Giovedì, 13 Aprile 2023 12:10

Codice del Consumo: le “pratiche commerciali scorrette”

Il nostro Nathan continua ad analizzare la principale fonte normativa nella relazione con i clienti finali con gli occhi di un addetto vendite. Mettendone i luce rischi (concreti) e opportunità.

Dopo aver visto nel dettaglio quali sono i diritti fondamentali del consumatore nel precedente articolo, proseguiamo il nostro viaggio all’interno del Codice del Consumo. Come abbiamo avuto modo di leggere, il dirittosoddisfatti o rimborsati” non è proprio presente e non è un diritto, checché ne pensi il cliente. Spesso la confusione nasce dal diritto di recesso, che vale solo per gli acquisti a distanza, come vedremo più avanti, ma in questo articolo dimostreremo come il rimborso potrebbe essere dovuto a causa di una pratica di vendita scorretta da parte nostra.

Andiamo con ordine.

Nell’Articolo 3 troviamo la definizione di consumatore e cioè “la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale”. Sarà bene ricordarselo quando parleremo di garanzia, come già sappiamo infatti il secondo anno non viene concesso ai professionisti. 

L’Articolo 17 è molto importante: è stato anche integrato con una recente modifica e noi di Bianco & Bruno abbiamo già approfondito l’argomento in “Tesoro, mi si è ristretto lo sconto”.

Oggi invece ci soffermeremo sulla terza parte del Codice, nella fattispecie gli articoli che vanno dal 18 al 27 e che parlano di pratiche commerciali scorrette. La definizione va letta con attenzione per comprenderne al meglio il significato:

Una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale,

ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico,

in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge […] 

Le pratiche commerciali scorrette sono vietate

Si parla di “comportamento economico”, verrebbe quindi da pensare ad un modo di agire che “tocchi il portafoglio”, ma in realtà questo concetto si può riassumere nell’insieme di scelte che un individuo compie per soddisfare un bisogno. Il cliente, quindi, deve poter compiere le giuste considerazioni per concludere l’acquisto senza forzature create da una condotta scorretta del commerciante. Per conoscere bene, poi, cosa significhi in ambito legale la diligenza professionale ci viene in aiuto l’art. 1176 del Codice Civile: “(…) nell’adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata”. Traducendo dal legalese: chi esercita una professione, quindi è particolarmente esperto nel proprio ambito, può manipolare una serie di informazioni a discapito del buon padre di famiglia. Quest’ultimo, pur usando tutti i mezzi a sua disposizione per evitare di compiere un acquisto ‘alla leggera’, potrebbe cadere in un tranello che avrebbe potuto evitare conoscendo bene l’argomento.

In parole ancora più povere, immaginiamo che io dica ad un cliente: “Lo smartphone che stai guardando è un prodotto acclamato da tutte le riviste specializzate come il migliore nella sua categoria, è in offerta ad un prezzo eccezionale che non ha nessun concorrente in questo momento, ma devi decidere di comprarlo subito, perché ne ho solo un pezzo in magazzino e non ne arriveranno più!”. In questo esempio sto utilizzando una pratica commerciale scorretta, perché il consumatore viene influenzato dal mio modo di fare e potrebbe essere spinto a prendere una decisione d’acquisto impulsiva, senza fare un’adeguata valutazione.

La mia azienda potrebbe essere multata per questo? Sì, se il consumatore ingannato si rivolge ad un’associazione per la difesa dei propri diritti. La sanzione pecuniaria va dai 5.000 euro per ogni singolo caso fino ad arrivare a 10 milioni di euro (con la recente modifica che sta per essere approvata). Potrei ricevere un richiamo scritto o una lettera di contestazione? Certamente l’azienda può rivalersi su di me, a meno che io non sia stato costretto da qualche superiore a mettere in atto la pratica commerciale scorretta, e in tal caso dovrei essere in grado di dimostrarlo.

