Sabato, 25 Febbraio 2023 17:00

I servizi nel retail fisico: comunicati poco e male

E così oggi il cliente finale ritiene conveniente acquistare sul web anche quando non lo è più da tempo.

La sfida del mercato digitale resta in cima ai pensieri degli operatori del retail fisico. Però forse è sfuggito il fatto che le più note multinazionali del web hanno progressivamente abbandonato il concetto di “miglior prezzo” a favore di altri key selling points: la lunghezza del catalogo, prima di tutto.

Comprare online, oggi, è sicuramente una questione di comodità: i negozi sono grandi, certo, ma non potranno mai disporre dell’offerta proposta da un retailer virtuale. Il cliente finale ritiene conveniente acquistare sul web anche quando non lo è più da tempo (ha smesso di confrontare i prezzi dopo aver riposto la sua fiducia incondizionata nel mezzo internet). I grandi brand della GDO, da parte loro, continuano invece a sbagliare in due direzioni. La prima è quella di avere store digitali dal catalogo infinitamente più corto dei concorrenti solo web, e questo dipende dagli accordi commerciali. Chi li gestisce, da sempre, tende a selezionare i fornitori senza una vera logica commerciale a lungo termine bensì puramente economica a brevissimo termine (sia dannato il cosiddetto margine di “secondo livello”). Sono purtroppo finiti i tempi in cui un fornitore aveva “convenienza” a entrare in un circuito della GDO (e per questo pagava profumate royalties), oggi il mercato è fluido. Nel frattempo la GDO ha perso (e sta continuando a perdere) decine di fornitori importanti che potrebbero allargare il catalogo e andare ad accontentare una grossissima fetta di consumatori senza costringerli ad andare sul web (ma non sugli shopping online dei brand fisici, perché il catalogo è lo stesso!).

I più grandi competitor americani della distribuzione non possono essere affrontati sul campo del cosiddetto “catalogo infinito”. Ma nemmeno su quello del risparmio, perché - lo ribadiamo - è un primato che il consumatore già da tempo ha assegnato con fiducia incondizionata al web. E non c’è volantino, sottocosto o mega sconto che gli possa far cambiare idea.

La corsa al ribasso ha finora creato solo svalutazione dei prodotti, crollo dei margini e un cliente cosiddetto “mostro” che cannibalizza ormai quello che trova scontato. Ma allora quale terreno di scontro potrebbe essere ancora favorevole ai retail fisici? C’è un campo ancora in parte inesplorato - o addirittura sottovalutato - che potrebbe non solo risollevare l’intero settore, ma anche dare le giuste armi per vincere una guerra che finora si è dimostrata impari. Si tratta dei tanto chiacchierati servizi. Il fatto che siano sulla bocca di tutti gli addetti ai lavori, però, non si sta traducendo in una effettiva organizzazione e spinta efficace nella loro direzione. O se non altro questa è la nostra sensazione.

Prima di tutto perché manca la parte comunicativa (di cui gli amici americani sono i re indiscussi). Come si può sperare di convincere i clienti a fare servizi se noi del retail fisico per primi non glieli pubblicizziamo, non glieli raccontiamo? Uscite di casa, infilate la mano nella cassetta della posta e tirate fuori i primi due o tre volantini che trovate. Leggete cosa c’è scritto sopra a caratteri cubitali per averne la conferma. Andate sui siti web dei principali marchi della distribuzione organizzata e guardate dove sono posizionati i banner dei servizi (se riuscite a trovarli, beninteso).

La regia dei negozi non dovrebbe semplicemente comunicare che “è necessario fare più servizi”, perché non sono gli addetti vendita a farli bensì i clienti finali. Se questi non conoscono cosa un negozio può fare per loro, o ancora peggio non trovano personale disponibile per poterlo fare, ecco che la frittata è fatta. E’ cosa piuttosto ovvia che per “vendere” basta un minuto, ma per fare i servizi serve tempo, predisposizione e proposta. E quindi forza-lavoro. Sono pochissimi i negozi che combattono in questa direzione cercando di far capire ai propri clienti di avere un ventaglio quasi infinito di servizi. Nonostante la loro insegna comunichi solo i prezzi e gli sconti. E quelli che hanno la fortuna di avere personale e sono riusciti ad organizzarsi in tal senso vedono i risultati.

