Martedì, 20 Aprile 2021 16:47

La nuova etichetta energetica non resti l’unico argomento di vendita

Come sta andando la transizione? Abbiamo cercato di capirlo curiosando nei negozi e parlando con qualche operatore.

Il momento non è dei più favorevoli per gestire la transizione da vecchie a nuove etichette energetiche, con una ridotta presenza di addetti nei negozi, le difficoltà di relazionarsi con i consumatori che conosciamo, l’abituale carico di lavoro in negozio a cui si aggiungono le necessità formative e operative legate all’aggiornamento delle etichette su alcuni apparecchi in esposizione: frigoriferi e congelatori, lavastoviglie, lavatrici, lavasciuga e televisori (e altri monitor esterni). Il periodo di transizione terminerà a fine novembre 2021, quando nei negozi dovranno essere presenti solo apparecchi con la nuova etichetta, ma solo per le categorie appena citate, perché per gli altri prodotti - vale a dire condizionatori, forni, cappe, asciugatrici e scaldacqua - le etichette rimarranno quelle ‘vecchie’. Abbiamo cercato di capire come sta procedendo la transizione, curiosando nei punti vendita e parlando con qualche esperto di trade marketing. Nel nostro approfondimento - come vedrete - mancano i televisori: per questi apparecchi la classe energetica è un elemento marginale fra quelli presi in esame dai consumatori per le loro scelte d’acquisto. Vincono il formato, la definizione delle immagini, l’audio.

La transizione alla nuova etichetta energetica ha risvolti del tutto originali nel canale kitchen retail. Qui a complicare la faccenda sono le esposizioni - le cosiddette mostre - che mediamente vengono rinnovate ogni quattro anni circa, elettrodomestici compresi. Un intervallo incompatibile con le tempistiche dettate dalla normativa. In pratica gli operatori hanno a disposizione un quinto (circa 9 mesi) del consueto periodo di turnover organico per ‘liberarsi’ degli apparecchi ‘vecchi’ incassati nelle cucine esposte.


La nuova etichetta energetica ha comportato impegno e investimenti da parte dell’industria di elettrodomestici perché, come abbiamo già avuto modo di dire, il protocollo per la certificazione impone nuove misurazioni e differenti test che gli apparecchi devono superare per ottenere la nuova classificazione. Le lavatrici, in particolare, sono state interessate da modifiche produttive poiché devono essere dotate dello specifico programma di certificazione “Eco 40-60”, indicato sul cruscotto dell’apparecchio. È su questo programma che vengono calcolati i parametri di consumo, poi espressi in etichetta, determinando la classe energetica del prodotto. Perciò le lavatrici che non dispongono di questo programma non possono essere classificate con la nuova etichetta energetica. Nel canale distributivo, dunque, e solo per le lavatrici, non è possibile una semplice sostituzione delle etichette sui vecchi prodotti privi del programma apposito, andando magari a scaricare il documento dal sito del produttore. Chi lo facesse, metterebbe in campo un comportamento scorretto e dunque sanzionabile. I produttori sono tenuti a mettere a disposizione dei distributori le etichette energetiche per i vari modelli certificati, e i distributori sono tenuti a esporle sui prodotti. Anche le piattaforme online sono tenute a esporre i prodotti con l’etichetta messa a disposizione dal fornitore in prossimità del prezzo.

