L'assemblea di bilancio di Ancra, la storica associazione di rappresentanza dei rivenditori di elettrodomestici ed elettronica di consumo, aderente a Confcommercio, che si è tenuta nelle settimane scorse sotto la guida del presidente Pier Giovanni Schiavotto, è stata l'occasione da un lato per ribadire quanto l’organismo abbia visto crescere il suo peso specifico durante gli anni complicati della pandemia, e dall'altro per ragionare sull'attuale contesto del mercato. In fondo, dal 2020 ad oggi il retail vive in modo costante sulle montagne russe: un mercato che si trova di fronte sfide sempre diverse e sempre nuove. Dove è il consumatore a svolgere più che mai il ruolo di arbitro. Da questo punto di vista il cosiddetto retail di prossimità non rappresenta più un giardinetto angusto e destinato ad appassire presto, come pareva solo poco più di due anni fa. Al contrario, oggi chi non si definisce di vicinato rischia di trovarsi senza spazio nel commercio moderno. E per la verità non è solo una questione di definizioni. E’ soprattutto una questione di mentalità, di approccio al consumatore, di capacità concreta di entrare in sintonia con esso in modo rapido ed efficace. Ecco perché l'operatore del retail che tradizionalmente ha sempre impostato il suo lavoro sull'ascolto e sulla risposta a ogni singolo cliente finale ha trovato durante la pandemia un successo conclamato. Ancra ha accompagnato i propri associati in questo processo di riconquista sociale del negozio di quartiere sotto tanti aspetti. Senza mancare di predisporre strumenti che, alla prova dei fatti, hanno portato una messe di frutti ben più ricca di quanto si potesse preventivare. Ci riferiamo ovviamente al progetto dei Luoghi di Raccolta (LdR), che si è rivelato essenziale in occasione dello switch-off dei televisori. Essenziale in quanto ha risposto a un'esigenza di servizio al cliente finale, che allo stesso tempo diventava una grande occasione di fidelizzazione.
Montagne russe
Negli ultimi mesi però il consumatore è nuovamente cambiato, e con la stessa rapidità che ha contraddistinto i suoi mutamenti di pelle durante la pandemia. Torna (anzi, resta) strategica la capacità di adattamento del negozio di prossimità, che in periodi come questi scarica sul terreno una flessibilità che in fondo si chiama servizio. "Questo è il momento di tenere i piedi per terra - ragiona ad alta voce Schiavotto -. Dovevamo aspettarci una pausa di riflessione da parte del consumatore finale in condizioni normali. Figuriamoci col rincaro delle bollette energetiche. E allora dobbiamo alzare ancora di più il livello di servizio". "Concordo - interviene il vicepresidente Giuliana Savoia -. D'altronde vendiamo beni durevoli ed è dunque normale che la dimensione del servizio possa acquisire, in certi contesti, una rilevanza molto forte. Parliamoci chiaro: molti consumatori sono terrorizzati dal contesto internazionale e dunque esitano a entrare nei negozi. Però il negozio di prossimità - quello vero, non improvvisato - vanta un vissuto nel dialogo con il cliente finale che si rivela preziosissimo. Oggi, per esempio, il servizio di consegna con una programmazione precisa e senza ritardi è una freccia che non può mancare alla nostra faretra". Tra i consiglieri presenti, Mauro Rubboli preferisce mettere l'accento sul nodo e-commerce, "una questione sempre più difficile da gestire, che a sua volta va ad innestarsi in un quadro generale che non favorisce i consumi. Per questo - dice -, benché siamo ancora in fase di riflessione, stiamo pensando di allargarci anche ad altri settori di mercato che fino ad ora non abbiamo trattato. Questo significherebbe avere alternative". La flessibilità di cui parlavamo poc'anzi è anche questa: tentare di capire se i propri consumatori siano disponibili a riconoscere credibilità al negozio di prossimità anche su terreni nuovi. E le condizioni ci sono tutte (a patto che le esigenze esistano realmente) grazie a quel patrimonio di fiducia che rappresenta il vero punto di forza del retail sotto casa.
Parlare al cliente finale
"Abbiamo la fortuna di parlare con il consumatore finale - interviene Lorenzo Agosti - e questo vantaggio non ce lo dobbiamo mai dimenticare. Parlare con il consumatore vuol dire in buona sostanza rispondere a bisogni palesi, e ciò è normale, ma offre l'opportunità di stimolare esigenze non ancora definite". Agosti mette in luce un aspetto dell'operatore del retail che oggi potrebbe rappresentare una sorta di asso nella manica. Sia chiaro, non siamo nel campo delle novità assolute. Tuttavia Agosti fa bene a rimarcarlo. Il negozio di quartiere, in fondo, è un amico di ogni proprio cliente e come tale ne può conoscere anche i desideri inespressi. Pietro Buscemi a sua volta riporta l'attenzione sul tema del servizio, che deve "essere sempre più specializzato". Soprattutto per il settore che lui presidia da sempre, quello dell'audio-video. Secondo Maurizio Libiani, la "carta" dell'assistenza post-vendita "ha aumentato di molto la propria capacità di portare consumatori in negozio", mentre il vicepresidente Luca Banelli sposta l'attenzione su quanto potrà accadere in autunno. "Difficile definirsi ottimisti o pessimisti. Certo, le ragioni di preoccupazione non mancano", riconosce. Da sottolineare anche la cooptazione tra i consiglieri di Johnny Weng, operatore milanese. In chiusura una nota incoraggiante da parte del presidente Schiavotto: "Secondo diverse ricerche - dice -, pur tra tante difficoltà e nonostante Internet, dove raccolgono informazioni, i giovani tornano in negozio perché sentono il bisogno di toccare i prodotti". L'assemblea di bilancio ha visto la partecipazione anche del direttore generale Dario Bossi, dell'assistente Francesca Hazon e del consulente Claudio Lavezzari.