Questo Natale, vuoi per caso, vuoi per necessità, la mia azienda ci ha fatto dono di un lavoratore stagionale. Ce lo siamo conteso tra tutti i reparti, ma alla fine è toccato a me fargli da “tutor”. Sì, lo so, sono stato enormemente fortunato, ma non crediate che sia una consuetudine: l’ultima volta che ho avuto a che fare con un giovane apprendista, il pontefice era Wojtyla. Sinceramente, non mi ricordavo nemmeno come (e cosa) insegnare al ragazzo, per cui ho dovuto raccogliere le idee in fretta e diciamo che non devo essergli sembrato molto professionale. “Se non puoi spiegarlo semplicemente, non lo hai capito abbastanza”, diceva Einstein parlando della teoria della relatività. In un certo senso questa frase si può applicare ad ogni forma di conoscenza, anche a quella della vendita assistita.
Tra una battuta e l’altra, credo di essere comunque riuscito a trasmettere le giuste nozioni sul servizio al cliente. Ma le cose belle durano sempre troppo poco, e così quei pochi mesi sono volati e l’imberbe stagista ha concluso il suo contratto (a termine, neanche a dirlo). Quel periodo, tuttavia, mi è stato di grande aiuto per capire due cose.
La passione che mettiamo nel nostro lavoro merita di essere ascoltata
Come un vecchio professore ama avere una classe che lo ascolta, così anche noi dovremmo poter trasmettere la nostra esperienza ad altri. Dopotutto, chiunque abbia accumulato tanti Natali sulle spalle può essere un buon insegnante per le nuove leve. Trovarsi nella situazione di dover spiegare per filo e per segno “perché si fa così”, aiuta oltretutto a darci delle risposte a domande che non ci facciamo più. Ad esempio, quando ho dovuto raccontare la regola espositiva che adotta la catena per la quale lavoro, ho rispolverato molte nozioni. Il fatto stesso di dover dire come mai i prodotti sono disposti per fascia prezzo e perché quelli di maggiori dimensioni sono collocati dietro a quelli meno ingombranti, mi ha rimesso in carreggiata il cervello. Ho cercato comunque di non trasmettere troppe nozioni che potevano risultare inutili e confondere le idee a chi non ha nel proprio futuro una “carriera” da commesso.
Tuttavia, ci sono tecniche che adottiamo in maniera ormai inconscia che potrebbero costituire delle interessanti soft skills per chi si affaccia la prima volta nel mondo del lavoro. Come vincere la propria timidezza nel salutare sempre tutti, ad esempio, o imparare a gestire la rabbia e non dire la prima cosa che ci passa per la testa quando siamo sotto stress. Mi auguro di aver dato al mio “studente” quelle due o tre pillole di saggezza che potranno risultargli utili in futuro, anche al di fuori dall’ambito commerciale.
Quando ci si confronta, l’apprendimento è comune
Nel momento stesso in cui cerchiamo di creare un rapporto di collaborazione, allora ci apriamo ad un'altra persona e accettiamo, volenti o nolenti, di entrare in stretto contatto con la sua personalità e la sua esperienza. Ecco quindi che, mentre si cerca di trasmettere una tesi fondamentale, può capitare di riceverne un’altra, non meno importante. Il “mio” stagista, che ora chiamerò Marco per mantenere il suo anonimato, aveva un vezzo: quando procrastinava qualche lavoretto, amava sempre ripetere: “Questo lo lascio al Marco di domani”. Oppure, quando trovavamo qualche errore nel suo operato, diceva: “È colpa del Marco di ieri, quello di oggi non lo fa più”. Una maniera davvero simpatica di vedere le cose. Anche io spesso lascio dei lavori al “Nathan di domani” o mi lamento per cose che ha fatto il “Nathan di ieri”. Non ci si rende conto di quanta verità ci sia in queste frasi, che possono farci sorridere inizialmente: noi non siamo la stessa persona che eravamo ieri, ogni giorno si impara qualcosa che, volenti o nolenti, ci cambia per sempre, anche di poco.
E mi piace pensare che il giovane Marco non sia la stessa persona che ho conosciuto il primo giorno, che conservi qualcosa di ciò che ha imparato e lo possa aiutare in futuro. Come accadeva nel film “The Millionaire”, in cui il giovane Jamal riesce a rispondere alle domande del quiz a premi grazie ad esperienze della propria vita assolutamente scollegate tra loro. Magari Marco non diventerà milionario, ma un giorno forse potrà utilizzare qualche teoria imparata da me per affrontare le prove pratiche della vita. Ogni insegnante nutre questa speranza nel trasmettere la conoscenza.
Senza entrare nel dettaglio di cose che non mi riguardano, come le politiche occupazionali per i giovani o il mondo del lavoro in Italia, ho trovato la mia esperienza veramente notevole e mi dispiace che sia stata una mosca bianca all’interno di una vita lavorativa che – ultimamente – è piuttosto grigia. Tutti noi dovremmo trovarci nella situazione di dover spiegare il nostro mestiere ad altri, perché calarsi nei panni di un insegnante può essere molto gratificante per chi già lavora da molto tempo. Inoltre, avere a che fare (finalmente!) con un’altra generazione aiuta a creare un clima positivo e stimolante. Tutto il negozio si è divertito un mondo a rivedersi con gli occhi di un giovane alla prima esperienza e, con non poca nostalgia, ci siamo rivisti al primo giorno di lavoro, siamo saliti nella nostra personalissima “soffitta dei ricordi” e ne abbiamo spolverati molti. Questo ci ha aiutato a recuperare tanto di quell’entusiasmo che sembrava irrimediabilmente perduto.
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