Domenica, 22 Marzo 2015 00:00

"Io, commesso, vi spiego quello che succede nei negozi"

Intervista a un ex addetto alle vendite di lungo corso, che ci racconta la sua (illuminante) esperienza

Non ha bisogno di commenti l’intervista a un ex commesso, di lungo corso peraltro, che ha lavorato per diverse insegne nazionali. Non ci interessa fare nomi, ma soltanto ascoltare cosa accade e come vanno i giochi nel trade di oggi, da chi quei giochi li ha vissuti sulla propria pelle. Ringraziamo innanzitutto lui e coloro i quali - tanti e sempre più numerosi - ci scrivono senza sterili polemiche, ma con spirito realista e costruttivo, per segnalarci la propria esperienza (andate su biancoebruno.it, sezione consumatori). Bianco&Bruno continuerà a dar voce e spazio al confronto sui temi più scottanti, non smetterà di alimentare il dialogo, di mettersi in discussione e a disposizione di chi avrà voglia di accendere dibattiti, benché scomodi, sul mercato di oggi e di domani.
 
Allora, che cosa dire sulla sua storia professionale negli ultimi anni?
“Quasi vent’anni fa venni catapultato a vendere hi-fi in pieno dicembre, mese caldo per gli acquisti natalizi, in un periodo in cui il settore audio era molto di moda. Al tempo c’erano ancora corsi che insegnavano non solo le caratteristiche dei prodotti da vendere, ma anche come comportarsi di fronte al cliente: tecniche di comunicazione basate sul linguaggio del corpo, domande 'aperte' e domande 'chiuse' da porre, ad esempio: tutti strumenti che nel mio caso si sono rivelati molto utili. Nel tempo ho capito anche come barba rasata e capelli a posto, che di per sé contano assai poco nell’acquisto di una lavatrice, in realtà siano un ottimo biglietto da visita per il negozio, ciò che, almeno in parte, fa l’immagine del punto vendita agli occhi del consumatore finale”. 

Come è cambiata la formazione degli addetti alla vendita nel corso del tempo?
“Oggi l’istruzione sui prodotti è basata soprattutto sul passaparola da parte dei colleghi più ‘anziani’. Ben che vada, il ragazzo appena assunto è già formato perché proveniente da esperienze professionali in altri pdv. Ma nella peggiore delle ipotesi viene lasciato allo sbaraglio davanti a clienti che molto spesso, grazie a rapide esplorazioni sul web, arrivano più informati dei commessi stessi, anche dei più esperti. Una volta, paradossalmente, potevamo dire al cliente qualsiasi cosa, poi lui avrebbe verificato le informazioni ricevute in un altro negozio. Oggi invece entra a far domande direttamente col tablet in mano, e prima di uscire controlla le informazioni su siti e forum di settore. Per questo credo che, soprattutto in certi comparti a rapida obsolescenza tecnologica, sia necessaria una solida base formativa del commesso specializzato. Ne va della qualità percepita di un punto vendita e di un’insegna, qualità già duramente messa alla prova da anni di sottocosti e volantini all’ultimo euro”.  

Come viene vissuto il volantino promozionale oggi?
“Il volantino, ai suoi esordi e per lunghi anni, è servito a portare il cliente in negozio. Poi, una volta lì, gli si cercava di vendere qualcosa di diverso. Oggi il consumatore arriva dall’altra parte della città per comperare uno di quei cento iPhone a prezzo stracciato visto sull’ultimo flyer, o quella lavatrice a 159 euro. Arriva con le idee chiare, senza immaginare che in quel pdv qualcuno degli apparecchi pubblicizzati possa anche essere esaurito: come spesso capita, infatti, si tratta di prodotti di un’offerta a raggio nazionale, che da Torino a Siracusa fanno in fretta a terminare in ogni singolo pdv. Se ciò accade, se lo smartphone a volantino è terminato prima del suo scadere, il commesso si espone a un destino certo, fatto di insulti e frustrate recriminazioni a suon di ‘siete ladri, truffatori, e non sapete fare il vostro lavoro’: un effetto devastante, anzi, una vera disfatta per la credibilità del negozio e per l’immagine della stessa insegna”.

Come valuta la scelta dei prezzi a volantino?
“C’è da dire che molto spesso è difficile proporre un’alternativa quando sul flyer c’è una lavabiancheria a 159 euro: non di rado il modello appena superiore o addirittura equivalente a quello proposto sul volantino ha un prezzo praticamente doppio a quello in offerta. Al cliente posso anche dire che l’apparecchio alternativo su cui insisto prepara pure la pastasciutta, ma il gioco non sta in piedi. La scelta dei prezzi dei prodotti in offerta, quindi, è ad oggi un vero problema che non lascia spazio di manovra, rivelandosi di fatto deprimente per tutto il mercato. In più, i centri commerciali hanno ammazzato quel rapporto umano che poteva nascere nei negozi di vicinato e il cliente finale si è via via abituato a scegliere il proprio prodotto solo e soltanto in base al prezzo”.