Poi c’è il terreno della realizzazione pratica di ciò che viene comunicato. Consideriamo il mondo dei grandi elettrodomestici e l’infinita varietà di valore aggiunto che può essere creato con la loro consegna. Innanzitutto l’installazione, pensando a prodotti che necessitano addirittura di certificazione a norma di legge (tutto ciò che riguarda il collegamento alla rete del gas), ai frigoriferi americani da collegare alla rete idrica, tutte le lavatrici. Il vantaggio della GDO che abbia un riferimento nel territorio è quello di poter siglare contratti con aziende locali e installatori. Al contrario, una grande azienda specializzata solo nella distribuzione online a livello nazionale ha infinite difficoltà a “entrare” in casa della gente.

Facciamo un altro esempio parlando del settore del bruno. La semplice consegna di un televisore è ormai concetto obsoleto per chiunque, anche se le multinazionali della distribuzione online continuano a proporre solo la spedizione a domicilio. Il negozio può permettersi di installare direttamente in salotto l’apparecchio, fissarlo a muro in modo sicuro ed efficace, sintonizzare i canali, collegarlo alla rete Wi-Fi e dare le prime indicazioni su quello che a tutti gli effetti è ormai un prodotto smart e connesso. Ormai tutto il settore degli elettrodomestici è fortemente imperniato sulla tecnologia e la connessione a internet, anche gli oggetti più “classici” come le macchine da caffè, gli aspirapolvere o le console da videogiochi spesso vanno configurati con lo smartphone, le relative app e la rete internet. Ecco che il ricercato e agognato valore aggiunto può fare la differenza tra il semplice acquisto di un oggetto e l’effettivo e immediato utilizzo di esso.

Pensate a un cliente che debba acquistare un telefono. Si trova davanti a due scelte: online o negozio. Partiamo dall’assunto che il nostro “cliente medio” non sia un informatico esperto, che poi è la realtà del mercato. Un sito può sicuramente spedirgli il prodotto a casa il giorno successivo. Ma come farà a impostarlo in modo corretto? Riuscirà a trasferire i dati dal vecchio telefono ormai rotto al nuovo? Sarà in grado di inserire la SIM? (e qua già si sentono cori di “ehh addirittura”! Ebbene, vi invitiamo a frequentare un reparto telefonia).

Per fortuna o sfortuna l’Italia è un paese tecnologicamente ancora arretrato dal punto di vista culturale. Incide probabilmente l’età media molto alta della nostra popolazione, ma sicuramente i servizi della grande distribuzione organizzata del settore tecnologico devono “parlare” a questa clientela (più diffusa di quanto si possa credere) in modo più profondo ed efficace, prima ancora che al “cliente tecnologico” come sembrano voler fare incessantemente. Laddove le insegne italiane continuano a chiedere alla propria forza-lavoro sforzi per aumentare i profitti e le percentuali sul cosiddetto “attach” (vendere prodotti correlati come polizze assicurative, accessori o altro), senza accorgersi che quel “numerino” non potrà crescere all’infinito ma ha un suo limite naturale, non è stato fatto ancora niente per aumentare il “servizio”, vera e propria gallina dalle uova d’oro con margini di crescita infiniti e inesplorati.

Avere i mezzi per farlo significa prima di tutto organizzare la forza-lavoro con quantità di lavoratori e competenze, prima ancora di tagliare i dipendenti a favore di una presunta sostenibilità degli sconti. Un cliente può comprare il suo tablet una volta e insieme ad esso tutti gli accessori che vogliamo, ma un cliente fidelizzato sui servizi potrebbe tornare anche tutti i mesi per installare app, effettuare pulizia della memoria, spostare dati, eseguire backup, togliere virus, configurare una posta elettronica, e potremmo andare avanti all’infinito. Il punto, oggi, è che qualcuno lassù se ne accorga e decida di puntarci qualcosa. Prima che sia troppo tardi.