Chi lavora nel commercio è abituato a lavorare ogni sabato e (quasi) tutte le domeniche, ma spesso quest’abitudine può sfociare in stati d’ansia, insoddisfazione e stress. Il lavoro durante il fine settimana può avere anche effetti positivi, come guadagni extra grazie alle maggiorazioni previste per legge, possibilità di fare carriera dimostrandosi affidabili e dediti al lavoro, e una maggiore flessibilità oraria in settimana per svolgere commissioni e altri impegni. Tuttavia, il supplemento per la domenica lavorativa è abbastanza risibile, le crescite professionali sono ormai rare e restare a casa di mercoledì per andare in banca e a fare la spesa non sostituisce certo il relax che può regalare una gita domenicale.
Uno studio condotto dall'Università di Modena e Reggio Emilia e pubblicato sulla rivista "Medicina del Lavoro" ha esaminato lo stress lavoro-correlato nei dipendenti di un'azienda che lavoravano nel fine settimana. La ricerca ha riscontrato che chi lavorava tutti i weekend riportava livelli più elevati di stress rispetto al collega che aveva una turnazione più regolare. In particolare, i lavoratori del fine settimana soffrivano di un maggiore stress psicologico e fisico, una minore qualità del sonno e una minore soddisfazione lavorativa. Anche uno studio condotto dall'Università di Bologna e pubblicato sulla rivista "Rivista Italiana di Medicina del Lavoro ed Ergonomia" ha evidenziato come i dipendenti che avevano come giorni lavorativi il sabato e la domenica sviluppavano un maggior numero di sintomi psicofisici, come mal di testa, stanchezza e irritabilità.
In realtà, non servirebbe nemmeno ricorrere alla scienza per dimostrare l’ovvietà della cosa. Fin da quando eravamo bambini, siamo stati educati alla settimana “lavorativa” dal lunedì al venerdì. L’intera carriera scolastica di uno studente fino all’università si fonda sulla rigida esclusione della domenica, la maggioranza dei mestieri si articola su questa formula, mentre chi sceglie (per necessità o per passione) il settore del commercio e dei servizi si ritrova con la settimana stravolta.
Forse è proprio per questo che il tasso di turnover all’interno delle vendite al dettaglio è molto più alto rispetto agli altri settori. Ad esempio, una indagine condotta dal Centro Studi di Unioncamere e pubblicata nel 2019 ha riscontrato che il tasso di abbandono del lavoro nel commercio era del 14,9%, mentre quello nei settori dell'industria del 7,7%. Anche uno studio condotto dall'ISTAT e pubblicato nel 2017 ha evidenziato una tendenza simile: il settore del commercio e della ristorazione tende ad avere un tasso di turnover addirittura più elevato rispetto all'industria pesante a causa di fattori come i salari più bassi, le condizioni di lavoro più precarie e la natura del lavoro che può essere più stressante e faticoso.
Ovviamente, chi lavora con il pubblico non può aspirare ad una settimana lavorativa dal lunedì al venerdì, ma nemmeno chi si occupa di organizzare i turni dei venditori non dovrebbe nascondersi dietro al dito del “ringraziate di avere un lavoro”. Ignorare il problema non è mai la soluzione. Mancanza di entusiasmo, assenteismo patologico e un alto tasso di turnover sono elementi che rendono tossico l’ambiente lavorativo e – come diretta conseguenza – il rapporto con il cliente. La creazione di una giusta alternanza vita privata-lavoro per i dipendenti del commercio è la vera sfida da vincere per migliorare la qualità della vita degli addetti vendita e quindi l’esperienza d’acquisto dei loro clienti. Ci sono alcune semplici strategie che possono essere adottate a costo zero.
In primo luogo, potrebbe essere utile ridurre il numero di turni nei fine settimana per i lavoratori, cercando una rotazione più equa tra i dipendenti ed evitando di sovraccaricare alcuni a discapito di altri. Inoltre, potrebbe giovare un sistema di rotazione degli orari che permetta ai dipendenti di avere una visione più a lungo termine di quali (e quante) domeniche libere avranno nel corso dell’anno, in maniera da permettere loro di organizzare meglio il tempo libero e creare un giusto equilibrio tra la vita privata e il lavoro.
Ancora, si dovrebbero migliorare le condizioni lavorative per i lavoratori del commercio, senza necessariamente pensare ad un aumento salariale (cosa che non è nel potere di un direttore di punto vendita). Ad esempio, si potrebbero fornire maggiori opportunità a chi è impegnato in turni “scomodi”, come alternare questi ultimi ad un breve periodo di recupero. Pensiamo ad un lavoratore che si trovi a fare il turno della “chiusura” sia sabato che domenica: gli si potrebbe concedere una sequenza di tre aperture settimanali e un giorno di riposo il sabato o la domenica successiva. Ciò aiuterebbe a migliorare la motivazione del dipendente e a ridurre lo stress lavoro-correlato.
In ogni caso, una giusta conciliazione tra vita privata e lavoro richiede un impegno sia da parte dei datori di lavoro che dei lavoratori stessi, e richiede una collaborazione e una negoziazione costante per trovare soluzioni che soddisfino le esigenze di entrambe le parti. È il do ut des necessario per mantenere alto il morale del gruppo all’interno del singolo negozio. Prendere in considerazione questo ragionamento e farne una priorità può fare davvero la differenza. (nathan)
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