Valter Galimberti guida una delle prime tre realtà distributive del settore incasso. Dopo una breve chiusura in periodo di pandemia e qualche momento di stallo, riprende ora le attività a pieno ritmo, ma senza illudersi sull’andamento a segno meno dell’anno. In questa lunga intervista racconta il suo punto di vista sui temi di attualità del settore, insieme a un pezzo di storia del mondo degli elettrodomestici.
Il proprietario di El.Ga appartiene a una delle famiglie storiche nella distribuzione di elettrodomestici. Nati in Brianza, terra di mobilieri, con un’attività iniziata dai genitori negli anni ‘50, nel 1972 i fratelli Galimberti - Carlo, padre di Valter, e Ilario - intuiscono che nel nascente settore delle cucine componibili c’è bisogno di un’azienda dedicata all’incasso. L’artigianato dei mobili da cucina su misura, in cui gli elettrodomestici trovavano una collocazione più o meno valida, oltre che in Brianza, iniziava a fiorire nel Veronese, in Friuli, in Toscana e nelle Marche. Elettricisti di formazione, i Galimberti modificavano i frigoriferi per poterli incassare. “Oltre ad adattare l’apparecchio alle specifiche della cucina - racconta Valter Galimberti - da elettricisti sapevamo fare l’inversione della porta, cosa non semplice perché bisognava spostare il termostato e l’interruttore della luce, che veniva disattivato con la chiusura della porta”.
Nel 1979 Zanussi decide di istituire la figura del concessionario d’area, entrando in maniera ufficiale e coordinata nel settore dell’incasso. “Con i dovuti distinguo, la figura esiste ancora oggi a distanza di 40 anni - continua Galimberti -. Pensi che allora, da concessionari, avevamo il divieto assoluto di visitare i mobilifici: dovevamo vendere solo agli artigiani produttori di cucine, perché i rivenditori di mobili dovevano acquistare gli elettrodomestici direttamente dalle case produttrici di mobili da cucina”. Negli anni arrivano sul mercato i primi marchi tedeschi. “Erano all’avanguardia - ricorda Galimberti - e noi, specializzati nell’incasso, abbiamo cominciato a trattarli, affiancandoli alla Rex di Zanussi, che era il nostro core business, un marchio rimasto nell’immaginario nostro e di molti clienti. Abbiamo vissuto gli anni in cui Zanussi e Indesit erano i leader del settore. A loro si deve la doppia struttura distributiva - concessionari e costruttori di cucine - in sostanza quello che c’è ancora oggi”. I cambiamenti evolutivi del settore rendono più difficile il controllo della separazione di canale, anche oggi. “Dallo stesso cliente andiamo sia noi che i costruttori di cucine - racconta Galimberti - ,con la differenza che allora c’erano 18-20 mila punti vendita di mobili, e i primi 10 costruttori di cucine d’Italia assorbivano il 5% del mercato incasso. Oggi i negozi sono 10-11mila, e gli stessi primi 10 produttori fanno il 60-70% del mercato. E, di più, sono passati dal gestire circa il 60-70% di quelle che in gergo si chiamavano ‘i buchi neri’ - le cucine senza elettrodomestici - al 10% di oggi”. È famosa la dichiarazione di un mobiliere che definiva ’l’elettrodomestico poco più di un accessorio". Ma se vale un terzo del valore della cucina, è ben più di un accessorio. “In tutti questi anni - afferma il titolare di El-Ga - la nostra stella polare è stata non proporre l’elettrodomestico come un accessorio, ma far diventare la cucina il contenitore degli elettrodomestici”.
Galimberti, allora gli elettrodomestici non sono più gregari della cucina?
“Per quello che mi risulta non lo sono mai stati. E il nostro ruolo di concessionari era ed è questo: andare dai negozianti di mobili, dagli artigiani, insomma dai nostri clienti a fare formazione, quello di cui oggi tanti parlano e pochi fanno. Formare i commessi è un lavoro quotidiano”.
Così avete diffuso la tecnologia sul mercato.
“E lo facciamo ancora oggi. Nel mondo del mobile la nostra funzione oggi è riconosciuta e importante proprio per questo, perché riguardo ai prezzi non siamo competitivi. E non parliamo del mondo dell’online, ci sarebbe molto da discutere”.
