Giovedì, 03 Novembre 2022 17:01

Questo retail che suona sempre la stessa musica

Di fronte a esigenze e consumatori cambiati in profondità, intoniamo la solita litania delle promozioni di prezzo affidandoci a Santo Black Friday.

Questo retail che è sempre in crisi, anche quando le crisi le supera, non smette di lasciarci perplessi. Dopo aver realizzato profitti durante la prima grande pandemia che ha scosso il globo dal 1918 e aver superato una crisi economica dopo l’altra, anche oggi ci troviamo a raccogliere le lacrime di coccodrillo di un settore che non si capacita di perdere terreno. E dire che, negli scorsi anni, molte strategie di mercato sono state messe in atto proprio per evitare di farsi trovare impreparati ai primi “rossi” sul bilancio. Si è diversificato il portafoglio acquisti aprendosi a nuovi mercati, si è fatta molta formazione per avere il personale più preparato alle nuove richieste dei consumatori e si è – soprattutto - investito in nuove originali forme promozionali, che non fossero i soliti sottocosto o “prendi tre e paghi due”. Non è andata così, eh? Esatto.

Poco di nuovo

Sarcasmo a parte, oggi possiamo dire che la drastica riduzione di ampiezza e profondità dell’assortimento (fatta durante la prima crisi economica) ha portato ad offrire veramente poco di nuovo al cliente, sempre più affamato di novità e abituato ad un mercato in continua evoluzione. Ci riferiamo soprattutto a chi fa della grande superficie il perno della propria missione. Il personale ridotto all’osso (per colpa di un’altra crisi economica) ha fatto ciò che poteva durante i mesi difficili della pandemia, ma ora si trova ad avere scarsa motivazione per continuare a dare il cento per cento. Inoltre, spostare sempre la grande leva del fatturato agendo sulla piccola leva del margine può non dare più gli stessi risultati, in uno scenario che è drasticamente cambiato rispetto agli anni passati e che è soggetto a rapidi mutamenti.

Ominicanalità solo di facciata

Non abbiamo assistito a molti investimenti a lungo termine negli ultimi anni, la tanto proclamata omnicanalità sembra essersi fermata a prima della pandemia, senza nessun ulteriore passo avanti per mettere il cliente sempre più al centro. Le “centrali”, sempre più lontane dal territorio e distanti dal dialogo col consumatore finale, non si sforzano di soddisfare i bisogni del cliente, che variano alla velocità della luce, o risolvere il suo problema nel minor tempo possibile tramite un servizio post-vendita decente. Sembrano preoccuparsi più degli azionisti che dei consumatori. Diciamo che ci si è abbastanza adagiati sugli allori del fatto che, anche nel periodo complicato appena trascorso, i visitatori non sono mancati, ma si è fatto veramente poco perché il flusso della clientela continuasse ad entrare regolarmente nei punti vendita. Così facendo, non si è messo quel poco di fieno in cascina per i momenti difficili che sarebbero potuti arrivare – chi lo avrebbe mai detto – dopo mesi di +30% nella colonna del delta di fatturato.

Il concerto

E i momenti difficili sono puntualmente arrivati. Quello che ci stupisce è come tutti sembrino fermi con le dita incrociate a sperare che “Santo Black Friday” risolva tutto. Da quando si sono iniziati a vedere i primi cali di fatturato, non abbiamo assistito a nessun cambio di rotta rispetto a quanto messo in atto negli anni precedenti. Il concerto è sempre lo stesso, l’orchestra esegue il solito spartito fatto di promozione1!-promozione2!-promozione3! zum-pa-pa! Non dimentichiamo, poi, che se oggi il cliente smette di comprare da fine agosto per aspettare le offerte del venerdì nero, non c’entra tanto la guerra in Ucraina, ma è perché qualcuno lo ha educato in questo modo. 

Bolletta energetica

Non siamo qui a mettere al rogo le campagne promozionali, che sono l’anima del commercio, ma ci stupisce che ai volantini perenni non vengano affiancati dei tentativi per cercare nuovi contatti con il consumatore finale, coinvolgendolo in un discorso più ampio. Ad esempio, ormai sono mesi che i giornali pubblicano notizie allarmanti sui costi dell’elettricità e danno suggerimenti su come ridurre i consumi energetici. Ci saremmo aspettati una campagna informativa su come si possa effettivamente alleggerire la bolletta sostituendo alcuni elettrodomestici in casa, o qualche volantino “ad-hoc” che metta il risparmio energetico al centro, anziché i prezzi dei prodotti massacrati dagli sconti. Quando si vuole fare qualcosa di immediato, cercando di inseguire le esigenze del consumatore, la burocrazia elefantiaca delle centrali di acquisto nostrane impiega tempi biblici. Ne è stato un esempio quando, nel 2020, abbiamo visto arrivare nei negozi quantità abnormi di termometri scanner e pulsossimetri, dopo che ogni italiano ne aveva acquistato uno (non diciamo dove per non infierire). 

L’esperienza

Eppure l’esperienza dovrebbe aver insegnato che il mercato, e con esso l’abitudine di spesa dei consumatori, è ormai altamente volubile. Bisogna adeguarsi alla domanda velocemente. I grandi del nostro retail hanno una notevole potenza di comunicazione con il consumatore finale, ma sembra che non riescano a trovare le parole giuste, perché cambiare rotta oggi per queste grandi catene è come chiedere ad un transatlantico di virare in pochi metri. E dire che basterebbe qualche piccola campagna pubblicitaria per far capire al cliente che, in questo momento difficile, nei punti vendita troverà personale altamente formato che lo aiuterà nella scelta di un nuovo prodotto eco-sostenibile e a grande risparmio energetico. Cercare di andare incontro ai bisogni del cliente, anziché tentare di attirarlo scontando la merce di cui non ha necessità, potrebbe essere una strategia a lungo termine, ma non sembra essere nemmeno presa in considerazione da un sistema che ripete “sconti!-sconti!-sconti!” come un disco rotto. Quando tutto è una promozione straordinaria, di ordinario resta la noia. Il nostro retail sembra non uscire da logiche che appartengono ad un lontano passato, perdendo completamente di vista ciò di cui il cliente ha bisogno. Quando la stampa generalista e i telegiornali si riempiono la bocca di risparmio energetico il nostro retail dovrebbe sentirsi chiamato in causa, non mandare ai clienti le brioche degli sconti al posto del pane dei bisogni.

Incrociamo le dita

Noi siamo i primi a tenere incrociate le dita perché tutto si risolva per il meglio. Saremo i primi ad esultare se (o quando) vedremo i comunicati stampa delle aziende compiacersi di questo o quel risultato. Ci auguriamo che la nenia del Black Friday riesca anche questa volta ad ammaliare i clienti per le settimane da qui a fine anno. Altro, noi, non possiamo fare. Quanto ci piacerebbe, però, vedere dell’altro. (g.m.)