Domenica, 24 Ottobre 2021 09:29

La lezione del salumiere che mi aiuta a vendere elettrodomestici

Ultimamente mi fa ben sperare il fatto che i consumatori stiano lì per qualche minuto ad ascoltare i miei consigli per poi, magari, presentarsi più avanti disposti a spendere quei 50/100 euro in più per un prodotto più affidabile.

La prima volta che ho comprato il prosciutto da solo risale ad un’epoca del pleistocene nella quale non si diventava grandi ricevendo uno smartphone, ma uscendo di casa con la lista della spesa. Ricordo che attento ad attraversare la strada, sbarco sul marciapiede di fronte con il cuore che mi batte forte. Un ultimo sguardo al foglietto bianco dove avevo vergato di mio pugno l’elenco, e varco la soglia della salumeria. Attendo con pazienza il mio turno ed esordisco sicuro: “Un chilo e mezzo di prosciutto cotto, grazie!”. Il salumiere scoppia a ridere. Mi chiede se il chilo a cui mi riferivo non fosse, per caso, un “etto”. Con un tonfo sbatte la coscia di prosciutto sull’affettatrice Berkel rossa e inizia ad affettare. Arrivato all’etto e mezzo, mi mostra la quantità. E mi dice che dovrebbe continuare così per altri dieci minuti, nel caso ne volessi davvero un chilo e mezzo. Per non parlare della spesa, molto – molto - più alta di più di quanto preventivato da mia madre.

Insomma, cinque minuti in compagnia del mio salumiere mi avevano insegnato più di tutte le ore passate a convertire i grammi in ettogrammi chino sul banco di scuola. Quello che faccio ogni giorno in negozio è cercare di fare proprio questo, senza risultare saccente o presuntuoso: istruisco i clienti che mi chiedono suggerimenti. Loro non sono di certo bambini, ma un po’ come i fanciulli spesso hanno delle certezze fondate su ciò che hanno solo letto (su Internet). Sta a me ridurle, sfatarle o distruggerle (a volte, lo ammetto, provando un certo piacere) con l’unico scopo di consigliarli per il meglio.

La prima cosa che noto quando smetto la veste di venditore per indossare quella di “divulgatore scientifico” è che da subito il cliente si mostra diffidente. Teme che con le mie parole io voglia vendergli qualcosa di estremamente costoso. In realtà a me fa piacere spiegare le funzionalità dei prodotti, dimostrare che non sempre spendendo di meno si compra la stessa qualità mentre altre volte può essere vero il contrario. Quando si parla di marchi blasonati non ho peli sulla lingua: alcuni meritano il podio, altri stanno cadendo dall’Olimpo, mentre potrebbero esserci dei brand semi-sconosciuti che sono in fase di salita. Ciò che dico non si trova sulle pagine di Internet, è semplicemente frutto dell’esperienza e il fatto stesso di poterlo raccontare mi rende orgoglioso del percorso fatto finora.

Il rischio è quando, risolta la questione posta dal cliente con due o tre frasi, costui inizia ad approfittarne. Mi sono capitati episodi in cui, la gola secca dal tanto parlare, mi è stato addirittura chiesto se non fosse il caso di approfittare dell’offerta di Amazon che proponeva l’articolo di cui stavo parlando da mezz’ora ad un prezzo più basso. Così come evito, di solito, di iniziare con argomentazioni astratte su cosa sia meglio per il cliente durante le ore di punta o nei festivi. Eppure esistono, lo sappiamo bene, quelli che vengono alle 18 di una domenica piovosa per farsi un’idea su cosa comprare quando (e se) decideranno di farlo.

Per evitare di avere due pesi e due misure, che mi imporrebbero di dare retta a tutti per ore intere durante la settimana, e di mandare subito via chi non è intenzionato ad acquistare nel week-end, mi sono dato la regola delle tre domande. Consento ad ogni cliente tre interrogativi. Ai quali rispondo con calma, professionalità e dando quel “qualcosa in più” che potrebbe convincerlo a comprare. Terminate queste possibilità chiedo: “Per quando le serve?”. Domanda aperta (a trabocchetto) che presuppone che egli abbia davvero bisogno di quel determinato articolo e che sia davvero intenzionato all’acquisto. A questo punto, di solito (le eccezioni non mancano, sia chiaro), io e il cliente giochiamo a carte scoperte: se deve comprare, si passa alla fase conclusiva della vendita; se deve solo chiedere informazioni ha avuto la sua possibilità. Con tutta l’educazione, la cortesia e il savoir-faire di cui sono dotato, chiedo gentilmente di presentarsi quando sarà realmente intenzionato all’acquisto per nuove delucidazioni.

Non credo di esagerare dicendo che almeno 8 clienti su 10 che hanno ricevuto questo mio trattamento sono tornati in seguito ad acquistare. È un trend in crescita, perché ricordo che i primi anni di Amazon in Italia, e subito dopo la crisi economica del 2009, si faceva davvero fatica a mostrare il lato qualitativo del prodotto ai consumatori. Guardavano solo il prezzo (basso). Ultimamente mi fa ben sperare il fatto che, stufi di buttare un elettrodomestico dopo l’altro, stiano lì per qualche minuto ad ascoltare i miei consigli per poi, magari, presentarsi più avanti convinti di spendere quei 50/100 euro in più per il prodotto più affidabile.

Ci sono ovviamente gli irriducibili, lo zoccolo duro, che restano fermi sulle loro posizioni. Convinti che si debba spendere il meno possibile per l’elettronica perché tanto “si rompe subito”, non considerando che “si rompe subito” perché spendono il meno possibile. Guardo a malincuore queste persone uscire dal negozio. Probabilmente compreranno altrove, crederanno di aver preso un chilo e mezzo di prosciutto a buon prezzo, ma usciranno con la busta da un etto e mezzo.

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