Mercoledì, 11 Dicembre 2019 08:48

Il decoro nel punto vendita? Ormai ce lo siamo giocato

La testimonianza di un commesso: “Il consumatore sporca e aggredisce sempre più spesso. Per non parlare di quando l’animale domestico, portato in negozio, espleta i propri bisogni fisiologici nella totale indifferenza del padrone”.

Ricordo ancora con affetto e una certa nostalgia quando con il babbo o la mamma capitava di doversi recare ai Grandi Magazzini (esatto, prima dell’Inglese imperante si chiamavano proprio così). In quelle occasioni si veniva marcati a vista, e l’imperativo categorico era sempre quello: “Non toccare niente”. Ecco perché quelle rare volte in cui si riusciva a sfuggire al pattugliamento del genitore di turno, tutti i sensi restavano comunque in stato di massima allerta, pronti ad assorbire l’eventuale sfuriata; se poi il rimprovero fosse malauguratamente arrivato dal “signore” o dalla “signora” del negozio, allora quello era il segnale inequivocabile che di lì a poco sarebbero piovuti schiaffi.

Ironia della sorte, oggi che quel bambino - vale a dire chi scrive - è diventato il “signore” del negozio che talvolta ha il compito ingrato di richiamare educatamente, ma con fermezza, il fanciullo che si diverte a prendere a pugni l’ultimissimo tv 65” OLED, il destinatario del ceffone di qualche zelante genitore sarebbe comunque lui (cioè io), reo di aver represso le innocenti manie distruttive del pargolo. Liberi di crederci o meno, chi vi scrive è stato testimone in prima persona di almeno una aggressione fisica ai danni di colleghi, sebbene non in queste circostanze.

Diciamolo: ormai le parti si sono ribaltate. All’insegna della maleducazione e dell’arroganza. Infatti mentre un commesso o un negoziante non dovrebbe permettersi un atteggiamento irrispettoso nei confronti della clientela,, ciò non vale più per il consumatore, complice probabilmente anche una comunicazione delle grandi insegne studiata ad hoc per dipingere i propri collaboratori più come una sottospecie di affabili camerieri, infaticabili e sempre disponibili - virtù queste più comuni alle macchine che agli esseri umani – di cui poter disporre a piacere.

Il discorso può essere esteso anche al luogo di lavoro vero e proprio, dove spesso il livello di familiarità è infatti tale da indurre alcuni clienti a ritenerlo quasi una seconda casa; segno inequivocabile di una certa confidenza con l’esercizio commerciale da parte dell’avventore infatti è imbattersi in cartacce, mozziconi di sigaretta, bevande abbandonate, resti di cibo quando non di peggio; macerie di guerra che nella maggior parte dei casi tocca agli addetti rimuovere. La facilità di accesso degli animali ai luoghi pubblici, poi, ha prodotto risultati altrettanto infelici: se non vi è mai capitato di dover acquistare (o vendere) qualcosa mentre due o più cani si azzuffano ringhiando, o espletano i loro bisogni fisiologici a un metro da voi forse non potrete capire, ma l’esperienza non è piacevole; a maggior ragione quando il padrone dell’animale sfoggia l’impassibilità di chi reputa questa condotta come perfettamente naturale, oltre che lecita. E prima che ve lo chiediate sì, chi vi scrive è stato testimone anche di questo.

Ovviamente la mai tanto decantata penuria (ma davvero?) di clientela e gli strali (o gli stracci) che incombono incontenibili dai social portano i grandi nomi della GDS ad accettare di ingoiare bocconi sempre più disgustosi e puzzolenti pur di non vedere curve negative sui grafici. Ma forse quando sul piatto della bilancia ci sono il decoro e la dignità, vien da chiedersi se il gioco valga davvero la proverbiale candela.

Edgar