Lunedì, 05 Dicembre 2016 00:00

Il commercio elettronico tira schiaffi al canale "fisico". Risposta? Un sonno profondo

Nel giro di pochissimi anni la quota di vendite sul web potrebbe passare al 20%, se non addirittura al 25%

Partiamo da un paio di dati. Secondo l'ultimo rapporto del Censis sulla società italiana, sarebbe circa il 73% dei nostri connazionali a navigare su Internet, utilizzato per tantissime attività, tra le quali raccogliere informazioni e acquistare prodotti. Nel mercato dei beni durevoli (quindi non solo elettronica di consumo e elettrodomestici), l'Osservatorio Findomestic, raccogliendo rilevazioni di Prometeia e GfK, colloca la quota dell'e-commerce attorno al 5%, che raddoppia per quanto riguarda il nostro settore di riferimento, punto più punto meno. Insomma, parliamo di un 10-15% maturato in diversi anni durante i quali ha gradualmente rosicchiato qualcosa al canale fisico. Se, però, ci guardiamo intorno e osserviamo da vicino le strategie delle insegne tradizionali, sembra quasi che l'e-commerce sia piombato sulla terra una settimana fa come un meteorite, comparso dalla sera alla mattina. Nessuna insegna, se osserviamo dall'alto, ha pensato negli anni su come affrontare un mondo totalmente cambiato e consumatori altrettanto trasformati nelle esigenze, nelle aspettative, nei desideri. E negli strumenti per acquistare. Nessuna insegna ha pensato come poter raggiungere un suo equilibrio nell'offerta sul web e in negozio. Sia chiaro: l'obiettivo è a dir poco complicato. Ma proprio per questo era necessario muoversi a tempo debito. Mentre invece c'è stato l'immobilismo assoluto. Ora, però, accade che il panico tra gli operatori tradizionali sia aumentato in modo esponenziale negli ultimi mesi e ancora di più dopo l'estate, durante la quale l'e-commerce è avanzato in modo forte, per esempio, nel bianco (ed è tutto dire). A questo punto gli interrogativi sono almeno due, uno di questi molto inquietante. C'è la convinzione, molto diffusa, che le-commerce arriverà al 20%, forse al 25% complessivo nel nostro settore in un lasso di tempo molto minore di quello che gli è servito per raggiungere il 10%. Due o tre anni può essere un orizzonte ragionevole. Se il trade fisico non reagisce è possibile che si vada anche oltre il 25%. E in ogni caso l'attesa, repentina e ulteriore crescita dell'e-commerce quali effetti provocherà sui conti del trade fisico? Chi ci rimetterà di più: il piccolo punto vendita, il medio, il grande? La catena o il gruppo distributivo? Trade fisico, queste domande te le stai ponendo. Noi temiamo di no. Ma il cerino non lo potrai nascondere all'infinito. E anche chi dovesse sopravvivere al terremoto di magnitudo 8 in arrivo, quale ruolo vorrà rivestire in quel 70-75% di mercato che resterà legato al punto vendita tradizionale? Su tutti questi temi non vediamo ancora particolari effervescenze. Anzi, diciamola tutta: registriamo ronfate da post-pranzo a base di cinghiale. (g.g.)