Dalle incertezze, provocate dalla condizione contrattuale o dalla particolare situazione aziendale, alla mancanza di stimoli, fino alla mole di lavoro non commisurata agli stipendi percepiti: come ridare le giuste motivazioni all’addetto vendita?
Domanda interessante, risposta non semplice. Partiamo però da una doverosa premessa. È giusto sgombrare il campo da ogni tipo di equivoco e sottolineare come non sia propriamente raro trovarsi di fronte a persone svogliate, prive di interesse per quello che fanno oppure semplicemente “fuori contesto”, incapaci di rapportarsi con i clienti, a volte anche fin troppo supponenti. Lo sappiamo tutti che esistono anche i soggetti appena elencati, che spesso diventano, di fatto, irrecuperabili.
Detto questo, è palese che - al trend negativo riguardante i fatturati delle varie catene - corrisponda anche un tangibile scoraggiamento da parte di coloro che sono la parte attiva, e quindi fondamentale, del negozio: gli addetti vendita. Come risolvere il problema? Proviamo a valutarne le cause, cercando di migliorarne poi l’effetto.
INCERTEZZA. Lavorare bene, rendere al meglio in ogni situazione, portare avanti le richieste dell’azienda: questo è ciò che ci si aspetta da tutti. Ma come si può restare concentrati e “sul pezzo” quando, ad una decina di giorni dalla scadenza del contratto, non si hanno ancora delle certezze sul proprio futuro? E’ davvero necessario aspettare l’ultimo giorno per comunicare l’eventuale rinnovo? Queste incertezze, unite a quelle relative alle situazioni per niente floride delle varie catene in questo periodo storico, incidono (eccome) sul rendimento di un addetto vendita.
STIMOLI. Se l’addetto vendita è la base (più o meno numerosa) della piramide, la punta è rappresentata dal Direttore, che ha la responsabilità del negozio, e appena più sotto troviamo i Capi Reparto/Settore che spesso ne fanno le veci. Si tratta di persone sottoposte a stress maggiori, che devono cercare di far rispettare certi parametri e sono chiamate a prendere decisioni, spesso impopolari. In quanto persone però sono fallibili, e accanto a coloro (molti) che riescono a far quadrare i conti, creando le giuste condizioni di serenità, esistono quelli che attraverso atteggiamenti fin troppo aggressivi o, perché no, menefreghisti, finiscono per togliere armonia all’ambiente di lavoro, incidendo negativamente sul comportamento di tutti.
LAVORO. Il collegamento immediato al punto precedente è rappresentato dalla mole di lavoro che ci si ritrova ad affrontare. Spesso infatti vengono delegati all’addetto vendita lavori che, per assurdo, finiscono per allontanarlo dalla vendita stessa. I casi estremi sono due. Si passa dal tirocinante che, nonostante uno stipendio da fame, si deve sobbarcare ore ed ore di lavoro (anche straordinario), spesso per espletare le pratiche più noiose e inutili, per arrivare poi alle situazioni dove è d’obbligo dover fare di necessità virtù, in quanto, nonostante la buona volontà da parte di tutti, ci si ritrova schiacciati da problemi molto più grandi (vedi, ad esempio, la mancanza di personale). In mezzo ci sono tutta una serie di sfumature, dalla più negativa alla più positiva, che tradiscono però il pensiero comune di dare molto di più di ciò che si riceve.
Tre semplici parole potrebbero bastare per risolvere molti problemi. Sincerità, nello spiegare le situazioni contrattuali e/o aziendali, senza nascondersi dietro i classici “segreti di Pulcinella”. Umiltà, nel cercare di mettersi (lavorativamente) tutti sullo stesso piano, eliminando, all’interno di rapporti personali schietti, le differenze tra ruoli, dandosi una mano l’uno con l’altro. Equità, perché se ognuno dà un pizzico in più, il beneficio sarà di tutti e se questo viene anche riconosciuto in termini economici, la situazione non potrà che migliorare.
Commenti (0)