Abbiamo vissuto giorni surreali in negozio e nella nostra via privata. Da domenica scorsa ci sembra di vivere in un film. Dai titoli catastrofici di alcuni quotidiani agli accorati appelli in TV delle istituzioni, è impossibile non pensare a romanzi come “L’ombra dello scorpione” di Stephen King, o film come “Contagion” di Steven Soderbergh.
Codogno come Austin (Texas) e Vo’ Euganeo come Minneapolis (Minnesota). Il rapido passaparola tra colleghi (siamo in zona gialla) ha alimentato il panico serpeggiante, anche quando si cercava di placare gli animi. Avremo bisogno di mascherine? Ma sono esaurite. Serve il gel per le mani? Introvabile. Perché non chiudiamo anche noi? Improbabile.
Già dalla tarda serata di domenica 24 febbraio, e per tutto il lunedì e martedì seguenti, pochissimi clienti sono entrati in negozio. Alcuni erano lì per necessità (frigorifero rotto, televisore che faceva le bizze, smartphone da sostituire), ma si percepiva che ne avrebbero fatto volentieri a meno. Altri, invece, curiosavano tra gli scaffali come al solito, abbastanza fiduciosi che si trattasse di una banale influenza.
Anche i colleghi si sono divisi tra gli ottimisti, certi che non ci fosse alcun motivo di preoccuparsi, e i pessimisti, sicuri che prima o poi saremo tutti a casa in quarantena. Con i negozi chiusi. Sono in molti a sperare che chiudano i punti vendita nelle zone limitrofe alle regioni “contagiate”. Ma saremo in ferie forzate? In cassa integrazione? O in mutua? La cosa non è chiara.
Già dal mercoledì mattina, complici alcuni titoli rassicuranti e l’esperienza diretta che nei supermercati si trova tranquillamente di tutto – non solo le penne rigate - si è respirata un’aria di debole ripresa. Giovedì e venerdì sono stati giorni assolutamente normali per afflusso di clientela. Chi aveva la tosse mi tossiva in faccia come ha sempre fatto, chi starnutiva poco distante da me mi rassicurava ridendo “Tranquillo, non ho il coronavirus!”. Ho visto solo un cliente con la mascherina e l’ho apprezzato per le attenzioni che mi riservava: si teneva a distanza di sicurezza e non ha voluto stringermi la mano a fine vendita. Perché non a tutti è chiaro che se non si ha paura del contagio, si dovrebbe portare rispetto nei confronti di chi ne farebbe volentieri a meno.
Sabato e domenica mi risulta che alcuni negozi dei centri commerciali della Lombardia siano rimasti chiusi, ma nel punto vendita dove lavoro mi è sembrato tutto nella normalità. Forse meno curiosi del solito, ma chi era interessato ad acquistare entrava e svolgeva la propria commissione senza fretta o preoccupazioni.
Da lunedì 2 si sta diffondendo una certa immunità ai notiziari e ai giornali catastrofisti. Mi sembra di percepire che le persone abbiano tanto bisogno di tornare alla normalità, mangiare fuori e pensare alle vacanze. Vogliamo tutti che arrivi presto la primavera e che cancelli al più presto il virus della paura. Perché un altro ben più tragico scenario si intravede all’orizzonte. Lo spettro della crisi economica del 2009 torna ad aleggiare nella nostra memoria, e nessuno di noi vuole più vivere con il timore di perdere il proprio posto di lavoro.
Cosa ne pensi di questo argomento? Scrivimi a nathan@biancoebruno.it
Commenti (5)