Per frigoriferi e lavastoviglie la sostituzione dell’etichetta vecchia con la nuova riclassificazione è corretta. Per questi apparecchi, infatti, non sono state richieste modifiche strutturali giacché il legislatore ha perfezionato i parametri di misurazione, avvicinando la verifica al loro reale utilizzo. Pertanto le gamme, nuovamente misurate, sono state riclassificate e i produttori hanno reso disponibile la nuova etichetta energetica da sostituire sugli apparecchi esposti o già presenti nella rete distributiva. Unico, ovvio, vincolo: gli apparecchi devono rientrare nella nuova scala energetica, altrimenti sono fuori dal mercato. Cosa è cambiato? Prima la classe energetica del frigorifero veniva determinata da test in condizioni non reali di utilizzo, vale a dire: ambiente a temperatura costante a 25°C, frigorifero pieno regolato a 5°C, congelatore pieno a -18°C. Sui risultati della prova veniva calcolata una media su base annua che diventava il dato del consumo. Ora il legislatore ha inteso dare indicazioni più vicine alle abitudini di consumo, misurando l’apparecchio in un ambiente più realistico: temperatura variabile tra 16 e 32°C, con una temperatura interna a 4°C (anche in considerazione delle normative di conservazione degli alimenti che danno un range di temperatura tra 0 e 4 gradi) e a frigoriferi vuoti, una condizione che impegna di più l’apparecchio nel mantenimento della temperatura, simulando lo stress termico ‘apri e chiudi’ del frigorifero nelle cucine di casa. Il risultato è una stima di consumi che si avvicina di più a condizioni d’uso domestiche. La nuova classificazione posiziona larga parte dei frigoriferi presenti sul mercato nella fascia di classi D - E - F. Premiata la presenza della funzione di congelamento rapido, che consente di guadagnare una posizione energetica migliore. In generale per questa famiglia di prodotti, la nuova etichetta evidenzia ampi margini di miglioramento, incentivando implicitamente i produttori a sviluppare nuove soluzioni per migliorare l’isolamento, il controllo elettronico della temperatura, i sistemi rapidi di congelamento degli alimenti. Anche per le lavastoviglie la nuova classificazione non ha richiesto modifiche strutturali. Gli apparecchi sono stati misurati sulla base di nuovi parametri riferiti al programma Eco già presente nelle lavastoviglie, calcolando il consumo energetico per 100 cicli di lavaggio anziché per 280, il consumo d’acqua per singolo lavaggio invece che per 280 cicli. Il protocollo di certificazione, nel caso di frigoriferi e lavastoviglie, permette pertanto di ri-certificare le gamme già distribuite nei negozi.


La nuova riclassificazione energetica è il risultato di modifiche strutturali e di nuovi processi di certificazione, ma per spiegare il cambiamento ai consumatori, e prima ancora agli operatori della distribuzione, serve una semplificazione che aiuti a orientarsi nella diversa scala di valori, una sorta di convertitore. Come abbiamo visto, però, questo sistema deve essere considerato a titolo indicativo, con beneficio di inventario, specialmente per le lavatrici: molte sono le differenze fra le etichette di prima e di adesso. Gli esperti hanno stimato che la nuova classificazione avrebbe posizionato una piccola parte di modelli di lavatrici in classe A; un buon volume in classe B; mentre la classe C avrebbe accolto le macchine meno performanti; per tutte le lavatrici è cambiata la tolleranza entro cui possono oscillare i parametri di test: mentre prima era il 10%, ora è circa il 15%, il che significa - per chi se ne avvale - un vantaggio di partenza nella riclassificazione. Considerando dunque una pseudo-conversione, ci risulta adottata per le lavatrici questa tabella::

A+++ -20 = D


A+++ -30 = C


A+++ -40/50 = B


A+++ oltre -50 = A


Il pregio più evidente della nuova etichetta è di aver fatto ordine nelle classi, eliminando segni e percentuali, con l’obiettivo di dare al consumatore uno strumento di valutazione più chiaro. Il che è sicuramente vero, ma per certi versi riduttivo. Se lo scopo fosse stato di pura stima dei consumi, la misurazione avrebbe preso in considerazione programmi maggiormente utilizzati, come il ciclo “cotone 40°”, scelto nel 45% dei lavaggi in lavatrice. In realtà gli elettrodomestici vengono misurati su programmi Eco, presenti su tutte le lavatrici con le caratteristiche indicate, e normalmente su forni, lavasciuga, lavastoviglie: cicli che hanno performance di lavaggio, cottura o asciugatura con l’unico obiettivo di raggiungere il più basso livello di consumo. Ma non sono i programmi più usati: vengono scelti nel 3-4% dei casi. Dunque, l’etichetta energetica sensibilizza il consumatore ad acquistare prodotti energeticamente più performanti, ma spinge anche i costruttori a misurarsi in una sana competizione tecnologica per produrre macchine che scalino la classifica, raggiungendo la posizione più gradita al consumatore: la A. Significa, ad esempio, che nei prossimi cinque anni le lavatrici andranno a migliorare mediamente del 20-30% i livelli di consumi. Qualcosa di analogo succederà a lavasciuga, lavastoviglie e frigoriferi per i quali esistono ampi margini di miglioramento, visto che mediamente i prodotti si posizionano da metà della classifica energetica in giù, vale a dire D-E-F, con qualche eccezione. Non dimentichiamo poi che l’etichettatura energetica è un processo di respiro europeo: si è stimato che nei prossimi 10 anni, in virtù del programma di classificazione, i consumatori dell’Unione Europea - circa 400 milioni di persone - potrebbero risparmiare intorno ai 10 miliardi di euro all’anno sui costi della bolletta energetica; quanto al fabbisogno di energia elettrica, si risparmierebbero 54 Terawatt, pari a circa il 3 - 3,5% del consumo residenziale e commerciale dell’Unione. E poi 17 milioni di tonnellate di C02 non verrebbero scaricate nell’ambiente. Questo è forse il più importante, e meno noto, obiettivo dell’etichetta energetica: il progetto è destinato a durare anni, siamo solo all’inizio.


