Quando si parla di digitale, di Internet e smartphone, del loro uso e degli effetti che hanno sulle persone, i più giovani sono i primi della lista a essere considerati. E giustamente: sono gli utenti più indifesi di fronte a una innovazione tecnologica che offre inedite possibilità di comunicare, conoscere, informare, ma nasconde anche molti pericoli. Gli adolescenti e i giovani fino a 24 anni - la cosiddetta generazione Z - sono protagonisti del primo studio sulla relazione fra tecnologie e persone dell’Osservatorio Schermi Futuri, ideato e voluto da Unieuro, che ha l’obiettivo di contribuire con un approccio scientifico alla comprensione dei fenomeni legati all’uso di Internet e dei social media da parte dei più giovani. Sul tema, peraltro, è recente un allarme lanciato dal responsabile della salute pubblica Usa attraverso un avviso ufficiale alla popolazione, messa in guardia sul fatto che i social media possono anche rappresentare un rischio di danni alla salute mentale e al benessere di bambini e adolescenti. Secondo il dossier realizzato da questo dipartimento, fino al 95% degli adolescenti ha dichiarato di usare almeno una piattaforma social quasi costantemente, e quasi il 40% dei bambini fra gli 8 e i 12 anni usa i social, anche se l’età minima richiesta per accedere a molte piattaforme è di 13 anni almeno.
Mezzo mondo è sui social
Secondo i dati del Global Overview Report 2022, nel mondo sono oltre quattro miliardi e mezzo le persone che hanno almeno un profilo social attivo (circa il 58,4% della popolazione mondiale). Il tempo trascorso sulle piattaforme è cresciuto, attestandosi nel 2021 mediamente a 2 ore e 27 minuti al giorno, circa il 35% del tempo trascorso online. Riguardo alle motivazioni che spingono all’uso dei social, tutto il mondo è paese, con dati nazionali che corrispondono grosso modo a quelli globali: si va sui social per cercare nuove storie, per restare in contatto con amici e familiari, oppure per passare il tempo. La generazione Z preferisce Instagram e Tik Tok, in particolare quest’ultimo è molto popolare fra i giovanissimi perché il divertimento è il tema centrale dei contenuti condivisi sulla piattaforma .
Quattro grandi aree di fragilità
Il rapporto dell’Osservatorio evidenzia come la vulnerabilità fisiologica della generazione Z venga intaccata dal rapporto con i social media, amplificando il rischio di alcune fragilità. Riassumendo, sono quattro le aree cui porre attenzione. La prima è l'immagine corporea; molti ragazzi hanno una immagine distorta del proprio corpo a causa del confronto con standard non realistici. L'immagine di sé è strettamente collegata alla costruzione dell’identità e all’autostima. Poi abbiamo la dipendenza da social, emozioni negative e FOMO: è il bisogno crescente di trascorrere sempre più tempo connessi, con il desiderio incontenibile di controllare le notifiche, e con crisi di astinenza di fronte all’impossibilità di usare i social media. Dai dati analizzati, a questi effetti si aggiunge la FOMO (Fear of Missing Out ), appunto, la paura di essere esclusi superiore ai livelli fisiologici dell’età adolescenziale. La terza area è quella relativa a noia e solitudine, differenze tra vita reale e vita sui social: molti giovani si sentono più soli sui social media che nella realtà. E' il fenomeno degli ‘a-social’; anche la noia comincia a farsi largo in alcuni ragazzi di fronte alla ripetitività dei contenuti social. Infine il cambiamento nella comunicazione e nelle relazioni: secondo la ricerca, ghosting e cyberbullismo sono esperienze piuttosto frequenti. A quasi quattro adolescenti su dieci è capitato che il partner di una relazione sparisse nel nulla (ghosting), mentre un adolescente su due è stato vittima di offese o prese in giro da parte dei coetanei sui social (cyberbullismo). In entrambi i casi sono nuovi modelli di comunicazione che possono scatenare conseguenze non certo positive.
Per risolvere bisogna conoscere
Dalla ricerca emerge, oltre alle fragilità, anche una nuova maturità e consapevolezza di giovani che considerano i social un mezzo neutro, adattabile agli utilizzi concreti di ognuno. Sono elementi importanti per formulare una adeguata risposta alla domanda che l’indagine pone: cosa possono fare gli adulti, i responsabili dell’educazione giovanile, per contrastare queste nuove problematiche? Innanzitutto serve una esatta conoscenza del problematico rapporto di questi giovani con la digitalizzazione; non è scontato che gli adulti siano consapevoli dei rischi e delle potenzialità dei social media. E serve collaborazione fra i vari responsabili educativi - governo, scuole e famiglie - in modo da fornire indicazioni e buone pratiche per contrastare i fenomeni analizzati. Dovrebbero essere disponibili campagne di sensibilizzazione sui benefici e sui rischi dei social media; ci vorrebbe una regolamentazione legislativa adeguata, con ad esempio una richiesta di maggior chiarezza sulle politiche di privacy attuate dalle piattaforme; così come sarebbero utili programmi di formazione sui pericoli di un uso eccessivo dei social media per la salute mentale dei più giovani. In questo contesto, le aziende e i brand che agiscono nel business digitale hanno la responsabilità di contribuire alla soluzione del problema, confrontandosi con gli altri attori della filiera educativa: enti di formazione, scuole e famiglie. L’Osservatorio Schermi Futuri, con la prima ricerca dedicata alla generazione Z, va in questa direzione: fornisce un contributo scientifico per cercare di comprendere le nuove generazioni che vivono una realtà e un cambiamento senza precedenti. Il progetto è ideato e promosso da Unieuro in collaborazione con Ipsos (un istituto internazionale di ricerche di mercato ), e la direzione scientifica è stata affidata a Paolo Crepet, noto psichiatra, sociologo e saggista.
La ricerca contenuta nel libro bianco “Schermi Futuri. Generazione Z e social fra legami liquidi e nuove comunità” è scaricabile gratuitamente sul sito Schermifuturi senza richiesta di dati, una scelta voluta da Unieuro proprio per favorire la condivisione di conoscenza e competenza in maniera trasparente. In particolare, il libro contiene consigli e buone pratiche da mettere in atto di fronte ai fenomeni intercettati e descritti nello studio.(l.c.)