Bremen è un piccolo Lander a nord della Germania in cui si è riusciti a raggiungere un tasso di vaccinazione contro il Covid-19 del 90 per cento grazie al dialogo con le singole comunità presenti. L’individuazione di persone di riferimento all’interno dei vari gruppi ha garantito una copertura nettamente superiore al resto del Paese; in Germania il tasso medio di vaccinazione è di circa il 67 per cento.
Negli USA, REI Co.op - azienda retail leader nell’abbigliamento sportivo -, ha costruito nel tempo un rapporto così simbiotico con la propria community di clienti da creare un processo di condivisione e validazione di alcune scelte valoriali e gestionali, che passano necessariamente dal portale dedicato ai membri. Nel 2020, in piena pandemia, la crescita è stata dell’8 per cento sia a livello e-commerce che di vendite fisiche. Visitando la pagina web conversations, troviamo circa 37 mila iscritti che hanno creato nel tempo oltre 40 mila spunti di discussione su diversi temi legati allo sport outdoor e trekking. Questo serbatoio costituisce il nucleo di clientela più importante per l’azienda, in cui il livello di fidelizzazione ha raggiunto un grado quasi inattaccabile per i concorrenti. Pensate che questo retail è conosciuto nel mercato statunitense come detrattore del Black Friday: infatti per l’intera giornata non vengono processati ordini e si invita esplicitamente i propri clienti a passare il Giorno del Ringraziamento con le proprie famiglie.
Il concetto di "centralità del cliente” trova sempre maggior vigore nella “centricità della comunità”; cambia dunque il paradigma con cui ci si rivolge al proprio consumatore. Se l’atto di vendita resta individuale, l’ingaggio del consumatore e il “viaggio” che portano al prodotto vedono la comunità come protagonista.
Definire la propria community è diventato prioritario: valori, comportamenti, suggerimenti, vision sono tutti elementi che dobbiamo analizzare per trovare un minimo comun denominatore che ci permetta poi di definire una strategia corretta e coerente.
Tecnicamente si tratta di verificare reazioni e comportamenti rispetto a processi comunicativi posti in essere dall’azienda: se lancio una campagna di rottamazione di elettrodomestici andrò a verificare anche attraverso i social la risposta della popolazione, all’interno della quale si staglierà un nucleo più ristretto caratterizzato ad esempio da un’alta attenzione al risparmio energetico. Questo denominatore comune, non solo delimita i confini della comunità, ma allo stesso tempo definisce il posizionamento e la proposta dell’azienda, la quale non potrà fare altro che puntare sul concept di risparmio energetico. Se da un lato perdiamo alcuni tratti di autonomia gestionale, dall’altro ne acquistiamo in fedeltà del consumatore.
Quando mai dovessimo arrivare ad un livello di ingaggio ottimale tra azienda e community, si verificano due fenomeni molte interessanti:
- il gruppo attira a sé altri clienti affini, attivando un processo di alimentazione interna
- l’interlocuzione tra i membri, se correttamente indirizzata, genera ulteriori vendite
Quando nel sito di REI Co.Op due consumatori si scambiano opinioni sulla tenda da utilizzare per campeggiare presso le Great Smoky Mountains, stanno fornendo all’azienda una serie di informazioni commerciali, che opportunamente guidate, potrebbero portare all’acquisto dell’attrezzatura più corretta.
Se si decide di puntare sulla costruzione e gestione della propria community non possiamo pensare di lasciarla all’autogestione. Piccola o grande che sia essa potrebbe costituire un grande plus tanto quanto una spina nel fianco: se la mia rottamazione non prende la direzione condivisa del risparmio energetico anche se dovessi ottenere un risultato economico nel breve periodo, genererei delle reazioni, espresse spesso da recensioni, commenti e comportamenti, che nel medio termine andrebbero a deprimere la mia spinta commerciale.
Proprio l’importanza della comunità è alla base del fenomeno dei nano e micro influencers, in pratica leader del loro personale gruppo social, gente comune che viene riconosciuta come riferimento, a tal punto da condizionare il comportamento degli iscritti al loro account. Nel 2021 in Italian il fatturato generato dal canale influencers è stato di 280 milioni di euro con un incremento del 15 per cento; a livello globale il risultato si è attestato attorno ai 14 miliardi di dollari con un peso specifico dell’elettronica di consumo pari al 10 per cento.
Molte aziende si stanno dotando di figure demandate a gestire la community, perché si rendono conto che questo è diventato l’asset principale. Tornando alla nostra REI Co.Op, le discussioni tra membri vengono spesso moderate da una figura aziendale che alimenta dibattiti, identifica reazioni, stimola azioni.
La società internazionale McKinsey, nella definizione del modello Azienda 2025, pone un focus particolare sull’importanza dei dati provenienti dalla community, come elemento imprescindibile di gestione. Torna il fattore big data come punto chiave per una corretta definizione della strategia da adottare: gestire una comunità ha poco a che vedere con una chat di amici. C’è una mole di dati provenienti dal gruppo clienti che deve trovare una sintesi prontamente utilizzabile dall’azienda. Community management e data driven sono concetti legati a doppio filo; questo non vuol dire creare necessariamente sovrastrutture, anche un retail è in grado di compiere questo salto verso la community. Certo è che il micro-retail ha necessità di aggregarsi o associarsi perché la comunità ha comunque bisogno di ampiezza.
Luigi Del Giacco
Esperto di Change Management
Docente Bianco & Bruno Academy