La lettura del documento della Commissione europea intitolato “Una strategia ‘Dal produttore al consumatore’ per un sistema alimentare equo, sano e rispettoso dell’ambiente”, suscita sentimenti contrastanti. Da una parte una grande e positiva fiducia verso la realizzazione della transizione sostenibile delineata; dall’altra scatena un certo sgomento: riusciremo a trasformare questo bel documento in una solida realtà? Anche perché, diversamente, le prospettive sono piuttosto preoccupanti. Intanto, cerchiamo di capire di cosa si tratta.
La strategia "Dal produttore al consumatore, in inglese Farm to fork”, è al centro del Green Deal, o Patto Verde europeo, il piano della Commissione europea che ha l’obiettivo generale di raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050. In particolare, Farm to fork fissa obiettivi ambiziosi da raggiungere entro il 2030 riguardo a vari aspetti della complessa filiera alimentare, per favorire una transizione giusta per gli operatori di tutte le catene del valore. In altre parole, il successo di un sistema alimentare sostenibile, benefico per ambiente, società ed economia, non può prescindere da una sussistenza sostenibile dei suoi operatori, in primis i produttori primari, i contadini, gli allevatori e i coltivatori. Attualmente un agricoltore medio della Ue guadagna circa la metà del lavoratore medio nell’economia in generale. La filiera alimentare - vale a dire produzione, trasporto, distribuzione, commercializzazione e consumo di prodotti alimentari - così come è organizzata oggi nei paesi cosiddetti sviluppati, è fra le più importanti minacce per l’ambiente. Il documento traccia le linee guida per costruire una filiera alimentare sostenibile, favorevole alla salute dell’ambiente e delle persone, un sistema che, insieme alle pratiche produttive, non può prescindere dall’adozione di consumi e regimi alimentari più sani e sostenibili, un vantaggio per la qualità della vita, ma anche per i costi sociali e sanitari. Tra gli importanti obiettivi della strategia Farm to Fork, ci sono: garantire la sostenibilità della produzione alimentare, promuovere un consumo alimentare sostenibile e agevolare il passaggio a regimi alimentari sani e sostenibili.
Meno pesticidi, fertilizzanti chimici, antibiotici
L’agricoltura intensiva è alla base della filiera alimentare dei paesi sviluppati, adotta tecniche, strumenti e sostanze chimiche utili per massimizzare la resa produttiva. Così nell’allevamento intensivo gli animali crescono in spazi ristretti e vengono trattati con farmaci antimicrobici, quelli che genericamente chiamiamo antibiotici. Nelle coltivazioni, l’agricoltura intensiva su larga scala viene meccanizzata e si fa largo uso di pesticidi e fertilizzanti chimici. L’obiettivo di questi sistemi è produrre cibo più economico e in maggiore quantità, anche per rispondere a una sempre crescente domanda, ma la situazione sembra sfuggita al controllo: questa ‘agricoltura industrializzata’ costituisce una grave minaccia per l’ambiente. I pesticidi chimici usati in agricoltura inquinano l’ecosistema in cui vengono immessi: eliminano l’agente infestante - piante e insetti indesiderati - ma danneggiano suolo, acqua, aria, piante, insetti, uccelli e animali in genere. Alcuni indicatori segnalano nel territorio comunitario una diminuzione del 20% dei rischi derivanti dall'uso di pesticidi negli ultimi cinque anni, ma l’obiettivo è arrivare a una riduzione del 50%, favorendo soluzioni fra cui l’adozione di pesticidi con sostanze attive biologiche. L’uso eccessivo di fertilizzanti (in particolare azoto e fosforo) è causa di inquinamento di aria, acqua e suolo, e contribuisce all’impoverimento della biodiversità nei fiumi, nei laghi, nelle zone umide e nei mari. Per ridurre di almeno il 50% l’impiego di questi nutrienti, garantendo allo stesso tempo che non si verifichi un deterioramento della fertilità del suolo, serve adottare un uso bilanciato dei fertilizzanti, estendendo tecniche di agricoltura di precisione, cioè in grado di realizzare l’intervento giusto, nel posto giusto, al momento giusto, rispondendo alle esigenze specifiche delle singole colture e di singole aree del terreno, con un livello di precisione elevato. Nuove tecnologie possono intervenire anche in settori critici come l'allevamento intensivo del bestiame, trasformando i rifiuti organici in fertilizzanti rinnovabili. L’allevamento, infatti è responsabile di quasi il 70% delle emissioni di gas serra dell’UE, e occupa il 68% della superficie agricola totale. Inoltre l’uso eccessivo di antimicrobici ha sviluppato sia negli animali che nell’uomo una resistenza a questi farmaci, con notevoli problemi in termini di inquinamento, ma anche di salute e di vittime (33 mila persone nella UE secondo le stime). La strategia Farm to fork punta a ridurre del 50% entro il 2030 la vendita di antimicrobici. Più in generale, l’obiettivo è ottenere un miglioramento del benessere degli animali e della loro salute con un minor uso di medicinali, il che si tradurrebbe in una migliore qualità degli alimenti, contribuendo a preservare l’ambiente.
