Martedì, 21 Maggio 2024 07:55

LETTERA: “Troppa concorrenza diretta dalle industrie, noi rivenditori siamo stanchi”

Riceviamo e volentieri pubblichiamo.

Gentile redazione,

sono Paola Vaccari, titolare di un negozio di elettrodomestici a Crevalcore, in provincia di Bologna. Vi scrivo per la stima che ho nella vostra professionalità nel trattare temi importanti del nostro settore. 

Come è nostra consuetudine, dedichiamo tempo e attenzioni al cliente, guardando da vicino e nel dettaglio le funzioni di ogni prodotto adatto alle sue esigenze, puntando sulla qualità, intesa come affidabilità e durata, visto che riteniamo il grande elettrodomestico una parte importante nella vita di una famiglia. Cercando sempre di fargli compiere una scelta di servizio e non di prezzo. Per questo abbiamo un target di prodotto medio-alto.

Nei giorni scorsi ho seguito un gentilissimo cliente nella scelta di una lavatrice. Concludiamo la vendita di un modello di una nota marca: 980 euro consegnata a casa, prezzo in linea col listino. Fin qui tutto nella norma; dopo venti minuti questo cliente mi manda lo screenshot di una pagina Facebook dove quello stesso brand gli propone il modello che aveva appena acquistato a 689 euro + 60 di installazione, anziché 999 euro. E mi pone una domanda molto realistica: “Paola, guarda il prezzo che mi fa la marca stessa. Ti chiedo: io cosa sto acquistando? Un prodotto da 1000 euro o uno da 600? Non so se fidarmi di questa lavatrice”.

Ora faccio una riflessione da rivenditore, che credo possano fare tanti colleghi: è possibile che l'industria continui a fare concorrenza sleale al rivenditore, svilendo i suoi prodotti e facendo passare da LADRI noi negozianti?

Il rivenditore dovrebbe essere ritenuto un collaboratore e un alleato per l'industria, come lo era negli anni addietro, visto che dedica tempo, professionalità e investimenti per la vendita del prodotto. Ancora oggi solo un negoziante può dare valore alla vendita, molto più di tante recensioni sul web.

Invece si trova ad essere usato come svuota magazzini per poi essere ingannato cercando di rubargli la vendita e facendolo passare per ladro agli occhi del cliente, visti i prezzi impossibili che alcuni brand propongono sui loro siti.

Una cosa però sta sfuggendo all'industria, ossia che il prezzo basso non sta arricchendo nessuno. I volantini, gli sconti e il 3x2 possono essere validi per i detersivi o la conserva perché ne fai scorta, ma quando si parla di grande elettrodomestico le famiglie hanno sempre un solo frigo, una lavatrice e una lavastoviglie in casa e per anni, e trovo assurdo che sia proprio l'industria a insegnargli a spendere poco anche quando il cliente è disposto a investire. 

Hanno insegnato alle famiglie che spendere 1600 euro per un iPhone e cambiarlo ogni 12 mesi sia una necessità, e nel contempo gli abbiamo detto che investire 900 euro in una lavatrice che ti dura 10 anni è un furto: che marketing è questo? 

Sono 75 anni che gestiamo il negozio di famiglia (ora parla il mio cuore), e a denti stretti e con serietà siamo riusciti a conservare ancora tanti clienti che ci rispettano e ci scelgono ogni giorno, proprio perché siamo sempre presenti e vicini a loro con professionalità. Infatti dicono: “Da Vaccari trovi prodotti di qualità”. Qualità che però viene messa in dubbio dal momento che il prezzo viene abbattuto.

Non ne faccio una questione di concorrenza tra rivenditori fisici e virtuali, sia chiaro: oramai ognuno offre quello che ha, chi un servizio efficiente come i negozi di vicinato, chi il prezzo. La mia rabbia è  diretta verso l'industria produttrice che mette in difficoltà l'intero sistema.

Penso che l'industria dovrebbe sempre mantenere il prezzo a listino sul suo sito, per dare valore al suo prodotto e offrire al cliente la possibilità di capire cosa sta acquistando senza creargli confusione.

Un saluto cordiale,

Paola Vaccari

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Gentile Signora Vaccari,

la ringrazio di cuore per le parole che usa nei nostri confronti. Lei tocca un tasto a dir poco dolente, e le confesso che condivido in gran parte il suo scoramento. So che su questo argomento le associazioni dei rivenditori (Aires e Ancra) stanno lavorando ed è sicuramente in cima alle preoccupazioni di tanti imprenditori del retail. La sua lettera non è la prima e non sarà l’ultima.

Posso dirle la mia opinione in estrema sintesi, che forse in parte la deluderà? Il problema parte da lontano. Da molto lontano. Da troppo lontano. Risale a quando il retail, che qualcuno definirebbe “che conta”, ha cominciato a regalare le chiavi del proprio negozio ai fornitori. Mi riferisco a promozioni commerciali scombiccherate, a punti vendita dove vengono appaltati gli spazi espositivi alle industrie servendo loro su un piatto, non d’argento, bensì d’oro la relazione col cliente finale senza intermediazioni; mi riferisco a un ruolo di consulenza e vicinanza ai consumatori passato in secondo piano, se non addirittura terzo.

Lei mi insegna, cara Paola (mi permetta di esserle confidenziale), che quando si crea uno spazio vuoto qualcuno lo va ad occupare. Il retail ha fatto troppi passi indietro nella relazione con i consumatori lasciando praterie che ora alcuni fornitori cominciano a presidiare.

Ciò non toglie che il problema che lei pone c’è, è grave e mette a rischio la solidità del sistema. Un sistema che non è più quello di trenta, venti o dieci anni fa; è un sistema immerso in un mondo dove la tecnologia la fa da padrone, che pone sfide mai viste prima e che impedirà di riportare le lancette dell’orologio indietro. Di ciò dobbiamo essere tutti consapevoli. Augurandomi che si possa trovare la quadratura del cerchio, e pure in fretta, nel suo piccolo Bianco & Bruno cercherà sempre di mettere in luce il ruolo di perno che incarna il retail tradizionale. Noi italiani abbiamo l’enorme fortuna che il negozio fisico rappresenta tuttora il luogo preferito dove compiere gli acquisti. Non picconiamolo di giorno tentando poi di sistemarlo di notte alla bell’e meglio. (graziano girotti)