C’era una volta un bravo pizzaiolo. Il suo locale era sempre pieno e i clienti erano molto soddisfatti. Con l’andare del tempo il pizzaiolo decise di ampliare il proprio menù. Accanto alle solite “margherita” e “napoli” iniziarono a comparire pizze dai nomi esotici e dagli ingredienti elaborati. Fu subito un grande successo. Tanto che iniziò a pensare all’idea di aprire altri locali identici al suo, in svariate città del Paese. Dopo alcuni anni, il pizzaiolo divenne famoso. Iniziò allora ad allargare la scelta delle birre, inserendone altre di importazione, e allungò l’elenco dei dolci.
Un bel giorno, però, quando tutto sembrava andare bene, nella città natale del pizzaiolo aprì una pizzeria d’asporto con consegna rapida: Amazing Pizza. Questo piccolo locale, senza tavoli né camerieri, riusciva a sfornare pizze identiche per qualità e gusto a quelle del pizzaiolo, utilizzando un macchinario robotizzato. La consegna avveniva in pochi minuti, e il cliente poteva ordinarla tramite il cellulare. Anche la birra arrivava fresca al punto giusto. Il dolce? Nessun problema, bastava un click.
Il nostro pizzaiolo, allora, andò in crisi. Cercò da subito di fare concorrenza alla novità, abbassando i prezzi senza diminuire la qualità delle materie prime. Ma non servì a molto. La gente trovava così comodo ordinare da casa, che ormai erano in pochi quelli che si recavano in pizzeria. Dovette allora licenziare qualche dipendente. “Non ho più bisogno di tutti questi camerieri”. Con il risultato che chi ancora aveva fiducia nella pizzeria dove era sempre andato, restava deluso dal servizio che era diventato più lento e meno cortese.
Tagliò anche il menù: “Non mi servono tutti questi ingredienti - diceva -. Chi ha mai preso la pizza col salmone? Ne vendo una alla settimana, tagliamo! E la birra svedese? Per venderne una al mese? Via!”. Così il cliente che aveva sempre preso la pizza al salmone con la birra svedese, perché era il suo abbinamento preferito, smise di andare in pizzeria. La comprava, in compenso, da Amazing Pizza. Lì si trovava ancora.
Oggi mi andava di raccontarvi questa storia. Ovviamente il personaggio e i fatti raccontati sono di pura fantasia, nessun riferimento a fatti o persone reali, come scrivono nei titoli di coda di qualche film. Ho pensato a questo piccolo racconto dopo l’ennesima richiesta di un prodotto da parte di un cliente al quale ho dovuto rispondere: “Mi spiace, per queste cose provi online”.
Fateci caso. Quante volte vi viene chiesto un convertitore da Scart a HDMI, un trasmettitore di segnale video, una radio FM che legga anche la chiavetta USB, un adattatore da VGA a DVI, un lettore MP3 con connessione Bluetooth, un qualunque accessorio che, pur non essendo il nostro core business, riguarda la nostra sfera di competenza. Tanto che il cliente si rivolge a noi, e non ad altri, sicuro di trovarlo in negozio.
E io cosa devo rispondere? “No, se lo cerchi online”. Ma allora il castello di carte che abbiamo messo in piedi crolla. Perché dovrei cercare su internet un adattatore di cui ho bisogno proprio in quel momento e non avrei dovuto acquistare online anche il prodotto che mi hai venduto due giorni fa? Il ragionamento di chi razionalizza “dall’alto” gli stock è quello del pizzaiolo: “Salmone? Lo vendiamo una volta all’anno, tagliare!”. A volte però si parla di accessori che costano pochi euro, che non appesantiscono il magazzino quando (e se) diventeranno merce obsoleta, ma rappresentano un servizio, più che un prodotto, da vendere al cliente che volesse riporre ancora la sua fiducia nel negozio fisico.
Se portiamo il ragionamento del pizzaiolo all’infinito, tra poco sforneremo solo la margherita. Per carità, è la pizza più venduta al mondo, ma se qualcuno volesse aggiungere un ingrediente particolare bisognerebbe essere in grado di soddisfare questa richiesta, altrimenti lo spingiamo a comprare su Amazing Pizza: pizza, birra e - già che c’è - anche il dolce.
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