Sabato, 25 Novembre 2023 17:44

Black Friday tra vecchi sconti e nuove delusioni

Dall’applicazione della direttiva europea sulle promozioni commerciali ci aspettavamo qualcosa di meglio. E invece…

Di certo molti conosceranno l’articolo 17bis del Codice del Consumo, applicazione della direttiva europea “Omnibus” che Bianco & Bruno aveva anticipato con “Tesoro, mi si è ristretto lo sconto”. La nostra (vana) speranza era che questa normativa si ripercuotesse positivamente sul Black Friday, periodo nel quale alcuni operatori del retail ci confermano, tra il serio e il faceto, che i clienti “pretendono gli si regali la merce”. Meno sconti, meno guerra dei prezzi, più profitti per il retail. Sarebbe stato magnifico. E invece no. 

Abbiamo osservato tre comportamenti che, sebbene non vadano contro il Codice del Consumo, contribuiscono ad alimentare la leggenda popolare (che più leggenda non si può) secondo la quale la Grande Distribuzione Specializzata si porterebbe a casa margini da capogiro. Leggenda che rende ancora più convinti quei consumatori che “pretendono gli si regali la merce”. E così il cerchio si chiude.

La regola dei trenta giorni.Ogni annuncio di riduzione di prezzo deve indicare il prezzo applicato dal professionista nei trenta giorni precedenti all’applicazione dello sconto”. Questa è la regola. Quindi basterebbe tenere un prezzo elevato per trenta giorni per poi ridurlo drasticamente con un bellissimo ed allettante sconto a due cifre percentuali. Da folli, direte voi, chi metterebbe mai l’iPhone 15 a 2000 euro per un mese, col rischio di diventare lo zimbello della categoria, per poi proporlo al 50% di sconto il mese successivo? Ovviamente questo metodo non può essere applicato ai prodotti di riferimento. Ma secondo il principio di Pareto (applicato al commercio) è soltanto il 20% dei prodotti a generare l’80% del fatturato. Ne consegue che in negozio c’è un 80% di prodotti che potrebbero essere “trattati” in questa maniera: il 40% potrebbe essere tenuto a prezzi costanti un mese, per poi scontarli il mese successivo, alternandoli con il restante 40%. Questo aiuterebbe a generare flusso di cassa, ma soprattutto smuoverebbe quelle categorie che, di solito, producono un fatturato trascurabile. Un frullino ad immersione al 50% di sconto (dichiarato a norma di legge) può diventare facilmente un acquisto d’impulso. E nessuno si lamenterebbe di trovare il frullino della marca X ad un prezzo esagerato per un mese, perché comprerà semplicemente il frullino della marca Y che è scontato in quel momento.

Il prezzo consigliato. Per i prodotti di nuovo inserimento, o comunque non soggetti a sconti, si indica il prezzo consigliato dal produttore. Da notare che, facendo ciò, non possono indicare un taglio prezzo. E infatti non lo fanno. Tuttavia il punto di vista del consumatore viene condizionato da quell’informazione. Per esempio, ci è capitato di notare una lavatrice il cui prezzo consigliato dal produttore era di 879 euro, mentre la si poteva acquistare a 499 euro. Sebbene non fosse indicata alcuna percentuale di sconto, la percezione era quella di trovarsi di fronte ad un’offerta imperdibile. Potete facilmente verificare voi stessi questo esempio e molti altri guardando un qualsiasi sito di e-commerce: quando il prezzo non è tagliato, perché c’è una riduzione di prezzo rispetto a quello applicato negli ultimi trenta giorni, allora viene indicato il prezzo consigliato dal produttore, di solito esageratamente più grande rispetto a quello “della strada”. Molti prodotti che oggi risultano con un prezzo consigliato fra trenta giorni risulteranno scontati e viceversa? Se fosse così, ne conseguirebbe che agli occhi del consumatore tutto è in promozione. Come sempre.

Il sottocosto. L’articolo 17bis non si applica alle vendite sottocosto, già regolamentate dall’art.15 del DL numero 114 del 1998. In questo caso, liberi tutti. Si potrà indicare il “prezzo normale di vendita”, dato che, nel 1998, si supponeva che i commercianti vendessero ad un prezzo normale. Ovviamente, essendo un SOTTOCOSTO, i cinquanta prodotti aderenti all’iniziativa dovranno essere venduti al pubblico ad un prezzo inferiore a quello delle fatture d’acquisto. In un mercato sano, questo genere di vendita straordinaria sarebbe quella che assicura al cliente finale il prezzo migliore. Ma dato che i prezzi sono stracciati tutto l’anno, molti addetti ai lavori ci fanno sapere che i consumatori non credono al fatto che quell’articolo sia venduto a meno di quanto è stato acquistato. “Figurati! Voi ci guadagnate sempre!”, sarebbe il commento più frequente.

Non menzioniamo i “NO IVA”, gli sconti del 22%, gli sconti a fasce e tutte quelle promozioni che coinvolgono intere categorie di prodotto non facendo un taglio prezzo su ogni singolo articolo, ma uno sconto complessivo in cassa. Tutte queste iniziative non debbono sottostare all’art.17bis, ma contribuiscono a far ritenere la GDS una sorta di gallina dalle uova d’oro che può permettersi di regalare i prodotti. 

In conclusione

In questa danza frenetica degli sconti, tutto il retail rischia di diventare vittima della propria rappresentazione, creando una pantomima in cui sembrerebbe concedere ribassi esigui rispetto ai pingui margini, quando invece sta erodendo questi ultimi fino all’ultimo punto percentuale. Mentre il grande pubblico, ignaro dei retroscena, è indotto a credere che l'abbondanza di offerte rifletta ricchezze che, forse, non sono mai esistite. La sfida ora è rompere questo incantesimo, rivelando una realtà in cui la vera opulenza risiede nella trasparenza e nell'integrità delle pratiche commerciali. 

Siamo consapevoli che le vendite siano la Fede in cui credere e che il bilancio sia la Sacra Bibbia, tuttavia sono gli stessi imprenditori a lamentarsi (spesso proprio con noi) che il grande pubblico sembra non averne mai abbastanza di sconti in una spirale catastrofica dalla quale sembra impossibile uscire. Noi, lo ammettiamo, speravamo in un Black Friday più sobrio. 

Senza tanti sconti evidenti, i clienti potrebbero focalizzarsi maggiormente sulla qualità del prodotto, sul servizio clienti e su altri fattori che vanno oltre il prezzo. Senza la distrazione degli sconti, l'esperienza complessiva di shopping, l'ambiente del negozio e il servizio clienti potrebbero diventare ancora più critici. I venditori potrebbero concentrarsi maggiormente sulla comunicazione del valore intrinseco dei loro prodotti e servizi, mettendo in evidenza caratteristiche, vantaggi e qualità, anziché basarsi esclusivamente su sconti temporanei.

Questo noi speravamo di vedere con l’applicazione dell’articolo 17bis. Siamo stati delusi. Speriamo, almeno, che le fanfare del trionfo delle vendite in quello che oramai è diventato il “mese nero” facciano ricredere noi e chi si lamenta. Delle lacrime da coccodrillo, ormai, non ne possiamo più. (g.m.)