Parliamone…
“Sono tradizionalista e non amo questo mondo virtuale. Lo ritengo una grande fonte di informazione, ma il mercato online, così com’è strutturato oggi, per il sistema in generale ha effetti dannosi. E il prezzo è diventato un tabù su cui non si può ragionare. E poi: perché quando uno deve fare i saldi in un negozio fisico è soggetto a una serie di procedure, mentre invece sull’online il saldo è 365 giorni all’anno, senza condizioni? Le associazioni di categoria in parte stanno cercando di fare chiarezza, forse ci vorrebbe più determinazione. Oggi domina la ricerca del fatturato, che trascende la ricerca del margine. Ma se il fatturato condiziona la salute del business, e se più vendi sottocosto e più fai danni a te stesso, capisce che qualcosa non va bene. Purtroppo non giova una certa mancanza di collaborazione fra noi operatori”.
Siete percepiti dal retail come un’isola felice, dove c’è ancora marginalità.
“Il retail tradizionale tende a distruggere la marginalità di tutte le categorie che gli sono capitate, dai televisori ai cellulari. Nell’incasso, forse perchè siamo un piccolo mondo, ci si conosce tutti, e con qualcuno siamo anche amici, c’è forse maggior rispetto. Ci sono delle regole di ingaggio alla maniera dei galantuomini di una volta, ad esempio una cosa che si fa raramente è portare via un venditore, o soffiare dei marchi al concorrente. Tra noi concessionari del gruppo Electrolux, per esempio, esistono aree di competenza precise, come se fossero delimitate da un muro. Di recente siamo diventati distributori unici, invece che concessionari. Nel 2000 abbiamo fondato un consorzio che si chiama Ciac - Consorzio Italia Accessori Cucina - e ha sede a Firenze”.
Come gestite il consorzio?
“Siamo amici, abbiamo i nostri territori, un denominatore comune che si chiama Electrolux, e tutti trattiamo accessori, cappe, lavelli e quanto gira intorno alla cucina, dunque abbiamo deciso di consorziarci per ottimizzare le attività comuni. Il consorzio gestisce la trattativa con i fornitori, ogni socio è libero di aderire all’offerta e ogni fornitore libero di lavorare con il consorziato; fatturazione, logistica e quant’altro sono a carico di ciascun socio. Abbiamo preferito questa formula perché, per usare le parole di Benito Butali, recentemente scomparso, ‘noi siamo un gruppo di grandi individualisti'. Negli ultimi due anni alcuni dei nostri soci hanno chiuso l’attività e i nuovi operatori non fanno parte del sodalizio. Siamo attualmente nove, copriamo tutta Italia, e comprendiamo soci che non sono più distributori Electrolux”.
Essere distributori unici è un buon business?
"Secondo me è ancora una buona impostazione ed è fonte di reddito, perché impedisce sovrapposizione di aree, cosa che invece succede nel retail specializzato, e può spingere a una competizione distruttiva. La concorrenza aiuta sempre, ma deve essere sana, si dovrebbe giocare a parità di condizioni. Oggi purtroppo in alcuni casi può succedere che si inseriscano investitori finanziari, con obiettivi anche diversi da quelli classici d’impresa. A volte si crea una concorrenza sleale se, per esempio nello stesso business, realtà imprenditoriali non possono permettersi di lavorare in perdita, perchè in tal caso devono chiudere. Nel nostro mondo built-in abbiamo una grande salvaguardia, per il momento: il nostro prodotto va incassato e per farlo ci vuole una certa preparazione, la manovalanza generica e impreparata non basta. Proprio per questo il prezzo sbandierato dall’online crea confusione anche a noi e minimizza la professionalità che il prodotto esige”.
Siete sostanzialmente un business B2B: l’online vi disturba così tanto?
"Vero, non andiamo al consumatore finale, ma se i miei clienti business trovano online un prezzo inferiore a quello che pago io all’azienda fornitrice, capisce che è fonte di disturbo”.
Succede che i suoi clienti comprino online? E se qualcosa va storto, chi interviene?
"Vuole saperlo? Noi. La situazione non è così lineare, ci sono tanti prodotti che arrivano dall’estero, e a volte vengono immessi sul mercato con operazioni ‘spericolate’ e che poi fanno scandalo e finiscono in tribunale. Purtroppo si può comprare un prodotto da un distributore estero, portarlo in italia a un prezzo del 30% inferiore, e poi piazzarlo in qualche modo. Non è il mio lavoro. Io ho sempre avuto una mentalità da partner, da concessionario, con l’obiettivo di promuovere il marchio che rappresento, avendo con l’azienda un rapporto di reciproca collaborazione, positivo e non conflittuale, perchè il conflitto non porta risultati. Ad esempio, penso che l’omnicanalità sia un’ottima opportunità, ma non deve creare concorrenza interna, non è mai positiva e alla fine guadagna solo l’utente”.