La classe energetica A è garanzia di buon prodotto? Certamente sì, ma non è tutto. Significa che quel prodotto, quando funziona col programma Eco, consuma quanto dichiarato, ma non dice se ad esempio una lavatrice ha programmi speciali, se sa togliere le macchie più ostiche, se sa lavare tessuti particolari. Insomma, l’etichetta non tiene conto delle peculiarità funzionali del modello, è certo un indicatore di consumi, confrontabile a parità di programma con altri modelli. Ma sulle performance della macchina non fornisce indicazioni; non dice nulla della versatilità del prodotto verso altri risparmi, se ha cicli che non rovinano i tessuti, o se consuma meno detersivo, come succede con la tecnologia di autodosaggio, che ne risparmia circa il 20 per cento. Insomma, oltre all’etichetta ogni apparecchio ha un mondo da offrire al consumatore e quindi una eccessiva focalizzazione sulla classe energetica può essere fuorviante. Chi si occuperà di far conoscere le qualità performanti dei prodotti? Chi se ne dovrebbe occupare da sempre: i distributori e gli addetti alla vendita. E ancora una volta entrano in scena preparazione e professionalità.


Il trasferimento al consumatore finale delle peculiarità dei prodotti, come dei valori e degli obiettivi della nuova etichetta, passa dagli addetti alla vendita. “Paragono gli operatori del trade alla popolazione scolastica - ci racconta un formatore di lungo corso -. A scuola le spiegazioni sono uguali per tutti, ma c’è chi ascolta, impara e poi sfrutta le conoscenze, chi ascolta un po’ e poi si arrabatta, e infine chi non ascolta per niente, convinto che tanto non serva. Allo stesso modo si comportano gli addetti vendita: chi fa questo lavoro pensando che la formazione tanto non serve a niente, di un prodotto venderà il prezzo: facile da vedere, facile da capire, da comunicare, come la lettera della classe energetica, e nulla più”. Eppure preparazione e professionalità fanno la differenza, misurabile in termini di redditività. Chi vendeva qualità prima, ora vende ancora meglio perché il consumatore ha acquisito, in un anno di isolamento, maggior consapevolezza sulla qualità che desidera per la sua casa, elettrodomestici compresi. A questo punto è solo una questione di budget nelle tasche del consumatore; avendone la disponibilità, le persone vogliono comprare bene. Allora è il trade che, in generale, non è evoluto tanto da cogliere questa opportunità che il cliente gli offre? “Gli imprenditori, quelli bravi - continua uno dei nostri interlocutori - e ne conosco molti, si preoccupano di avere collaboratori motivati e preparati che cercano di guidare il consumatore, dando valore aggiunto alle loro vendite, hanno investito nella qualità del personale e portano a casa risultati. Diversamente, chi non si è posto questo obiettivo e si cura poco del suo personale, continua a soffrire”. Una preparazione insufficiente in questa fase di transizione energetica contribuisce a confondere maggiormente il cliente, il quale però, oggi più di prima, se ne accorge e cambia aria. Quei professionisti che considerano strategica la formazione del loro personale, educandolo a vendite consapevoli, con le quali il consumatore possa acquistare il prodotto che serve a lui e non quello che conviene vendere, "non sanno come fare a star dietro al lavoro’".


L’attuale transizione energetica è l’ennesima occasione per un sistema distributivo che dovrà confrontarsi con una filiera tesa a complessi obiettivi di sostenibilità. I produttori di elettrodomestici in Europa investono ogni anno 1,4 miliardi di euro in ricerca e sviluppo per questi obiettivi, per costruire prodotti efficienti dal punto di vista energetico e delle risorse, e i consumatori sono sempre più propensi a fare scelte sostenibili, ora più di prima. Sarebbe paradossale che proprio il sistema distributivo facesse la parte del bastone tra le ruote di un ingranaggio che muove verso la sostenibilità. (l.c.)