In questi giorni, quando guardo un film in TV e vedo un locale affollato di gente, per me è come vedere due attori che fumano tranquillamente nello scompartimento di un treno. Mi sembra l’immagine di un tempo che ormai non ci appartiene più.
Il ritorno alla normalità sembra sempre distante, per cui mi chiedo se alla fine non sia giusto accettare con positività le nuove abitudini che poco per volta stanno entrando nella nostra vita quotidiana.
Le misure di igiene, ad esempio. Chi dice che lavarsi spesso le mani, starnutire nel gomito ed evitare di tossire apertamente siano delle costrizioni? Sono una buona educazione che avremmo dovuto avere da sempre. Come sarebbe buona regola starsene a casa quando non ci si sente bene. Quante volte ci siamo trovati ad avere a che fare con clienti o colleghi che palesemente avevano qualche linea di febbre. Oggi dovremmo aver capito che fare gli spavaldi è un atto puramente egoistico, dato che si rischia di trasmettere un qualunque virus a soggetti più deboli.
Anche evitare il contatto fisico potrebbe essere una buona abitudine da prendere in considerazione; almeno durante la stagione influenzale. In questi giorni, dopo l’imbarazzo iniziale, sta diventando normale non stringere la mano agli acquirenti e non abbracciare i colleghi. Io poi vi confesso che non ho mai digerito quei clienti che ti toccano per attirare l’attenzione. Tuttavia, adesso bisogna ingegnarsi su come trasmettere lo stesso calore umano, a distanza. Dietro la mascherina nessuno ci vieta di continuare a sorridere e al posto della stretta di mano possiamo utilizzare altri gesti che abbiano la stessa valenza, come toccarsi i gomiti o salutare all’orientale. Non va dimenticato che i (pochi) visitatori che entrano nel punto vendita in questi giorni lo fanno per necessità, per cui apprezzano maggiormente quando viene loro offerta un’oasi di serenità.
Per lo stesso motivo evitiamo di accoglierli malamente. Vedo molti colleghi che, con il loro modo di fare, lasciano praticamente intendere: “Avanti, vediamo qual è il comprovato motivo di necessità che ti spinge qui da me oggi”. No, ragazzi, non facciamolo. Pensiamo a quando eravamo letteralmente assediati dalla famiglia con bambini sui passeggini, nonni, parenti e amici. Un unico nucleo familiare di quindici persone a chiedere informazioni. Direi che abbiamo nettamente migliorato l’afflusso, rispetto a qualche mese fa. Il rapporto tra clienti e addetti di questi giorni ci consente di poter servire correttamente ciascuno facendolo sentire a proprio agio, senza rinunciare a calma e gentilezza.
D’altronde mi sembra che i colleghi della GDO alimentare si stiano comportando in maniera più che dignitosa, nonostante siano presi d’assalto molto più di prima. A me capita di fare la spesa (ormai l’unica attività extra-lavorativa che mi è concessa) e scambiare due chiacchiere con la cassiera per sentirmi “normale” nonostante le mascherine e i guanti.
Avete notato poi che, con gli orari ridotti, c’è più personale disponibile? Tutto è ordinato e gli scaffali ben riforniti. Anche questo offre un’immagine di quotidianità da non sottovalutare. Chissà che, superata l’emergenza, non ci si accorga di quanto fosse assurdo dilatare all’inverosimile gli orari di apertura, con il risultato di essere quattro gatti per turno e servire i clienti in maniera frettolosa e scorbutica. Dopo questa quarantena forse la gente riscoprirà il piacere di trascorrere la domenica in famiglia all’aria aperta, piuttosto che chiudersi in un centro commerciale.
Non ci è dato sapere cosa succederà domani, ma per il momento noi pensiamola così: siamo qui per restituire un pizzico di normalità alle persone che vengono a trovarci.
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