Imparare a mangiare meno e meglio
Qualcosa nell’attuale sistema non funziona anche da un punto di vista sociale e culturale. Anche nell’Unione europea è presente il fenomeno dell’insicurezza alimentare: 33 milioni di persone non possono accedere quotidianamente a pasti di qualità e l’assistenza alimentare è essenziale per parte della popolazione di molti Stati membri. Per contro, circa il 20% degli alimenti prodotti viene sprecato, oltre la metà della popolazione adulta dell’Unione è in sovrappeso, e sono in aumento i casi di obesità. Quelli adottati sono regimi alimentari insostenibili non solo per l’ambiente, ma soprattutto per la salute delle persone: nella Comunità europea le calorie assunte, il consumo medio di carni rosse (maiale, manzo, agnello, capra e tutte le carni trasformate), gli zuccheri, il sale e i grassi continuano a superare i livelli raccomandati, mentre rimane insufficiente l’abitudine a mangiare cereali integrali, frutta e verdura, legumi e frutta secca. Si è stimato che nel 2017 nell'Ue oltre 950 mila decessi (uno su cinque) e la perdita di oltre 16 milioni di anni di vita in buona salute sarebbero diretta conseguenza di cattive abitudini alimentari, collegate a patologie cardiovascolari e oncologiche. Entro il 2030 l’obiettivo è dunque invertire la tendenza al sovrappeso e all’obesità nella UE, attraverso l’adozione di un regime alimentare basato più sui vegetali che sulla carne. In questo quadro l’Italia parte avvantaggiata: è la patria della dieta mediterranea, considerata un modello di alimentazione sostenibile. In questa trasformazione, la consapevolezza del consumatore rispetto agli alimenti che consuma è un passaggio fondamentale. Da qui la volontà della Commissione di fornire agli utenti informazioni chiare e semplici, utili per per scelte alimentari più salutari. Farm to fork prevede di apporre una etichetta nutrizionale sull’imballaggio, ‘obbligatoria e armonizzata’ con l’obbligo - per determinati prodotti - di indicare origine e provenienza.
Sprecare di meno
Ridurre del 50% lo spreco alimentare procapite è un altro degli obiettivi strategici di Farm to fork. Allo studio modalità per promuovere modelli di consumo sano e sostenibile nella ristorazione istituzionale, quella di scuole, ospedali, istituzioni pubbliche, con il rafforzamento di attività educative focalizzate sull’importanza di una alimentazione sana e senza sprechi. A questo obiettivo si collega la proposta da parte della Commissione di aggiungere la scritta “spesso buono oltre”, alla dicitura “da consumarsi preferibilmente entro”, con lo scopo di rendere più chiara e fruibile l’indicazione delle date di scadenza degli alimenti. Oltre a essere vergognoso dal punto di vista sociale, morale ed economico, lo spreco alimentare inquina: nell’Unione europea questa catena di sperpero rappresenta ogni anno almeno 227 milioni di tonnellate di CO2 equivalente, vale a dire circa il 6% delle emissioni totali dell'UE (dato 2012). Oggetto di proposte da parte della Commissione anche modalità per la valutazione delle perdite alimentari in fase di produzione, e soluzioni per prevenirle. Infine, un sistema alimentare sostenibile non può tollerare la frode lungo la sua filiera, pregiudica la sicurezza del cibo, inganna i consumatori, è commercialmente sleale. La strategia Farm to fork promette tolleranza zero. (l.c.)
Fonte: Commissione europea