Difficile restare indifferenti di fronte alla vicenda di Piero Macchi (foto), l'imprenditore lombardo che dopo la sua morte ha disposto un regalo di Natale di alcune migliaia di euro a ciascuno dei propri operai. Regalo puntualmente recapitato dalla moglie nel dicembre scorso, scrivono le cronache, per un ammontare complessivo di un milione e mezzo. Difficile restare indifferenti così come è difficile evitare di scivolare nella demagogia. Ma il rischio ce lo prendiamo. E allora vinciamo il pudore per dire che il sapore di poesia che arriva da questa vicenda è quanto di più inebriante potesse capitare in questo inizio d'anno, tra bombe atomiche che esplodono e borse che crollano. Inebriante perché al di là del valore umano in sé della vicenda, enorme sia chiaro, ci trasmette una sfida che dovremmo fare nostra nella vita di tutti i giorni, a partire proprio da coloro che guidano aziende e quindi persone. Dieci, cento, mille persone: il numero non conta. Conta trovare la chiave per farle sentire importanti, una a una, perché se l'azienda ha successo quasi sempre dipende dalle persone che la fanno vivere. A maggior ragione quando si tratta di aziende che direttamente o indirettamente si reggono sulle decisioni di acquisto dei consumatori. Che, in verità, sono tutte le aziende. La sfida è di provare anche noi a “produrre” poesia nel rapporto con i nostri collaboratori. Perché se lo facciamo e se ci riusciamo, un pizzico di quella poesia arriva anche a coloro che comprano i nostri prodotti perché prima di tutto avranno “comprato” (vale a dire scelto) noi stessi. Ma sarà un pizzico dal peso specifico importante, se non addirittura determinante per il futuro e la salute dell'azienda. Insomma, teniamo viva la poesia di Macchi. Ne ricaveremo frutti succosi. (g.g.)