Domenica, 27 Settembre 2020 18:49

“Mi chiami il responsabile!”: come gestire la crisi in negozio

Con il cliente in collera bisogna muoversi in fretta, prima per calmarlo e poi per non perdere la sua fiducia. L'autore dell'articolo è un addetto vendita da circa vent'anni.

“Mi chiami un responsabile!”: quante volte abbiamo sentito questa frase. Una volta che i nervi del cliente sono saltati, a poco importa conoscere cosa è andato storto. Che sia stata una disattenzione o il comportamento errato di un addetto, che si potesse agire diversamente, sono analisi da rimandare a dopo. Ormai il cliente è in collera e bisogna muoversi in fretta per calmarlo.

Per avere un metodo da usare in questi casi di emergenza possiamo ricorrere alle tecniche utilizzate per la negoziazione degli ostaggi. Se può sembrare esagerato come ragionamento, pensiamo che il consumatore imbufalito altro non fa che prendere in ostaggio il nostro tempo e quello dei nostri colleghi. Inoltre, chi è stato in turno di sabato pomeriggio col negozio pieno e una persona che sbraita minacciando di denunciare tutti, sa bene quanto possa essere delicata la situazione.

Una delle prime cose che fa un negoziatore quando entra in scena è raccogliere quante più informazioni possibili per impostare il negoziato al meglio. Chiedere ai colleghi di raccontare l’accaduto, senza perdere il contatto visivo con il cliente, al quale è bene presentarsi con nome e cognome, dichiarando di essere il responsabile del reparto di competenza. Questo non deve essere necessariamente vero, a volte può intervenire chi ha più anzianità di servizio o semplicemente chi se la sente di affrontare la discussione.

Sentita la versione dei diretti interessati, si deve poi rivolgere la più completa attenzione al cliente, chiedendo di raccontare – con calma – il suo problema. Molte persone tendono ad urlare per farsi ascoltare, questo di solito ci innervosisce e tendiamo ad alzare il tono per contrastare quello di chi abbiamo di fronte. Niente di più sbagliato: la trattativa non deve diventare una gara a chi fa la voce più grossa. Mantenendo la calma, è necessario far capire a chi abbiamo di fronte che siamo lì per aiutarlo a risolvere il suo problema, ma che non potremo farlo se continua ad alzare la voce. L’ascolto attivo è molto importante durante la negoziazione: daremo la consapevolezza al cliente di essere compreso nei suoi bisogni. Allo stesso modo, tramite l’empatia, cerchiamo di fare esempi che ci facciano sentire più vicino a lui. “Anche a me è successa la stessa cosa in un altro negozio e posso capire come si sente, è veramente frustrante”. Dopo alcuni minuti a senso unico nei quali è solo il consumatore a parlare si può aprire una nuova fase, avendo guadagnato nel frattempo una maggiore fiducia da parte del cliente.

Nella realtà di situazioni di crisi con ostaggi, negoziatore e comandante sono sempre due persone distinte, in modo che possano concentrarsi su di un’unica attività già di per sé stressante. Una delle tattiche più efficaci del negoziatore è infatti quella di temporeggiare per sentire i propri superiori. Possiamo trarre un insegnamento anche da questa regola: il consumatore comprenderà che non siamo noi i proprietari del negozio, che ognuno di noi ha un superiore a cui riferire. Per i casi più complessi, possiamo prenderci 24 ore di tempo per la risoluzione del problema, annotandoci i recapiti del cliente con la promessa di farlo richiamare. Promessa che va ovviamente mantenuta.

Spesso, però, la richiesta del consumatore è di risolvere immediatamente il suo problema. Inizia quindi una delicata partita a scacchi in cui si dovrà fare da tramite tra le richieste di chi abbiamo di fronte e le procedure aziendali da adottare in questi casi. Queste ultime, lo sappiamo, non prevedono molta elasticità, che andrà quindi richiesta al nostro diretto responsabile. L’importante è far capire sempre al cliente che siamo dalla sua parte e ci stiamo prendendo a cuore l’accaduto.

Una tecnica utilizzata raramente nei negoziati, ma che vediamo spesso nei film, è quella di avvalersi del negoziatore come diversivo, per tenere occupato il capo dei sequestratori mentre intervengono le squadre speciali. Nel nostro caso non faranno irruzione le teste di cuoio dalle vetrine del punto vendita, ma incaricare un collega di trovare una soluzione alternativa mentre si è impegnati a calmare il cliente allontanandolo dalla coda in cassa potrebbe essere un’idea vincente.

Un buon negoziatore deve essere bravo a bilanciare rifiuti e concessioni. Non sempre, infatti, si può accordare tutto quello che il consumatore richiede. Trascorsa la fase iniziale del negoziato, nella quale il cliente è più aggressivo e arrogante, di solito si riesce a trovare un equilibrio tra quello che chiede e quello che è nelle nostre possibilità concedere.

Anche in fase conclusiva, quando si è raggiunto un compromesso che vada bene a entrambi, non dobbiamo avere troppa fretta, né saltare le tappe. Potrebbe bastare veramente poco a compromettere tutto. Se ci dimostriamo troppo sbrigativi o desiderosi di tornare al nostro lavoro, che non è quello di trattare con i sequestratori di tempo, il cliente potrebbe tornare ad innervosirsi pensando che il nostro intento è di allontanarlo in fretta dal negozio. La fase finale è delicata tanto quanto quella dell’approccio: il consumatore dovrà percepire che abbiamo fatto più del possibile per risolvere la questione, e che sarà sempre il benvenuto nel nostro punto vendita.

Durante tutto il processo sono necessari nervi d’acciaio per mantenere la calma e resistere alle provocazioni, ma conservando una buona dose di sangue freddo e tenendo sempre un profilo trasparente, di onestà nei confronti del cliente, non perderemo la sua fiducia. D’altronde la vera professionalità si vede nella capacità di risolvere i problemi, non quando tutto va bene. (g.m.)