni anno.

Le ragioni di questo boom sono da attribuire all’utilizzo dello smartphone e delle sue app dedicate. La principale è stata Instagram, piattaforma social che ha fatto letteralmente esplodere il mercato dell’abbigliamento tra i giovanissimi. L’età media degli utilizzatori è infatti di soli 25 anni, contro i 35 anni di Facebook (fonte Statista.com). Attraverso i social network si è imposto un certo modo di “fare look”, spingendo molti giovani a cercare metodi alternativi per acquistare pronto moda senza spendere cifre fuori dalla loro portata.

In breve tempo la rivendita e acquisto di usato è diventato il metodo preferito dagli utenti smartphone più smaliziati e intraprendenti, la cosiddetta Generazione Z.

In pochi anni sono nate piattaforme come Vinted, Shpock, Depop e molte altre. Applicazioni che permettono in pochi secondi di caricare i propri prodotti, rivenderli e acquistarne altri. Tutto in modalità peer-to-peer, ovvero utente-utente, saltando di netto qualsiasi intermediazione e distribuzione organizzata.

A livello europeo, Il business dell’acquisto di merce usata è equamente diviso tra uomini e donne, ma quello che cambia è la tipologia di prodotti ricercati. E’ quindi falsa l’idea che il gentil sesso sia più propenso allo shopping: online lo fa “solo” il 65% delle donne, contro il 67% degli uomini (fonte: Eurostat), dato che quindi vede un sostanziale equilibrio. Per quanto riguarda la rivendita, secondo stime fatte da alcuni grandi piattaforme online di usato per Il Sole 24 Ore, in Italia la maggior parte degli utenti attivi sono le donne (il 75% degli utenti) con una età media di 30 anni, ma la fascia d’età che compra di più è quella dai 30 ai 50 anni. L’utilizzo delle app su smartphone ha quindi modificato profondamente sia il business della rivendita dell’usato che tutto il mercato della moda, che da pochi anni a questa parte sta “correndo ai ripari” per contrastare (o cavalcare?) questo fortissimo trend in crescita. Basti pensare che piattaforme come Zalando, storicamente votate al commercio del nuovo, stanno attualmente promuovendo con forti campagne marketing il loro servizio dell’usato.

Secondo il “Resale Report” di ThredUp, 9 manager con alto potere decisionale su 10 vorrebbero entrare a breve nel business del “second hand”, e in molti lo stanno già facendo. Brand come Chanel, Celine, Hermes, Louis Vuitton hanno già siglato accordi con le principali piattaforme di rivendita dell’usato, come per esempio la potentissima società americana TheRealReal.

Il mercato della moda è stato profondamente influenzato dalla tecnologia, ma sarà tutto il sistema globale di rivendita a essere rivoluzionato nei prossimi anni, anche quello degli elettrodomestici. Storicamente, l’acquisto di elettronica usata ha sempre subito il “freno” della veloce svalutazione e dell’obsolescenza. A causa del rapido invecchiamento dei dispositivi tecnologici (pensiamo agli smartphone o ai computer) i consumatori tendono a preferire prodotti nuovi legati a una garanzia del produttore. Anche i dati stilati da Doxa lo confermano: in Italia, nell’ultimo rilevamento del 2020, il 67% delle persone hanno acquistato prodotti per la casa e la persona, l’elettronica si ferma al 55% e infine l’informatica al 27%. Quale futuro si prospetta per il re-selling online?

Uno dei problemi da risolvere a breve termine sarà sicuramente quello della grande diffusione dei capi contraffatti, almeno nel settore dell’abbigliamento. La tecnologia blockchain (la stessa usata per creare e autenticare Bitcoin) sarà probabilmente il futuro di questo business, con la vendita di prodotti fisici legati a token digitali che ne attestino l’autenticità e la rivendita sicura. Un codice blockchain è in pratica un “documento” digitale inalterabile e non replicabile che contiene al suo interno delle informazioni. Viene creato con sofisticati algoritmi in maniera aperta e condivisa, in modo da renderlo verificato e inattaccabile.

Ci si aspetta che la tecnologia crypto coinvolga qualsiasi settore produttivo e della vita quotidiana: l’innovazione della crittografia distribuita permetterebbe, almeno in modo potenziale, di poter fare a meno di banche, notai, istituzioni finanziarie e qualsiasi controllo centralizzato delle informazioni. Questo concetto potrebbe coinvolgere anche l’elettronica, autenticando i prodotti rivenduti e garantendone funzionalità e condizioni. Non si tratta di “futuro”, ma di possibilità concrete e attuali. Già dal 2019 la divisione commerciale di Mercedes-Benz in Cina ha iniziato a certificare il proprio usato (passaggi di proprietà, Km percorsi, report assicurativi) utilizzando proprio un sistema blockchain Ethereum, mentre negli USA il colosso crypto Carnomaly ha annunciato lo scorso giugno il suo progetto “usato sicuro” con compravendite certificate da dati crittografati.

Il mercato dell’elettronica è in procinto di cambiare come è accaduto a quello della moda e ad altri settori? La risposta arriverà prima di quanto tutti pensiamo. (claudio camboni)