Martedì, 31 Maggio 2022 06:45

Legno-Arredo, primo trimestre positivo. Ma l’autunno è incerto

Claudio Feltrin, presidente dell’associazione del settore: “Con l’inflazione possibile rallentamento della domanda. La carenza di legno è ormai un’urgenza”.

Alla viglia della 60esima edizione del Salone del Mobile di Milano, che torna in presenza e nella sua impostazione originaria, la filiera legno-arredo si presenta forte di un 2021 sorprendentemente al di sopra delle aspettative, con un fatturato complessivo che supera i 49 miliardi di euro, di cui 18 destinati all’export, oltre 290mila addetti e 70.000 imprese (che rappresentano rispettivamente il 7,7% e il 15% sul totale nazionale),  un saldo commerciale attivo pari a 8,2 miliardi di euro e un fatturato alla produzione aumentato in valore del 14% sul 2019.  


“Il Salone sarà un’opportunità di affermazione e riposizionamento anche su nuovi mercati - spiega Claudio Feltrin, presidente di FederlegnoArredo -, ma è inutile negare che lo sguardo dei nostri imprenditori e di tutta la filiera sia già rivolto alla seconda metà dell’anno, iniziato in un clima di incertezza dovuto al conflitto ucraino, le cui conseguenze temiamo possano palesarsi proprio all’inizio dell’autunno. Ad oggi, infatti, stando alle rilevazioni dell’ultimo Monitor realizzato dal nostro Centro Studi su un campione di aziende associate, il trimestre gennaio-marzo 2022 si è chiuso con un buon andamento delle vendite (+24,5%), che ha riguardato sia il mercato interno (+27,2%) sia le esportazioni (+21%)”. 


Anche il macrosistema arredamento ha registrato un aumento del 20% sia per le vendite del mercato interno che per l’export: variazione positiva che abbraccia tutti i sistemi, pur essendo più marcata per l’arredamento. Rispetto al 2021 i primi indicatori evidenziano persino un progressivo recupero anche del contract che più di altri aveva sofferto negli anni della pandemia. Ma sono troppe le variabili in campo e immaginare che la domanda rimanga effervescente come adesso rischia di risultare irrealistico. Oltre al fatto che è ancora prematuro valutare se, e quanto, questi risultati siano reali o conseguenza dei ritocchi dei listini applicati per contenere l’incidenza dei costi energetici e delle materie prime. 

“Volgendo lo sguardo oltre confine - sottolinea Feltrin - l’export al momento sembra risentire in maniera ancora marginale del conflitto in corso, tanto che i principali mercati di destinazione dei nostri prodotti sono cresciuti a ritmi sostenuti: gli Stati Uniti, terzo mercato di esportazione, registrano +28,3%, il Regno Unito +30% e la Svizzera +29,8%. Bene anche l’Europa con i primi due mercati di sbocco Francia e Germania rispettivamente a +9% e +18,6%. Però si iniziano a intravedere piccoli segnali di rallentamento di cui dobbiamo tener conto. Sul mercato nazionale, una volta esauriti gli ordini già acquisiti, le imprese si attendono un rallentamento del trend attuale. Non vanno infatti sottovalutate - continua Feltrin - le conseguenze dell’effetto inflattivo dei costi energetici e non solo sul potere d’acquisto delle famiglie e sulla loro propensione alla spesa, che è ragionevole pensare possa rallentare nel corso dei prossimi mesi”. 


Un sentiment che trova riscontro anche in altri indicatori economici, a partire da quelli elaborati dall’Istat secondo cui, dopo lo slancio dell’export di gennaio verso i Paesi Extra UE, già a febbraio e marzo si registrano i primi segnali di rallentamento con un passaggio dal + 30% al +20%. Fenomeno imputabile sia al mercato russo che pesa per il 2,7% del nostro export (marzo -7,3%) che a quello cinese che scende dal +26,3% di gennaio e dal +17,1% di febbraio scorso al +6% di marzo 2022. 
 
All’interno di quel 2,7% di export russo troviamo imprese per le quali quel mercato rappresenta uno degli sbocchi principali, anche se negli anni - con le restrizioni in vigore dal 2014 - hanno progressivamente differenziato i mercati riducendo così la dipendenza da quel Paese, riuscendo a compensare, almeno in parte, le perdite subite.