Mercoledì, 29 Luglio 2020 22:51

“L’imprenditore vincente sa scegliere i collaboratori”

Un intervento per Bianco & Bruno di Teodoro Elio D’Angelo, che dagli anni ’80 in poi ha ricoperto diversi ruoli: da agente di commercio a direttore commerciale nell’industria, da direttore acquisti a responsabile della formazione nel trade.

Teodoro Elio D?Angelo Teodoro Elio D?Angelo

Ho lavorato nel settore dell’elettronica di consumo da quando cominciò l’era della televisione a colori. Fino alla fine degli anni ’80 è stato un settore entusiasmante per coloro che vi operavano. Si correva, si battagliava ma alla fine i risultati erano buoni un po’ per tutti. Ricordo ancora i primi retailers di settore che aprivano i negozi con la convinzione, spesso centrata, che il risultato di fatturato fosse semplicemente proporzionato alle dimensioni del punto vendita: 10.000.000 di lire ogni metro quadrato (2.000 mq = 20 miliardi di lire di fatturato). Così nacquero le prime “Grandi Aree”.

Un settore in forte crescita che attirò l’interesse di importanti catene alimentari e non, nazionali ed internazionali, che entrarono in dura competizione con la distribuzione tradizionale che, anziché rafforzare i suoi numerosi sistemi associativi, fino ad allora di successo, pur di tenere testa ai nuovi competitors, per mancanza di coesione tra i soci, decise di fare concorrenza a se stessa distruggendo quasi completamente il valore dell’associazionismo. Poi cominciarono gli anni ’90 e con essi le prime grandi crisi economiche, che colsero impreparati molti retailers di successo, che non sapendo interpretare i cambiamenti in atto, continuarono, forse per presunzione, forse per incapacità, a fare le stesse cose, nello stesso modo di sempre, nonostante la crescita della loro azienda esigesse una struttura più adeguata ai volumi d’affari. Incuranti della necessità di un bisogno crescente di efficienza gestionale e, quindi, di una capace organizzazione, inesorabilmente si ritrovarono via via, anno dopo anno, a far parte di una lunga lista di fallimenti “eccellenti”.

Furono pochi quegli imprenditori che seppero sfruttare meglio questo periodo. Per loro il momento di crisi generale si rivelò la Grande Occasione. Seppero riorganizzare la loro impresa, permettendo a loro stessi di non occuparsi più delle attività “quotidiane” bensì del loro nuovo mestiere di imprenditore, cioè dello sviluppo dell’azienda, facendola così diventare negli anni successivi una realtà di grande successo o, addirittura, una multinazionale.

Qual è stata la differenza tra il successo e il fallimento? Io credo che sia sempre una questione di “mestiere”. Il mondo cambia, a prescindere dalla nostra volontà, e ciò costringe all’evoluzione di tutti i mestieri, estinguendo quelli che non riescono più a soddisfare le nuove necessità. Provate a pensare a qualsiasi mestiere e al suo metodo di lavoro di 10 anni fa e a quello di oggi: l’obiettivo è sempre lo stesso, ma il “metodo di lavoro” è completamente diverso. Questo vale anche per un qualunque imprenditore, a prescindere dal settore in cui opera. Certo il significato letterale del termine "imprenditore" non è mutato, ma è cambiato il modo di farlo. I protagonisti dei mercati si evolvono, le aziende produttrici modificano continuamente il loro approccio commerciale, il consumatore è sempre più esigente, competente e suscettibile e ciò nonostante molti imprenditori continuano a fare le stesse cose e nello stesso modo di sempre. Perché non aggiornano il loro metodo di lavoro?

Perché temono che il nuovo possa mettere in discussione la loro idea di leadership, senza riflettere che per l'imprenditore di un’azienda, ancor di più se di grandi volumi, “gestire un’impresa” significa “saper scegliere”. Soprattutto saper scegliere i giusti collaboratori e dar loro modo, laddove serva, di sviluppare le competenze, necessarie per fare al meglio il loro mestiere, così da permettere a lui stesso di occuparsi principalmente dello sviluppo della sua azienda lasciando fare “il lavoro sporco” ai suoi capaci collaboratori e condividere con loro gli obiettivi, i risultati e i successi.

Il mercato è oramai saturo, da ogni dove spuntano nuovi concorrenti (o vecchi che si evolvono ulteriormente), che minano la stabilità di chi in anni di duro lavoro è riuscito a crearsi una propria nicchia di mercato. Puntare tutto sulla qualità del prodotto e/o sulla riduzione del prezzo sono state le prime azioni che quasi tutte le aziende hanno intrapreso, ma ora non è più sufficiente.

Perché non è più sufficiente? Perché in tanti hanno optato per le stesse soluzioni, creando dal punto di vista della qualità del prodotto o del servizio delle differenze minime, che non sempre i clienti riescono ad apprezzare e, dal punto di vista delle politiche dei prezzi hanno causato, alla fine, solo una grande confusione per il cliente e una autolesionista “corsa al massacro” che non ha giovato né alle aziende produttrici né tanto meno alla distribuzione.

In questo contesto, le “aziende vincenti” hanno da tempo imboccato altre strade, prima fra tutte puntando sulla qualità dei propri uomini e donne. Investire nella formazione significa soprattutto credere nei propri uomini e donne, significa aver finalmente compreso che la spina dorsale dell'azienda si identifica nei collaboratori, oltre che nel suo leader.

Teodoro Elio D’Angelo
Consulente aziendale