Sabato, 27 Aprile 2024 10:28

In negozio tante priorità portano confusione tra noi addetti

Ormai gli obiettivi che ci vengono imposti sono quasi infiniti. E la vendita del prodotto passa in secondo piano. Se non terzo. Intervento del nostro collaboratore Nathan.

Mi capita spesso di rispecchiarmi nei comportamenti dei commessi degli altri negozi. La scorsa settimana, ad esempio, sono entrato in un punto vendita di una famosa catena di abbigliamento e sono stato accolto con la solita frase meccanica: “Se hai bisogno di qualcosa, dicci pure” dalle due addette presenti in quel momento. “Grazie, do solo un’occhiata”, ho risposto automaticamente. Mentre guardavo due jeans e una maglietta, ho origliato la loro conversazione. Pare che il dilemma fosse se mettere in vetrina il “verde prima del beige”. “Lui dice di fare così”, dicevano indicando un libercolo che probabilmente rappresenta per la loro azienda il Vangelo della Vetrina secondo il Fondatore. Non sembravano convinte, quindi hanno chiamato una collega di un altro punto vendita per avere conferma. Ottenuta la liberatoria per fare indossare al primo manichino partendo da sinistra la maglia verde e poi proseguire vestendo il secondo modello con il pullover beige, le ragazze si sono messe all’opera come una squadra SWAT che ha appena ricevuto l’ordine di irrompere in una banca durante una rapina. Ovviamente in tutto ciò io-cliente ero passato in secondo piano, anzi forse persino in terzo.

Ridevo tra me e me, pensando a quante volte ho fatto la stessa cosa (e quante volte la farò). Anche noi riceviamo continuamente richieste di modificare questa o quella esposizione di prodotti, per non parlare delle ultime direttive in fatto di “visual merchandising” che sembrano le regole di un gioco da tavola. Per cui ho compreso perfettamente il dilemma esistenziale affrontato dalle due commesse: invertire la maglia verde con il pullover beige sarebbe stato visto come un errore madornale dal capo-area di turno, con tanto di filippica nel retrobottega ai danni dei responsabili del misfatto. Le regole espositive per creare una linea guida comune ai negozi devono esserci, per carità, ma a volte si rasenta il ridicolo. Quando il troppo stroppia, quello che si rischia è la paralisi totale della creatività individuale. E, ahinoi, non sono le uniche regole alle quali dobbiamo sottostare.

Ormai gli obiettivi sono quasi infiniti. Una volta ci si poteva concentrare sulla vendita del prodotto, si cercava di individuare quello che portava più margine di guadagno o che alzava lo scontrino medio. Oggi abbiamo un obiettivo per ogni cosa: dobbiamo vendere tot estensioni di garanzia al giorno, tot antivirus, tot finanziamenti, tot servizi di consegna e chi più ne ha più ne metta. La nostra giornata è “schedulata”, termine orribile che ha un significato altrettanto orrendo. Deriva dall’informatica e stabilisce l’ordine in cui il calcolatore deve eseguire determinate istruzioni. Quindi, riassumendo, non solo non abbiamo più la libertà di esporre un prodotto come vogliamo, ma nemmeno quella di venderlo. 

Dopo quasi trent’anni nel commercio io capisco molte cose. Capisco che non si può lasciare che il negozio di Capracotta sia completamente diverso dal negozio di Mariano del Friuli, perché fanno parte della stessa catena. Capisco anche che il dipendente Caio potrebbe non perseguire gli stessi obiettivi del dipendente Tizio e per questo c’è bisogno di una linea guida comune. La nostra concentrazione, tuttavia, si sta sempre più allontanando da quella di servire il cliente. 

C’è una serie di Netflix che sta avendo un grande successo ultimamente e che si chiama “Il problema dei tre corpi”. La fiction prende ispirazione da un problema della fisica meccanica per il quale non esiste una soluzione logica: se immaginiamo in uno spazio vuoto tre pianeti soggetti esclusivamente alle rispettive forze di attrazione, è impossibile determinare a lungo termine la loro posizione. Non esiste una formula. In pratica, dopo qualche “giro”, i tre pianeti si muoveranno in maniera totalmente casuale. 

Ecco, noi fondamentalmente stiamo cercando di trovare una soluzione logica a qualcosa di totalmente illogico: dovremmo ruotare contemporaneamente intorno al cliente, il Primo pianeta, ma veniamo spinti costantemente verso le regole espositive, il Secondo pianeta, e dobbiamo raggiungere degli obiettivi sempre più irraggiungibili, il Terzo pianeta. Alla fine, ciò che si ottiene è il caos.

A questo punto i più bravi diranno: “Ma sono tre priorità diverse, che possono coesistere, nessuno ti obbliga a rifare un’esposizione durante l’ora di punta, o a pensare agli obiettivi di vendita quando hai tanti clienti da servire”. Purtroppo la confusione che sentiamo nella testa ogni volta che usciamo da un turno intenso di lavoro ci dimostra il contrario: troppe priorità creano distrazione. Troppo spesso ci sentiamo il fiato sul collo per rifare un lineare perché verrà il capo-area a controllare, troppo sovente ci viene detto che se non portiamo gli obiettivi “la sola vendita del prodotto è inutile”. Tutto questo crea frustrazione. In un mondo ideale si potrebbe entrare in negozio un paio d’ore prima per sistemare “la linea”, come fanno nelle cucine dei ristoranti prima del servizio. In un universo parallelo, si terrebbero dei corsi di formazione per “staccare” dal tran tran della vendita e focalizzarsi meglio sugli obiettivi, magari finalmente spiegando COME raggiungerli (qualche esempio sul campo sarebbe gradito, visto che sembra tutto facile agli occhi di chi non deve farlo). Infine, in un’altra dimensione, il cliente sarebbe l’unica forza di attrazione gravitazionale che dovremmo avere.  (nathan)

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