Il cliente è al centro di tutto. Così ci hanno detto. Purtroppo dall’alto, quando si tratti di grandi aziende distributive, arrivano continue indicazioni su cambi di layout espositivo, ceste promozionali, nuovi volantini e promozioni, che ci costringono a passare la gran parte del tempo a “spostare roba”. Se il focus della regia del punto vendita è spostare un lineare, o rifare una cesta, o cambiare tipo di esposizione perché così vuole l’azienda, allora poi non ci lamentiamo se il cliente diventa un’ostacolo, un fastidio.
E queste direttive espositive arrivano anche nei giorni festivi, o nei week end, quando si dovrebbe essere tutti votati al servizio alla clientela, senza distrazioni e senza altri pensieri. Io sono d’accordo che la merce non si metta sugli scaffali da sola, ma un conto è avere il normale ripristino da fare, un altro conto è cambiare continuamente esposizione e ceste promozionali perché “così mi hanno detto”.
Intendiamoci: nemmeno nel food, dove il cliente visita il punto vendita anche più volte durante la stessa settimana, si cambiano i lineari e le testate come da noi. Da noi ci sono clienti che vengono una volta al mese, se va bene. Che senso ha cambiare continuamente la testata promozionale o la cesta? Ma vogliamo parlare di COSA mettiamo dentro le ceste promozionali? Per “banalizzare” prodotti fortemente richiesti, ma di fascia alta, ultimamente vediamo ceste promozionali da 150 euro in su. Quando sarebbe più logico, a mio avviso, lasciare in un cestone il prodotto di primo prezzo, quello per il quale il cliente può comodamente servirsi da solo, e valorizzare il prodotto che ha un prezzo più importante, in maniera che - giustamente - richieda l’assistenza di un commesso per avere spiegazioni e, possibilmente, fare cross-selling.
E invece no: in cesta troviamo prodotto da 699 euro a libero servizio, mentre chi vuole quello da 19,90 deve aspettare di trovare un commesso libero perché il suo prodotto è chiuso a chiave in uno sportello protetto da allarme che manco la Gioconda al Louvre… E mentre apro e chiudo continuamente lo sportello per consegnare questi prodotti, magari un cliente stufo di attendere prende il prodotto della cesta e va in cassa senza che io possa proporgli una assicurazione o un cross-selling. Per non parlare poi di COME si deve mettere in sicurezza il prodotto costoso in cesta: chiuso dentro a un blister otto volte più grande di lui, a sua volta sigillato da un allarme anti-taccheggio. In pratica il cliente vede un agglomerato di plastica (il più delle volte rovinata dagli anni) con all’interno non si sa bene cosa. Senza contare che i prodotti in cesta vanno cambiati più o meno una volta alla settimana, i lineari vanno spostati spesso perché arrivano direttive dall’alto. Ma tutto questo viene fatto mentre i clienti vorrebbero un servizio.
Ora, va bene che per raccogliere bisogna seminare, ma il contadino prepara il campo, lo ara, lo semina, attende il raccolto. Ha dei tempi. Dettati dalla natura, ma anche dal buon senso. I nostri tempi sono schizofrenici, dettati da raptus che non sempre portano buoni frutti. Sebbene una migliore organizzazione del lavoro sembri un’utopia, noi siamo convinti che si possa fare.
Siamo ben consci che non sia possibile ritagliare del tempo al di fuori degli orari di apertura per svolgere certi lavori, altrimenti ci sarebbe meno personale presente a rinforzare le vendite, ma vi assicuro che avere una persona che deve “staccarsi” dalla vendita durante la giornata per svolgere lavori invasivi a livello di esposizione, è come non averla proprio. Anzi peggio. Perché il cliente vede in lui un addetto, ma lui non può dargli retta perché altrimenti ritarda il suo lavoro, allora entra in modalità “ODIO TUTTI” e inizia a trattare male la gente, che se ne va irritata. E quello che poteva essere fatto in due ore a negozio chiuso viene fatto in quattro ore con molta difficoltà.
Stiamo esagerando? Mica tanto. Io consiglio sempre ai miei colleghi di evitare di iniziare un lavoro che metta in difficoltà gli altri, durante giornate potenzialmente importanti come i week end o i festivi. Perché poi si finisce immancabilmente a lasciare il lavoro a metà e la persona che entrerà in turno nel serale invece di servire i clienti avrà il pensiero martellante di quello scaffale “esploso” da mettere a posto. Le pressioni dall’alto sono tante, lo so, ma fate notare anche ai vostri superiori che siamo qui per il cliente, non per lo scaffale. E proponete loro un orario diverso per svolgere quel compito, magari dando la vostra disponibilità per entrare un’oretta prima il giorno dopo. Non potranno che apprezzare il gesto.
E il giorno in cui vi diranno di non pensare al cliente, ma allo scaffale, allora amici la fine sarà vicina. Perché gli scaffali, seppure ben tenuti, non ci pagano lo stipendio. Il cliente è al centro di tutto, non lo scaffale. Ricordatevelo.
Giovane Marmotta
Domenica, 21 Gennaio 2018 16:54
"Il consumatore al centro?". Macché, al centro c'è solo lo scaffale
Troppo frequenti e pressanti le richieste su cambi di layout espositivo, ceste promozionali e volantini. La conseguenza è...