Venerdì, 20 Agosto 2021 15:21

Il 5G aumenterà l'elettrosmog?

Inquinamento invisibile: non ci sono evidenze scientifiche che le onde elettromagnetiche abbiano effetti negativi sulla salute. Ma nemmeno garanzie del contrario.

Il mondo iperconnesso si prepara a cambiamenti ‘da fantascienza’ con l’arrivo del 5G, la quinta generazione della tecnologia cellulare, che promette di accelerare la trasformazione digitale globale e l’evoluzione di tutte le attività digitali, come la telemedicina, la guida autonoma e il potenziamento dell’IoT - vale a dire l’Internet delle Cose - con una densità di interconnessioni fino a 1 milione per kilometro quadrato. Tutto ciò funziona con le onde elettromagnetiche, e interferisce con l’inquinamento elettromagnetico, impropriamente detto elettrosmog, che non rilascia sostanze inquinanti nell’ambiente: in altre parole, se si spegne la sorgente che genera il campo di onde, l’inquinamento cessa. Da cosa viene prodotta questa invisibile contaminazione? Intanto dalla rete di trasmissione dell’elettricità, che ha una emissione elettromagnetica non intenzionale: in genere tutti gli apparecchi alimentati con la rete elettrica emettono onde elettromagnetiche; poi dai sistemi di ‘teleradiocomunicazione’, impianti radio-TV e di telefonia mobile, progettati per emettere onde elettromagnetiche con cui viaggiano tutte le informazioni. La frequenza è il parametro di misura, indica il numero di oscillazioni che l’onda elettromagnetica compie nel tempo, un Hertz equivale a un'oscillazione per secondo. Le onde elettromagnetiche si dividono in campi a bassa frequenza, generati dagli elettrodotti, e campi ad alta frequenza, o RF (radiofrequenza), prodotti da impianti di teleradiocomunicazione per la TV, la radio, e la telefonia mobile. Il nostro insostituibile smarthpone è una sorgente di onde elettromagnetiche: oggi è meno evidente  rispetto a un tempo, quando i cellulari avevano l’antenna esterna e forse era più facile considerarli ricetrasmettittori di onde.

Con il 5G servono più antenne


La struttura di propagazione del 5G richiede l’installazione di nuove stazioni radio base sul territorio (le antenne) che si aggiungeranno o sostituiranno gradualmente il parco attualmente attivo a servizio delle tecnologie precedenti o ancora in uso come il 4G. La tecnologia 5G è complessa e diversificata, utilizza tre distinte bande di frequenza; alcuni servizi che sfrutteranno la nuova infrastruttura richiedono capacità di trasmissione molto elevate (nell’ordine dei Gigabit per secondo) e un'alta qualità del segnale ricevuto. Il che significa una distanza fra trasmettitore e ricevitore molto corta (nell’ordine delle decine di metri). Al contrario, altri servizi utilizzano parametri di trasmissione nell’ordine del Kilobit per secondo, e funzionano anche in presenza di distanze elevate fra trasmettitore e ricevitore, (anche chilometri). Perciò, in alcuni casi (banda bassa e media) non si prevede un aumento significativo del numero di stazioni radio base, perché queste frequenze sono analoghe a quelle in uso. Nei casi di servizi ad elevata capacità di trasmissione, la cosiddetta banda a onde millimetriche,“l’elevata attenuazione subita dal segnale, unita alla necessità di supportare capacità dell’ordine dei Gigabit per secondo, renderà necessaria la capillare installazione di stazioni radio base in prossimità degli utenti. Tuttavia, tali stazioni radio base non saranno dislocate su tutto il territorio, ma verranno impiegate soltanto laddove saranno strettamente necessarie, per esempio in centri commerciali, stadi, stazioni e aeroporti, ovvero in luoghi dove la richiesta di capacità, unita al numero di dispositivi connessi, sarà elevata” (fonte: CNIT - Consorzio Nazionale Interuniversitario per le Telecomunicazioni). 