Un guadagno sterile, se poi serve l’assistenza per far funzionare gli apparecchi.
“Vero, ma i clienti se ne accorgono dopo. Quello del sottocosto è un gioco pericoloso molto frequentato anche dalla rete fisica. Per alcuni anni abbiamo servito il retail con i prodotti built-in, su accordi centralizzati del brand, facevamo le consegne e il servizio al punto vendita. Uno dei problemi che avevamo era l’instabilità del personale di vendita: impossibile fare formazione”.
Secondo lei, l’incasso non può essere un business per il retail specializzato?
"Nel retail vede coltivare il business in qualche categoria? Noi abbiamo un’ esposizione curata, come ha visto, e non facciamo vendita al pubblico. Serve per i nostri clienti, che a volte accompagnano qui i loro utenti finali; abbiamo persone specializzate, a disposizione per rispondere a quelle richieste di informazioni che mediamente un mobiliere non può soddisfare, è umanamente impossibile che possa conoscere tutto della sua merceologia e anche degli elettrodomestici. Qui li assistiamo con la nostra competenza. Nove volte su dieci la visita sfocia in una vendita. Non arriviamo a una conversione del 100% per il delta prezzo del confronto online. Stiamo cercando di convincere i mobilieri a non separare più le quotazioni, come si faceva trent'anni fa, quando il costo della cucina era comprensivo del prezzo degli elettrodomestici scelti assieme al cliente, il che valorizza il prodotto ‘cucina componibile’.
Vale per il cosiddetto primo impianto. Se l’utente finale deve sostituire un forno, non può tornare dal suo mobiliere, voi non vendete a privati, a chi si rivolge?
"Posso dire come la penso? Questo problema c’è da trent'anni e non ha ancora soluzione. Mi auguro che qualcosa si stia muovendo. La sostituzione - le statistiche dicono che rappresenta il 20% del fatturato del comparto - per il nostro settore è un nervo scoperto. Anche perché non è facile organizzare un servizio adatto, sono sempre più rari i tecnici capaci, devono essere anche un po’ mobilieri”.
Questo servizio potrebbe essere strumento di fidelizzazione per il Kitchen retail?
“Potrebbe essere, ma non è conveniente. I mobilieri non ci vedono un business, perché oggi si avvalgono di squadre di montatori esterni, che sarebbe complicato e antieconomico usare per cambiare un frigorifero: questo è il problema. Il piccolo retailer ancora riesce a dare il servizio, ma con difficoltà. Da tempo penso a questa opportunità, e se ci fosse qualcuno tecnicamente competente e in grado di farlo, sarei disposto a supportarlo. Ci sono alcuni esempi molto positivi, altri che hanno tentato il singolo business dell’incasso non hanno avuto la stessa evoluzione. Un punto vendita specifico solo di sostituzione non riuscirebbe a sostenere il suo business”.
L’incasso di sostituzione è spesso bistrattato nel retail.
"Nel retail l’incasso ha un inferiore coefficiente di redditività degli spazi di vendita rispetto ad altre categorie ben più redditizie. Però è una valutazione che a volte fa perdere di vista il cliente e le sue esigenze. Il mio sogno sarebbe allestire un’esposizione con tutti gli elettrodomestici funzionanti, con showcooking tutti i giorni, ma non si può fare, i costi non sono sostenibili. A parte questo desiderio, alcuni esempi indicano che meglio si può fare, solo che chi ne ha la possibilità ancora ci sta pensando. Certo, seguire bene l’incasso è una impresa difficile, si deve avere a disposizione personale qualificato, oggi merce rara. E non è un vantaggio neanche per i consumatori non conoscere le potenzialità dei loro apparecchi, anche se c’è da dire che nessuno o quasi legge libretto istruzioni, e chi lo legge spesso lo trova di difficile comprensione. Ma è innegabile che l’utente soffra di mala informazione e di ignoranza clamorosa sui prodotti, e non per colpa sua”.
Gli elettrodomestici sono sempre più strumento promozionale per i mobilieri?
