Lo sciopero di oggi nei punti vendita di Mediaworld è una sorta di evento “storico” per l’intero settore dell’elettrodomestico in Italia. Siamo stati avvicinati da un dipendente con tanti anni di lavoro sulle spalle per l’insegna leader, se consideriamo i fatturati. Un dipendente non sindacalizzato. Chiamiamolo Mister X. Gli abbiamo posto alcune domande. Ecco le sue risposte. Se qualche rappresentante del management di Mediaworld volesse offrirci la sua visione, ben volentieri ne daremmo conto.
B&B: La presenza dei sindacati all’interno della vostra rete di vendita è stata sempre forte come oggi?
Mr. X: Assolutamente no, io stesso confesso di non essere iscritto a nessuna sigla sindacale. Una volta in Mediaworld non si aveva bisogno di un Rappresentante Sindacale Aziendale per essere tutelati. Purtroppo la doccia fredda di tre anni fa ha cambiato le cose. Molti di noi non si sentirono più al sicuro, e si iscrissero ai sindacati. Prima solo un negozio ogni dieci aveva una propria rappresentanza e degli iscritti, ora praticamente tutti”.
B&B: Di quale ‘doccia fredda’ sta parlando?
Mr. X: Vede, io me lo ricordo bene quel giorno, era il 24 Aprile e io ero a casa con la mia famiglia. Ricevetti un whatsapp dai miei colleghi con un PDF. Pensavo al solito scherzo, o alla solita barzelletta cretina, ma quando lessi quel foglio mi si gelò il sangue nelle vene. Mediaworld dichiarava 700 esuberi in tutta Italia. E prevedeva il licenziamento o il trasferimento coatto per risolvere la situazione. Guardai in faccia i miei figli e crollai sulla sedia.
B&B: Nessuno vi aveva segnalato fino ad allora che l'azienda fosse in procinto di prendere quella decisione?
Mr. X: Assolutamente no! A noi dipendenti ‘in trincea’ non giungono notizie sull’andamento dell’azienda, quindi possiamo solo avere il polso della situazione guardando l’andamento generale del nostro negozio, senza nemmeno poter visionare il conto economico completo.
B&B: Anche allora si organizzarono scioperi, però…
Mr. X: Sì, ma non furono molto sentiti, l’azienda con un comunicato successivo (mi pare intorno al 30 Aprile) si dichiarava disponibile a incontrare le rappresentanze sindacali per discutere del contratto di solidarietà, e la cosa che ci tranquillizzò tutti fu che avessero scritto nero su bianco che non intendevano licenziare nessuno, e avrebbero proposto un piano di rilancio per il futuro. Sette negozi furono chiusi, e il relativo personale dovette trasferirsi in punti vendita anche molto lontani dalla propria residenza, con sacrifici che posso solo immaginare. Pensammo che il peggio fosse alle spalle.
B&B: E questo piano di rilancio è stato messo in atto?
Mr. X: Se è stato messo in atto giuro che non ce ne siamo accorti. Iniziarono col dire che i nostri ‘volantini’ dovevano essere ‘sostenibili’, quindi portare utili, quando sappiamo tutti che i clienti vogliono promozioni sempre più aggressive. Poi hanno puntato molto sull’on-line, che per carità ci sta, ma Amazon sale gli scalini due a due, mentre noi abbiamo ancora molti problemi sul sito e sulla nostra app. Anche le campagne pubblicitarie sono sempre state poco entusiasmanti, mentre Unieuro iniziava sempre più a fare la voce grossa. Ecco, ad esempio, Unieuro si è quotata in Borsa e ha aumentato il numero dei punti vendita. Noi invece navighiamo sempre intorno ai 110 negozi. Se poi puntano a chiudere Grosseto e Milano Centrale senza proporre nessuna nuova apertura…
B&B: Anche la chiusura di questi due negozi e il trasloco della sede sono state notizie improvvise?
Mr. X: Sì, ed è peggio di tre anni fa. Perché siamo stati gettati di nuovo in quell’incubo, fatto di incertezza del futuro e paura per il nostro posto di lavoro. Se l’idea, a quanto ho capito, è quella di chiudere i negozi che non portano utili, senza proporre nulla di nuovo, allora presto non svilupperemo più quella mole di fatturato che ci poteva rendere grandi agli occhi dei nostri fornitori e investitori. Se siamo una catena dovremmo comportarci da catena, e non da franchisee. Ai nostri punti vendita è stata tolta ogni forma di autonomia: possiamo ordinare poco o nulla perché quasi tutti gli ordini vengono emessi dalla Centrale; non abbiamo più autonomia sui prezzi perché sono decisi quasi interamente dalla Centrale; non possiamo gestire nemmeno il layout dato che persino i prodotti delle ceste (promozionali, NdR) sono decisi dall’alto. I costi sono fissi, le entrate in calo. Come facciamo a portare in utile un punto vendita che non lo è?
B&B: Abbiamo però notizia di un progetto di Mediaworld che prevede il coinvolgimento dei negozi per la vendita di soluzioni B2B, una migliore selezione di prodotti, maggiore ascolto del cliente.
Mr. X: Sì, ho letto quel progetto, ma non ho capito molto. Forse il nostro nuovo management, che tra l’altro da quando si è insediato a Ottobre non si è presentato a noi ‘ultime ruote del carro’, dovrebbe capire che abbiamo bisogno di soluzioni semplici, di proposte concrete.
B&B: I sindacati intercederanno per voi per ottenere proposte concrete e soluzioni?
Mr. X: Guardi, ho premesso che non sono iscritto ai sindacati perché non credo molto nel loro operato, senza voler mancare di rispetto ai molti RSA che lavorano per un ideale. Purtroppo se siamo giunti a scioperare è perché non ci viene data una visione futura dalla nostra azienda. Anche lo spostamento della Centrale dalla sede storica di Curno a Verano Brianza ci è sembrato più una mossa strategica per sfoltire la gente che lavora negli uffici: quanti potranno permettersi di passare 3 ore al giorno nel traffico? Chiudere i negozi che non portano utili e vendere il palazzo di Curno per recuperare i 17 milioni di perdita di quest’anno non mi sembra un piano lungimirante. Cosa ci vendiamo l’anno prossimo, e quali negozi chiudiamo? Le dirò poi una cosa: che i sindacati fanno ciò che la nostra azienda non fa più, parlano alla ‘pancia’ della gente. E questo può portare una persona spaventata a fidarsi di questa o di quella voce, anziché conservare fiducia nell’azienda per cui lavora.
B&B: Cosa direbbe al vostro management attuale?
Mr. X: Che Mediaworld può tornare a essere la grande famiglia che ho conosciuto 20 anni fa, ma per farlo non possiamo solo risparmiare sui costi. Bisogna fare investimenti per il futuro, e in tempi brevi. Le grandi metrature non funzionano più? Costano troppo? Allora apriamo piccoli negozietti e dirottiamo lì i dipendenti. Ma facciamolo domani stesso, perché dopodomani sarà tardi. Forse lo sciopero di oggi non servirà a nulla, ma è una risposta emotiva ad un confronto freddo e razionale, dove noi dipendenti ci sentiamo un costo da eliminare anziché una risorsa da valorizzare.