Nell’esempio precedente, frutto di pura fantasia, abbiamo visto una pratica commerciale ingannevole, cioè “che contiene informazioni non rispondenti al vero o, seppure di fatto corretta, in qualsiasi modo, anche nella sua presentazione complessiva, induce o è idonea ad indurre in errore il consumatore medio”. 

Diciamo che nessuno di noi ha, o dovrebbe avere, l’interesse ad ingannare un cliente, anche perché come dico sempre ai miei colleghi “voi non sapete dove abita, ma lui sa benissimo dove venirvi a cercare”. Tuttavia ci sono dei casi in cui potrei aver commesso una pratica commerciale ingannevole anche in buona fede: quella volta che ho detto al cliente di turno che la stampante che stava acquistando poteva collegarsi direttamente allo smartphone, oppure quando ho dato per scontato che quel TV fosse presente in magazzino e – solo dopo averlo scontrinato – ho dovuto dire al consumatore che in realtà era esaurito. A tutti capita di sbagliare, l’importante è ammetterlo e risolvere subito il piccolo problema di oggi per non avere un problema più grande domani.

È altresì considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie

concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, induce o è

idonea ad indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura

commerciale che non avrebbe altrimenti preso […]”

La frase che viene ripetuta più spesso nel Codice è proprio questa. Non bisogna spingere il cliente ad un acquisto che probabilmente non avrebbe preso se fosse stato informato correttamente di ogni dettaglio. Nell’arte della vendita ci sono alcune parole da usare e altre da non usare mai, ma il gioco è valido finché viene giocato ad armi pari: ci può stare il voler chiudere la vendita senza troppi fronzoli, ma non si deve forzare il consumatore a prendere una scelta che non avrebbe fatto in condizioni ‘normali’.

Una pratica commerciale è considerata scorretta anche se avviene attraverso un’omissione: il cliente deve essere informato su tutti gli aspetti che lo possono spingere a prendere una decisione consapevole. Immaginiamo che un visitatore ci abbia chiesto un TV con l’uscita cuffie perché ama guardare Netflix fino a tarda notte e non vuole disturbare i familiari; oltretutto ci fa capire che dovrà necessariamente tagliare il filo dell’alimentazione per farlo passare dietro al mobile del soggiorno. Noi a questo punto, pur di vendere, omettiamo di dire al consumatore che si potranno collegare solo cuffie o auricolari bluetooth a quel televisore, che in realtà non dispone di “uscita cuffie” come richiesto, e che tranciando il cavo dell’alimentazione il cliente perderà la garanzia. Anche queste omissioni sono da considerarsi pratiche commerciali scorrette.

Attenzione: molti colleghi pensano che la multa dell’AGCM, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, possa scattare solo in caso di pratiche perpetrate nel corso del tempo, ma in realtà basta una singola svista (opportunamente denunciata dal consumatore) per muovere la sanzione contro il rivenditore. A questo punto il cliente potrà ottenere anche il rimborso dell’articolo acquistato, rifacendosi all’Art. 130 del Codice del Consumo. Ecco perché non bisognerebbe mai pavoneggiarsi di una vendita fatta forzando (o ingannando) un ignaro acquirente: potremmo rischiare, oltre il danno, la beffa

Il Codice ci parla anche delle pratiche commerciali aggressive, e cioè quelle:

“[…] che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, mediante molestie, coercizione, compreso il ricorso alla forza fisica o indebito condizionamento, limita o è idonea a limitare considerevolmente la libertà di scelta o di comportamento del consumatore medio in relazione al prodotto e, pertanto, lo induce o è idonea ad indurlo ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso”.

Sinceramente non mi ci vedo ad inseguire un cliente con il bastone per convincerlo a comprare, anche se con le pressioni che riceviamo ultimamente il rischio potrebbe paventarsi. 

 

Scritto da Nathan (mailto: nathan@biancoebruno.it) con la supervisione di Konsumer Italia (www.konsumer.it)

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