Avete presente quando Google Photo ci propone i ricordi di qualche anno fa? Quella sensazione che in fondo eravamo felici e non sapevamo di esserlo? A parte i viaggi che abbiamo fatto e chissà quando rifaremo, parlo proprio della vita di tutti i giorni: la vita in negozio. Ultimamente, due scatti hanno attirato la mia attenzione: in uno ho inquadrato il mio vecchio punto vendita gremito di clienti, probabilmente per mandare un WhatsApp a qualche amico e fargli vedere in quale situazione mi trovassi; nell’altro ho fotografato un lineare stracolmo di merce, tutta bella ordinata e prezzata, forse per mostrare al mio superiore come avessi realizzato il lavoro richiesto.
Retrospettiva rosea
Si chiama retrospettiva rosea, quell’effetto della nostra memoria in cui tendiamo a ricordare solo i momenti più positivi, ignorando i dettagli negativi. La mente può anche modificare i ricordi in maniera che più tempo passa e più essi sembrino belli. Chissà, quando ho scattato quella foto del negozio pieno di gente forse ero nervosissimo perché sarei dovuto uscire puntuale e invece mi sono dovuto fermare (ah gli straordinari pagati! Che altro bel ricordo!). E quello scaffale pieno di merce? Può darsi che io l’abbia dovuto rifare dieci volte finché non fosse esattamente come lo voleva il caposettore. Questi lati spiacevoli devono essere stati cancellati dalla mia mente, perché quelle foto mi trasmettono solo una bella sensazione.
Effetto nostalgia
Anche i clienti vivono spesso questo effetto nostalgia quando ricordano di aver pagato il loro vecchio televisore da 50 pollici poche centinaia di euro e ci dicono che è durato vent’anni, mentre quello pagato mille euro si è rotto subito. Oppure quando cercano a tutti i costi di centrare “l’affare” chiedendomi se quella lavatrice danneggiata può essere venduta a metà prezzo, visto che mi farebbero persino il favore di portarla via. Nel primo caso il consumatore tende a idealizzare il vecchio prodotto (non erano 50 i pollici, ma 42, ed è durato dieci anni scarsi, non venti) e diminuendone involontariamente il costo per fare in modo che il contrasto con il “nuovo che dura poco” risulti ancora più evidente. Nel caso dello sconto per il pezzo da esposizione, invece, egli si ricorda probabilmente di quando i guadagni nell’elettronica di consumo erano più alti e anche noi venditori, per creare spazio nell’esposizione, avevamo più margini di manovra di adesso.
Anni Ottanta finiti da un pezzo
Chi sembra proprio non volersi svegliare dal sogno, però, sono le nostre aziende retail. Quasi si commuovono di quando era così facile catturare nuovi clienti e fare volumi. In quegli anni i fornitori pagavano profumatamente per esporre i propri prodotti all’interno dell’area vendita, generando ulteriore profitto. A volte ho la sensazione che, più di commessi e clienti, sia proprio il nostro retail a sentire la nostalgia dei bei tempi andati. Sentendo parlare (ancora) di come l’online abbia rovinato il commercio e che sia semplice per gli e-commerce tenere i prezzi bassi quando non devono pagare luce, gas e dipendenti (il ‘profumatamente’ è sottinteso), mi rendo conto che certe mentalità sono rimaste proprio legate al passato. Va bene che sembra che siamo di nuovo piombati nell’epoca della guerra fredda e l’inflazione è alle stelle, ma gli anni ’80 sono finiti da un pezzo ragazzi, non possiamo parlare ancora oggi di Amazon come un alieno venuto dallo spazio profondo e sbarcato in Italia soltanto ieri.
Macchina del tempo
Anch’io vorrei ribellarmi ai cambiamenti che vedo oggi in negozio: dov’è la merce traboccante sugli scaffali? Come mai non entrano più i clienti a frotte? Perché non posso abbassare il prezzo di quel prodotto per farlo “uscire”? Se siamo sempre meno addetti vendita, come facciamo a fare tutto ed essere pure sorridenti? Ma quando faccio queste considerazioni mi sento ridicolo perché il mondo nel frattempo è andato avanti. Come quelle volte in cui i clienti mi chiedono un videoregistratore, una lavatrice meccanica o un computer con il masterizzatore DVD integrato: allora rispondo candidamente che l’unica soluzione sarebbe comprare una macchina del tempo e tornare indietro di vent’anni circa. Molti fornitori, manager e persino alcuni dirigenti delle aziende retail, invece, sembrano non essersi mai ripresi dallo shock che gli anni siano passati così in fretta e che non siamo più felici come sembravamo nelle foto. Nell’attesa che qualcuno trovi qualche varco spazio-temporale che ci riporti nel 1985, forse sarebbe il caso di iniziare a pensare a qualche soluzione più facilmente realizzabile. (nathan)
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