Sabato, 03 Agosto 2024 19:22

Pochi sanno cos’è l’economia circolare

Le filiere dei rifiuti hanno bisogno di essere supportate mentre i RAEE non sono ai primi posti della notorietà. Sono alcuni dei risultati del sondaggio condotto da Ipsos e presentato all’Ecoforum 2024.

Risulta stabile in Italia la conoscenza dei principi di economia circolare: è una delle evidenze emerse dal sondaggio Ipsos presentato alla recente edizione di Ecoforum 2024, la conferenza nazionale sull’economia circolare promossa da Legambiente, Editoriale Nuova Ecologia e Kyoto Club in collaborazione con Conai e Conou (consorzi della filiera rifiuti). Il 45% degli intervistati conosce i principi dell’economia circolare come modello basato sull’uso efficiente delle risorse in cui i rifiuti, trasformati in nuove materie prime, vengono reintrodotti nel ciclo di produzione di nuovi beni. Rispetto a quanto il nostro paese sia attento alla circolarità delle produzioni o al riciclo, il 37% degli intervistati ritiene che l’Italia sia sotto la media europea, il 20% non sa, e solo il 12% ritiene che ci posizioniamo sopra le media. Eppure, secondo il rapporto sull’economia circolare presentato da Circular Economy Network ed Enea nel 2024, l’Italia risulta prima tra le cinque maggiori economie dell’Unione, che comprende Francia, Germania, Spagna, Polonia, secondo gli indici di circolarità della Commissione europea, pur con una certa fatica a mantenere la sua leadership.

Le filiere del rifiuto sono strategiche

Fra le attività da intraprendere, oltre allo sviluppo delle energie rinnovabili “dicendo no al nucleare e stop alle fonti fossili”, l’attenzione deve essere focalizzata sull’economia circolare, da far decollare in modo omogeneo su tutto il territorio nazionale. Per questo obiettivo, secondo Legambiente e Kyoto Club, è fondamentale lo sviluppo e il sostegno di settori strategici per il Paese, come le filiere del riciclo dei RAEE, del tessile e altri materiali da cui ricavare nuovamente materie prime e materiali critici, supportando la ricerca e lo sviluppo di nuove soluzioni, e rafforzando sul territorio i principi cardine della gerarchia della gestione dei rifiuti: riduzione, riutilizzo, riciclo e recupero (le 4R della circolarità). Secondo gli intervistati da Ipsos, i più virtuosi nel corretto smaltimento dei rifiuti sono le famiglie e gli individui (70%), davanti al settore pubblico (62%), e alle imprese e industrie (57%). Fra i materiali ritenuti più pericolosi da smaltire, la classifica stilata da Ipsos vede il materiale elettrico - i RAEE -  al secondo posto (53%), preceduto dall’olio minerale usato (60%), e seguito dalla plastica dura (50%).

Rifiuti più difficili e più facili (da smaltire)

Quando si indaga su quali siano i rifiuti che risultano più difficili da smaltire in modo corretto, i RAEE  sono al primo posto (32%), seguiti dall’olio vegetale esausto (31%), quello usato in cucina (30%), dagli oggetti in metallo e materiali ferrosi (26%), ceramica e materiali edili (24%). Verso il il fondo della classifica troviamo i rifiuti ritenuti meno difficili da smaltire, come Pet e plastica per imballaggi, alluminio, carta, cartone e vetro. La maggiore difficolta percepita per lo smaltimento riguarda i rifiuti che devono essere conferiti nelle piazzole ecologiche, mentre la raccolta porta a porta, che riguarda Pet, plastica e alluminio, vetro e cartone, evidentemente è un fattore di semplificazione.

I consorzi sono poco noti: ma qualcuno di più 

L'indagine Ipsos ha stilato una classifica della notorietà dei consorzi: in generale la conoscenza non è diffusa, solo il 22% del campione ricorda spontaneamente il nome di un consorzio. Ai primi posti troviamo Conai (29%), Comieco (19%), Corepla (17%), i consorzi che gestiscono imballaggi (intesi anche come contenitori, le lattine per esempio) in acciaio, alluminio, vetro, legno, carta e cartone, plastica. Per trovare un riferimento ai RAEE, bisogna arrivare all’ottavo posto della classifica (di undici partecipanti), dove compare Erion, citato dal 3% degli intervistati. La conoscenza da parte dei cittadini su cosa si può ricavare dai vari gruppi di rifiuti è in proporzione alla notorietà del consorzio di riferimento, che evidentemente sa sviluppare ‘una narrazione virtuosa’, pensiamo ad esempio alla recente campagna TV sullo smaltimento del vetro. Sono carta (71%), vetro (69%), plastica Pet per alimenti (53%) e alluminio (49%), i rifiuti che notoriamente possono essere rigenerati e quindi ritornare nel ciclo produttivo. La possibilità di ricavare dai RAEE materiali (le materie prime seconde) viene citata nel 21% dei casi: nel 2023 era il 23%. Per questi rifiuti, e altri come gli oli vegetali e minerali,, per dirla  con le parole di Ipsos ‘il racconto deve ancora affermarsi’. (l.c.)