Mercoledì, 16 Maggio 2018 16:20

Duro il lavoro ai tempi di Whatsapp

Pensiamo ad appena dieci anni fa: quante volte ricevevamo una telefonata fuori dall'orario canonico da un nostro superiore? Sarebbe stato sicuramente un caso eclatante, e di sicuro per comunicarci qualcosa di grave o urgente. Oggi è normale ricevere messaggi di lavoro ogni giorno e in ogni momento.

Che siate CEO della vostra azienda o semplici addetti vendita, siete accomunati dalla applicazione di messaggistica che ha rivoluzionato il mondo: Whatsapp. Sempre più presente, anche in ambito lavorativo, tramite l’app è possibile condividere files, foto, risultati aziendali, documenti o comunicazioni più o meno importanti. Capita spesso che la nostra attività lavorativa venga interrotta da messaggi privati e, viceversa, che nella serenità delle mura domestiche la nostra attenzione venga richiamata da messaggi lavorativi. Secondo una statistica [Kleiner Perkins Caufield & Byers's, U.S.A. ] controlliamo il nostro smartphone in media 150 volte al giorno, che ci troviamo a casa, in vacanza o nel luogo di lavoro.

Whatsapp viene utilizzato soprattutto tramite i famigerati GRUPPI che permettono di comunicare contemporaneamente con i contatti appartenenti ad una determinata cerchia. Abbiamo un gruppo per ogni cosa: il gruppo dei genitori della classe dei nostri figli, il gruppo degli ex-studenti, il gruppo degli amici, il gruppo delle vacanze e, ovviamente, il gruppo del nostro team lavorativo. Quest’ultimo può a sua volta essere suddiviso in vari sottogruppi: alcuni con tutti gli elementi, altri senza le figure “di regia” per parlare con più serenità, e persino piccoli gruppetti contenenti solo le persone che ci sono simpatiche o tolleriamo meglio.

Si comunica in ogni istante e in ogni luogo. I messaggi vocali consentono di ascoltare la voce dei nostri colleghi o superiori anche mentre guidiamo o camminiamo. Capita così che ci troviamo a sentire l’audio di un nostro collega lungo quanto l’intro della versione live di HOTEL CALIFORNIA, piuttosto che rilassarci ascoltando vera musica. La vecchia comunicazione lavorativa, fatta di telefonate ed e-mail, è stata soppiantata da un modo più informale e immediato, in grado di raggiungerci con un “bip” direttamente nella nostre tasche. Un modo più “smart” direbbero gli anglofoni, ma siamo sicuri che sia davvero più efficace di prima?

Pensiamo a solo dieci anni fa: quante volte ricevevamo una telefonata a casa da un nostro superiore? Sarebbe stato sicuramente un caso eclatante, e di sicuro per comunicarci qualcosa di grave o urgente. Ma pensiamo anche al caso opposto: quante volte ci è successo di essere sul posto di lavoro e ricevere una chiamata da parte di un nostro collega tanto premuroso da avvertire del suo ritardo di due minuti, o di qualcosa che si era dimenticato di dirci durante il turno precedente. Oggi, invece, riceviamo decine di messaggi al giorno da parte del nostro team lavorativo, e la stragrande maggioranza di essi sono comunicazioni che potevano attendere il nostro arrivo. Mentre siamo a riposo continuiamo a pensare al lavoro: alzi la mano chi non si è rovinato almeno una giornata di riposo per una chat di Whatsapp che ci ha distratto dal nostro meritato relax.

Che siamo CEO o commessi, insomma, viviamo costantemente in una condizione fisiologica che viene definita dagli esperti “fight-or-flight”: letteralmente “combatti-o-fuggi”. Il nostro cervello non è più in grado di staccare la spina nemmeno quando dovremmo; questa eterna connessione che avrebbe dovuto facilitare la comunicazione ci sta intossicando. Certo, qualcuno potrà farci notare che i gruppi si possono silenziare, o si può non guardare le notifiche, ma chi resiste a lasciare quel numerino sullo schermo del cellulare? Che sembra guardarci e dire: “Perché non leggi? Magari è urgente…”.

Pensiamo anche al caso opposto: usare lo smartphone sul posto di lavoro è vietato in molti casi, ma dovrebbe esserlo sempre. Perché anche una comunicazione lavorativa ci distrae dal nostro compito primario, interrompendolo. Se calcoliamo anche solo 5 minuti al giorno trascorsi a leggere i messaggi lavorativi su Whatsapp (e siamo stati ottimisti) a fine anno avremo totalizzato almeno 3 giornate di lavoro. E siamo sicuri di aver guadagnato in termini di efficienza e prestazioni l’equivalente di quelle 3 giornate?

Per quanto riguarda la comunicazione ‘dal basso verso l’alto’ usiamo i messaggini per ogni banale richiesta: da un cambio turno a una variazione prezzo, dalla richiesta di un’autorizzazione al nostro superiore alla domanda su come comportarsi per un problema con un cliente. Non pensiamo che magari lo stesso tempo perso per scrivere o dettare SMS al nostro smartphone poteva essere utilizzato più proficuamente per giungere noi stessi ad una soluzione, senza la paura di esporsi o di sbagliare: non siamo più in grado di imparare cose nuove perché utilizziamo la connessione come rete di salvataggio dai nostri errori.

Per quanto concerne la comunicazione ‘dall’alto verso il basso’, invece, va detto che la qualità di una comunicazione via Whatsapp non è la stessa di una comunicazione verbale, di persona, con il linguaggio del corpo e l’enfasi della voce che contribuirebbero a fornire quell’80% di valenza in più a ciò che diciamo. Che abbiamo o no le doti comunicative di Alberto Angela, sicuramente la presentazione di una nuova promozione o di un nuovo prodotto sono più efficaci se fatte a voce. Per non parlare delle procedure aziendali, che sono argomento più delicato ancora, troppo per essere trattato con un banale messaggino. Confidiamo che in futuro l’abuso di tecnologia per le comunicazioni venga limitato, se non addirittura bandito, ma nel frattempo proviamo tutti a fare uno sforzo per tornare a parlarci. Anche sul posto di lavoro.

Giovane Marmotta