A chi va attribuita la responsabilità di questo modus operandi di una scelta basata sul prezzo?
“Le responsabilità sono varie: in primis del commesso, che non sa più argomentare e vendere qualità come una volta, a causa della scarsa formazione ricevuta. Ma è pure ascrivibile alla giungla di volantini, sottocosti e fuoritutto che letteralmente invadono il mercato. Capita infatti che prima dello scadere di un volantino ne parta uno nuovo, sempre della stessa catena, sovrapposto così al primo, con un risultato quasi paradossale di completa confusione e sovrana anarchia. Se un tempo, ad esempio, l’inizio e la fine di ogni periodo promozionale venivano scanditi dalla visita di un agente della polizia municipale in divisa, oggi, nell’epoca del sottocosto globale e continuo, ogni regolamentazione e controllo vanno a farsi friggere. Senza contare il mondo di Internet, crogiolo di offerte in un intrico di prezzi speciali buoni solo a deprimere ancor più il lavoro dei punti vendita tradizionali. Il non plus ultra, divenuto ormai quotidiana normalità, è rappresentato dalle catene che si fanno concorrenza da sole tra negozio online e pdv fisico. La prassi la conosciamo già: il cliente si fa spiegare per filo e per segno tutte le caratteristiche del prodotto e poi lo va ad acquistare sul web, col risultato che io addetto, valutato per il numero di vendite portate a termine, sembra non abbia venduto alcunché”.

Quali sono le figure di riferimento per un cliente, addetti a parte?
“Una volta si diceva che la cassiera, ultimo anello della vendita in negozio - e perciò più che mai ricordata dal cliente finale - avesse l’obbligo di sorridere, salutare, mostrarsi gentile. Ma a parte la cortesia del personale di vendita, che andrebbe coltivata almeno al pari della sua capacità e competenza tecnica, anche l’addetto alla consegna del prodotto, ultimissima figura a contatto con l’utente dopo la vendita, ha un ruolo di primo piano nell’immaginario del consumatore: è infatti colui che piomba in casa con la lavatrice nuova, colui che la installa, la fa funzionare e ne spiega le caratteristiche di base. Almeno in teoria. Massimo rispetto per il loro lavoro faticoso come pochi, ma a molti di loro, se bussassero a casa dei miei genitori, non verrebbe neppure aperta la porta. Chi va a casa della gente, assieme a professionalità e conoscenza, deve portare educazione, cortesia, affidabilità. Tutti elementi che non possono prescindere da un aspetto curato, unito a un atteggiamento di riguardo”.

­Cosa apprezza in particolare il cliente nel pdv?
“In un settore dove i prodotti cambiano con una rapidità imprevedibile, e le nuove tecnologie si rotolano soppiantando quelle di pochi mesi fa, non è difficile comprendere come sia difficile restare al passo con la conoscenza totale di ogni prodotto e delle sue caratteristiche intrinseche. Il cliente apprezza l’onestà intellettuale di un commesso, la correttezza del suo atteggiamento, persino l’ammissione di ignoranza su una certa opzione di funzionamento, e la disponibilità di verificarla in tempo reale su un catalogo o sul web. Quello che non ammette sono invece le inefficienze del servizio e le infinite attese prima di ricevere un consiglio, così come un comportamento poco attento e un negozio non accogliente, sporco, magari con toilette inavvicinabili, come talvolta accade”.

Come si è trasformato il ruolo dell’agente di vendita?
“Un tempo l’addetto poteva contare sul supporto dell’agente di vendita delle industrie, a cui si poteva strappare una ricca serie di informazioni dettagliate e preziosissime sul prodotto: si potevano 'rubare' quelle mille verità e menzogne indispensabili per conoscere le differenze profonde fra gli apparecchi, e saperli così giudicare e confrontare agli occhi del cliente. Oggi, nell’epoca che piange l’assenza di (costosi) cataloghi aziendali e di altri materiali informativi per il pdv, e dove il ruolo dell’agente appassionato e competente è scemato, si sente il bisogno di quel confronto diretto e specifico sul prodotto e sulle nuove tecnologie, che i merchandiser, figure di passaggio spesso nei panni di giovani entusiasti ma inesperti, non sanno offrire”.