Domenica, 10 Maggio 2020 08:58

“Torno in negozio a ritmo più lento. E migliore”

Le sensazioni di un addetto vendita che ha ripreso il lavoro da qualche giorno dopo quasi due mesi di chiusura.

Cara redazione di Bianco & Bruno,

vi scrivo per raccontarvi le mie impressioni sulla Fase 2, un po’ per farvi vedere dal nostro punto di vista come si sta svolgendo e un po’ per lasciare qualcosa di nero su bianco con lo scopo di rileggerlo tra uno o più anni e scoprire quanto è stato incredibile superare questa emergenza. E speriamo di poterci ridere sopra.

Io faccio parte di quel gruppo che è stato tra gli ultimi a rientrare a lavoro, quindi sarà facile per voi capire che siamo quelli con la maglietta rossa. Il 4 maggio é stato il primo giorno di lavoro dopo 53 giorni di chiusura. Per gente come noi, abituata a lavorare anche i week-end, cinquantatré giorni di assenza sono un’era geologica. La mia automobile non voleva credere che stessi imboccando la strada per andare al lavoro e non il solito parcheggio del supermercato dove la portavo a fare un giro ogni tanto. La sensazione addosso è stata stranissima, da sindrome di Stoccolma quasi: “Non é più questa la mia vita, la mia vita è stare a casa a fare la pizza e studiare con i miei figli”. Volevo tornare indietro.

Poi l’arrivo in negozio, per vedere i tuoi colleghi di sempre e non poterli riabbracciare come facevi quando tornavi dalle ferie. Vederli sorridere dietro la mascherina, gli stessi occhi, un po’ più luccicanti del solito. E’ stata davvero una sensazione forte, di quelle che mi ricorderò per sempre.

Pronti, via. Si apre la serranda e incominciano i primi ingressi di clienti totalmente spaesati e confusi. E anche noi lo siamo, non sappiamo bene come accoglierli, siamo veramente impacciati. Ma alla fine è come andare in bicicletta.

Dopo qualche minuto si torna all’opera come due mesi fa. Qualcosa è cambiato però: innanzitutto dietro la mascherina e il protettore di plexiglas si fa fatica a respirare, e anche parlare è diventato più difficile. Stessa cosa vale per i clienti: il fatto che gli si misuri la febbre all’ingresso, e si debbano pulire le mani col disinfettante, li predispone quasi ad un rituale mistico. Il pro è che sono più calmi, nessuno ha fretta, sono molto comprensivi. Il contro è che potendo entrare pochi per volta, magari dopo un’ora di attesa, si prendono il loro tempo per scegliere e valutare, a volte più del necessario, prolungando l’attesa di chi è fuori. Tra l’altro: dovremmo organizzarci con degli ombrelloni o tendoni per quando farà veramente caldo o per la pioggia.

Tuttavia non è così male questo ingresso scaglionato: alla fine riesci a servire il tuo cliente come si deve e riaccompagnarlo all’uscita per accoglierne un altro, senza più i ritmi forsennati di una volta.

Certo, iniziamo dopo qualche giorno a chiederci chi ripristinerà i banchi che si stanno svuotando, se siamo quattro gatti in negozio? Già, perché la metà di noi è ancora in cassa integrazione, e faremo a turno per lavorare. La prossima settimana, ad esempio, non ci sarò io ma il mio collega. Nessuno avrà tempo di mettere la merce fuori, bisognerà trovare una nuova procedura anche per quello, magari a negozio chiuso.

Ci siamo accorti subito che le esigenze sono cambiate. Innanzitutto molti chiamano al telefono non solo per sapere se siamo aperti, ma anche per informarsi su quanta gente c’é in coda, verificare la disponibilità di un prodotto e farselo mettere da parte. E’ bello sentire i clienti che rimangono stupiti: “Ah, ma adesso rispondete al telefono? Che bello! Che gentile che é lei!”. Comprano soprattutto materiale per la didattica a distanza e grandi elettrodomestici. Visite più che giustificate, quindi, anche se non mancano i furbetti che approfittano della riapertura per venire a farsi un giro, magari entrando “singoli” e ricongiungendosi all’interno per giocare alla Playstation. E ci sono quelli che per parlare meglio si abbassano la mascherina. Lo fanno con ingenuità, ma dobbiamo tenere alta l’attenzione se non vogliamo tutti tornare ad impastare pizze per altri cinquantatré giorni.

Molti vengono per avere assistenza, per un aiuto con la configurazione del PC, che comprano solo se gli spieghi “quella cosa”. E’ consolante: allora non si sono tutti buttati sull’on-line, come dicono i giornali. A proposito: dopo averne fatto un’abbuffata, devo dire che mi sento molto meglio senza sentire un notiziario ogni mezz’ora. Anche la distanza dai social fa bene: stavo andando in paranoia.

Sono anche tanti quelli che si lamentano dei prodotti mandati in assistenza e ancora non rientrati, di quelli ordinati dal sito e mai consegnati, di quelli guasti che non hanno potuto portarci perché eravamo chiusi. Serve tanta pazienza e bisogna prendere respiri profondi. Alcuni sono comprensivi, altri maleducati, ma d’altronde é sempre stato così.

Ieri ho visto il primo merchandiser mettere a posto un lineare, e il primo agente è venuto a prendere un ordine (credo che fosse di condizionatori). Tutti con la mascherina e i guanti, con molta cautela, ma stiamo riprendendo. E di questo non posso essere che felice. Abbiamo vissuto momenti di angoscia, e chi ha perso qualcuno in questo periodo di sicuro non affronterà questa fase con leggerezza, ma è bello vedere che il mondo é ancora là fuori.

Ogni mattina dopo colazione la prima tentazione che ho è di mettermi la tuta e buttarmi sul divano, ci metterò un po’ a tornare alla normalità. Che poi è tutta diversa da prima. Come dicevo è molto più faticoso di prima, sia per via dei dispositivi di protezione (lì capisci quanto siano davvero coraggiosi medici e infermieri a lavorare duramente con mascherine, caschi e guanti per dodici ore al giorno!), sia per il fatto che siamo la metà rispetto a prima e dobbiamo fare i salti mortali. Però oggi è domenica e staremo tutti a casa. E’ una cosa che spero si possa continuare a fare. Dopotutto dovremmo aver capito che possiamo sopravvivere anche se il settimo giorno i negozi restano chiusi, ANCHE i supermercati. Spero che qualcuno al Governo ci pensi. Anche dal punto di vista produttivo è meglio avere TUTTI i dipendenti in turno dal lunedì al sabato piuttosto che lasciare dei buchi qua e là per i giorni di recupero.

Poi vorrei lanciare un messaggio alla mia azienda: stiamo lavorando bene, credo, nonostante questa emergenza. Non c’è bisogno di accelerare adesso. Abbiamo bisogno di prendere per mano (virtualmente) un cliente alla volta e seguirlo per bene, senza l’ansia che ci siano altre 200 persone in attesa là fuori. Ora non ci stringiamo più la mano, ci diamo il gomito. Non andiamo più in pausa caffè perché significherebbe togliere mascherina e guanti, lavarsi le mani, pulire gli ambienti e rimettersi tutto da capo. Sudiamo dietro tutte quelle protezioni, ma lo facciamo volentieri. Il mondo é cambiato, ora tutto è più lento e si fa una fatica enorme anche per le cose più semplici. Per questo vi chiediamo di non metterci fretta con obiettivi irraggiungibili e promozioni strampalate. Il Wonderful World di Joey Ramone deve lasciare il passo alla versione di Louis Armstrong.

Lettera firmata