Martedì, 05 Novembre 2019 08:41

LETTERA: “Perché mi sento tradito dalla mia adorata Samsung”

Perdere la fiducia di un cliente più che affezionato è questione di dettagli che sembrano, a prima vista, irrilevanti. Questa storia, vissuta da un operatore del settore, ne è la dimostrazione.

Il mio primo incontro con una nuova azienda coreana comincia agli inizi del ventunesimo secolo, era l’estate del 2002. Il mio primo telefono cellulare a conchiglia con doppio display a colori! Un fantastico SAMSUNG SGH-T100: pensavo di aver comprato qualcosa arrivato dal futuro e di averlo finalmente nelle mie mani. Un amore a prima vista.

Il brand avrebbe rapito il mio cuore con il suo fascino, una novità dopo l’altra veniva snocciolata mese dopo mese. Seguirono tutti i telefoni prodotti da quel marchio, passai la gioventù cambiando un cellulare ogni sei mesi, dal primo Windows Phone all’ultimo Android, sempre e solo a marchio Samsung. 

Passano gli anni e si cresce, sia io che il brand. Decido di acquistare la prima casa ed è naturale affidarsi allo stesso marchio per acquistare gli elettrodomestici, dal microonde al frigorifero.

La famiglia si allarga, le esigenze cambiano e si acquista una casa più grande, i telefoni più intelligenti diventano smartphone per lavorare, seguiti da tablet, lettore DVD e tv a cristalli liquidi. Il matrimonio con Samsung sembra più solido che mai, a chi affidare sogni e necessità se non ad un produttore di cui ti fidi?

Ma anche nelle migliori famiglie, nelle coppie più solide, dietro gli amori più passionali, si cela l’ombra del tradimento. Capita così che uno dei miei elettrodomestici, a un certo punto, riveli un piccolissimo problema, una inezia.

Il frigorifero (un Side by Side acquistato un anno e mezzo prima) ha un cassettino che sembra essersi usurato con troppo anticipo: il coperchio infatti cade fastidiosamente ad ogni apertura. Una inezia, appunto, risolvibile con un semplice ricambio da pochi euro.

Dentro di me so che, fortunatamente, mi sono affidato ad un player del mercato tra i più forti, tra quelli che meglio capiscono le esigenze dei loro clienti: l’assistenza tecnica risponderà in garanzia, non c’è nessun problema. Giuro, lo pensavo davvero.

Mi armo di scontrino fiscale, controllo la data, ci siamo, è ancora entro i termini previsti. Scatto un paio di foto esplicative e avvio la mia richiesta attraverso il rivenditore, sicuro di ricevere un ricambio direttamente a casa, certo che il matrimonio suggellato tra me e questo marchio non soffrirà di alcuna crisi di identità.

Purtroppo scoprirò a mie spese che l’amore è sì eterno, ma solo finché dura.

Un centralinista mi chiama durante un viaggio di lavoro nella nebbiosa pianura padana, dove già il clima e il cielo plumbeo presagivano eventi nefasti.

L’operatore mi riassume i difetti che ritenevo di aver scoperto, faccio presente anche che alcuni scaffali si erano scrostati ed evidenzio l’incriminato cassetto con il coperchio difettoso.

Difetti che ritenevo piccoli, solo degli incidenti di percorso, facilmente risolvibili. E’ chiaro che un frigorifero non debba  sgretolarsi dopo un anno e mezzo, sicuramente l’operatore capirà il mio disagio e provvederà a risolvere subito tutto.

Con un veloce colpo di sciabola, però, il call center spezza in due il mio cuore, irrimediabilmente sancisce il divorzio di un matrimonio che pensavo indissolubile. “Gli accessori dei nostri frigoriferi non godono di garanzia, se fosse capitato entro due mesi dall’acquisto potevamo far finta di nulla, ma dopo un anno e mezzo no, se vuole se li può ricomprare”.

Rimango a bocca aperta, quello che credevo essere un rapporto di cieca fiducia, una storia che sarebbe durata per altri 40 anni, si rivela così una illusione.

Provo a scrivere al servizio assistenza, deve esserci stata una incomprensione, ne sono certo.

Quale azienda butterebbe nel burrone un rapporto con un cliente durato 30 anni per non spedirgli un cassettino da 20 euro?

Invece la risposta è la stessa: “Gli accessori del vostro frigorifero non godono di garanzia”… “non godono di garanzia”… “non godono di garanzia”… mi rimbomba in testa, sembra un incubo. Cerco allora tra le pagine del manuale e del codice del consumo, come fossero contratti prematrimoniali, dove fosse indicato che poteva applicare in questo modo la norma, eppure non trovo nessuna clausola di questo tipo.

Il giorno dopo mi rassegno e realizzo che l’amore è terminato, poco male. Chiusa una porta, si apre un portone. Di produttori ce ne sono molti altri. La mia nuova TV? Il mio nuovo smartphone? Il mio climatizzatore? Il mio nuovo frigorifero? Potranno mai essere ancora di questo marchio? 

Troverò un nuovo brand a cui affidarmi, un nuovo amore da coltivare. Magari qualcuno che tenga a me come io saprò tenere a lui, in salute e malattia.

Ma un dubbio rimane: l’azienda ha davvero compreso cosa ha perso? Ha affrontato il problema mettendosi nei miei panni? Ha vagliato le conseguenze?

E’ proprio vero che, in amore, ti accorgi di aver perso per sempre qualcosa di prezioso solo dopo che l’hai lasciato andare, in questo caso perdendo un cliente e gli acquisti che avrebbe fatto negli anni a venire.

Forse la fidelizzazione è “roba da nostalgici”, in un tempo in cui, per l’immediato profitto, vendiamo l’anima al diavolo senza ricordarci che l’anima, poi, il diavolo poi la vuole davvero.

Lettera firmata

TREVISO