Effetti sulla salute dell’uomo e sull’ambiente: ricerche in corso


Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, non è ancora possibile definire con certezza tutti gli effetti biologici delle onde elettromagnetiche. Si tratta di un ambito recente, molto diversificato in cui interagiscono con i sistemi biologici - uomo, piante e animali - onde elettromagnetiche differenti, con diverse frequenze, che richiedono approcci di studio altrettanto diversi. Attualmente si distinguono fra effetti termici, che riguardano il corpo o un organo, ed effetti specifici, quelli che si indagano a livello molecolare e delle cellule. E se gli effetti termici sono stati ampiamente analizzati, quello che succede più in profondità e a lungo termine ancora è da chiarire. Infatti, sia l’OMS che l’Unione Europea e altri importanti enti internazionali sono tuttora impegnati con studi a riguardo. A oggi, la comunità scientifica tende a ridimensionare l’ipotesi che l’esposizione a breve termine a campi di RF (radiofrequenza) possa causare patologie, o favorirne l’aumento, mentre è certo che provoca riscaldamento dei tessuti corporei. I campi elettrici e magnetici a frequenze estremamente basse (ELF, emissioni sui 50-60 Hz fino ai 300 Hz), generati dall’energia elettrica, inducono nei sistemi biologici cariche e correnti elettriche: quasi nulla del campo elettrico penetra all'interno del corpo umano; a intensità molto elevate, gli stessi possono essere percepiti attraverso la vibrazione dei peli cutanei. Questi campi sono stati definiti dall’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) nel 2001 “possibilmente cancerogeni”. Per alcuni, la cautela usata dagli studiosi è dovuta alla mancanza di approfonditi studi biologici che dimostrino o meno “una relazione causa-effetto tra esposizione e sviluppo della malattia e l'individuazione dei meccanismi di azione e le risposte biologiche connesse alla cancerogenesi”. Per gli altri campi elettromagnetici (radiofrequenze, o RF), l’effetto immediato sui tessuti biologici è il riscaldamento generale del corpo o della parte a contatto con le RF, un fenomeno definito “effetto termico” che varia in base a fattori come la distanza, il tempo di esposizione, l’intensità delle onde. A garanzia della salute delle persone, una normativa europea definisce i limiti di esposizione a queste sorgenti.

Il cellulare? Meglio a distanza di sicurezza


Nel caso della telefonia mobile, i campi a radiofrequenza penetrano nei tessuti esposti fino a un centimetro di profondità. Esistono studi sull’esposizione a breve termine del corpo intero a campi di livello molto più elevato di quelli normalmente associati alle comunicazioni mobili, ma sono scarse le indagini concentrate sull'esposizione localizzata alla testa. Secondo le conclusioni dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), gli effetti dell’esposizione sono minimi e non inducono gravi patologie. In particolare, rispetto al cancro, non ci sono evidenze scientifiche che indichino una relazione causale fra radiofrequenze emesse da cellulari o stazioni radio base e l’insorgenza o l’aumento di tali patologie. Alcuni scienziati hanno rilevato effetti legati all’uso dei cellulari, fra cui cambiamenti nell'attività cerebrale, nei tempi di reazione e nell’andamento del sonno. Questi effetti sono minimi e non sembrano avere alcun impatto sanitario significativo. È nota, infine, l’interferenza elettromagnetica generata dai cellulari utilizzati in prossimità di dispositivi medicali, come pacemaker, defibrillatori sottocutanei e certi apparecchi acustici. (Fonte: ISS, Istituto Superiore di Sanità). Ormai è altrettanto nota la raccomandazione di usare il meno possibile lo smartphone a contatto con l’orecchio, preferendo le modalità in vivavoce o con gli auricolari. Inoltre, evitare di tenerlo nella tasca anteriore dei pantaloni, per i maschi potrebbe essere un comportamento preventivo, anche se la relazione fra onde a radiofrequenza e ridotta fertilità maschile non è stata provata da evidenze cliniche.

Effetti a lungo termine da studiare


Sugli effetti a lungo termine dei campi elettromagnetici a radiofrequenza non ci sono certezze. Pertanto, a maggior ragione, cresce una certa preoccupazione nella popolazione. Ci sono molti studi scientifici in atto, sia direttamente sugli esseri umani (studi epidemiologici), sia di tipo sperimentale su animali e su cellule in vitro. Secondo la IARC (International Agency Research on Cancer), il complesso degli studi esaminati “non supporta l’ipotesi di effetti cancerogeni dei campi elettromagnetici”. Alcune analisi epidemiologiche hanno evidenziato, a differenza di altri studi analoghi, un aumento del rischio di certe forme di tumore a carico del cervello (glioma, maligno) e del nervo acustico (neurinoma, benigno) in relazione all’uso intenso di telefoni cellulari. Infine, riguardo ai possibili rischi per la salute connessi con il 5G, l’Istituto Superiore di Sanità evidenzia come “le frequenze che verranno utilizzate per il 5G sono state oggetto di un numero di studi sicuramente inferiore rispetto a quelle utilizzate dalle attuali tecnologie per le telecomunicazioni e per le trasmissioni radiotelevisive”. Dunque, è tutto da scoprire se il nuovo mondo iperconnesso comporterà un costo da pagare in termini di danni sulla salute nostra e del mondo biologico che ci circonda. (l.c.)

 

Da sapere


L'esposizione di chi utilizza un telefonino è superiore a quella di chi vive vicino a una stazione radio base, anche se, a parte gli sporadici segnali emessi per mantenere il contatto con le stazioni radiobase vicine, i telefoni cellulari trasmettono energia a radiofrequenza solo durante le chiamate. I telefonini sono trasmettitori a radiofrequenza di bassa potenza, ( tra 0,2 e 0,6 watt). L'intensità del campo, e quindi l'esposizione, decresce rapidamente con l'aumentare della distanza dal telefonino. Un cellulare posto ad alcune decine di centimetri dalla testa (con un auricolare) riduce notevolmente l’esposizione rispetto all’uso del telefonino sull’orecchio.