"Per preservare la loro marginalità trovano comodo mixare il prezzo dell’elettrodomestico, pensano che sia l’unico prodotto su cui il cliente può fare comparazioni perché, a differenza dei mobili, il modello è riconoscibile e il prezzo rintracciabile. C’è anche un altro problema: l’estrema fluttuazione delle quotazioni degli apparecchi mette in discussione la credibilità del mobiliere agli occhi del suo cliente. Allora, per sopravvivenza, il mobiliere può agire in diversi modi, dipende anche dal suo potere contrattuale. Io li definisco i 4 livelli: 1- se vuole la cucina questo è il prezzo; 2 - se vuole, le faccio gli elettrodomestici al prezzo di costo; 3 - mi porti i suoi prodotti e glieli monto a 100 euro; 4 - mi porti quello che vuole e glieli monto gratis. E poi pochi considerano una cosa: mediamente il mobiliere fa una decina di preventivi prima di chiudere la vendita di una cucina e, per certi modelli, ha a disposizione una selezione di circa 100 codici di apparecchi per marca”.
Quali sono i prodotti da incasso più venduti?
"Uno è il forno a vapore, anche se c’è molta confusione su questo prodotto. Noi lo trattiamo dal 1992, anno del primo modello Electrolux. Oggi abbiamo una gamma estesa, dal forno con la vaschetta umidificatore per la lievitazione, a quelli con le varie percentuali di erogazione di vapore, fino al 100%. Oggi questi prodotti valgono il 30% del nostro fatturato. E poi sono in grande ascesa i piani a induzione. Una nuovissima frontiera è quella dei piani a induzione con cappa integrata. Devo dire che sono stati la mia scommessa persa. Quando Paola Massobrio (titolare di Frigo2000, ndr) nel 2014 è venuta a presentarmi la novità, le avevo detto che il prodotto non avrebbe avuto futuro. Aveva ragione lei, il piano cottura con cappa integrata sarà il business dei prossimi anni. Poi vendiamo frigoriferi a libera installazione, ormai circa il 30% delle cucine non ha la colonna frigo; e stiamo proponendo anche lavatrici e asciugatrici, perché l’arredo bagno sta entrando nei negozi di mobili”.
Qual è il rischio maggiore che corre il suo settore?
"Il rischio più grande secondo me è il ricambio generazionale. Nessuno vuole più fare questo mestiere, che non è facile. In un mercato stabile come quello delle cucine, si guadagnano quote perché lasciate da altri e perché si esercita un continuo presidio del territorio, cosa che sono sempre in meno a fare. Bisogna essere molto preparati tecnicamente e su una gamma estesa di prodotti a catalogo. La mia fortuna è di avere una forza vendita di grande esperienza, molto fidelizzata, molto ben inserita con i clienti, con i quali ha stretti rapporti; dico sempre che portano tutti la nostra maglietta. Io vengo dalla gavetta, ho girato tutti i reparti, pertanto considero molto il lavoro degli altri. Ho imparato che i nostri collaboratori sono prima persone e poi risorse, dunque nella mia gestione cerco di tenere bene a mente questo principio, insieme all’esigenza di far quadrare i bilanci, anche per garantire la stabilità del posto di lavoro, è una mia responsabilità, non ho mai lasciato a casa nessuno dei miei collaboratori. Quanto al ricambio generazionale, credo di essere fortunato, penso che qui avverrà nel migliore dei modi, mio figlio Andrea è già entrato in azienda”.
El.Ga, che nel 2019 ha fatturato 18 milioni di euro, resta un’impresa a conduzione familiare. I fratelli Valter e Patrizia Galimberti si occupano del commerciale, mentre la parte finanziaria è gestita da Roberta, moglie di Valter. Il primogenito di Valter Galimberti, appena laureato in giurisprudenza, ha iniziato la sua gavetta in azienda, occupandosi dei cataloghi: è la terza generazione della famiglia Galimberti. El.Ga ha un organico di circa 30 dipendenti, più 13 agenti monomandatari, dotati di dispositivi mobili, che presidiano il territorio. Ogni anno vengono processati circa 27 mila documenti di consegna, per quasi 200 mila pezzi, il 50% del fatturato viene consegnato nelle 24 ore. El.Ga ha una filiale in Valtellina, gestita dallo stesso responsabile da oltre 30 anni.(l.c.)