Giovedì, 04 Giugno 2020 12:39

"Si accomodi pure alla cassa... fra una settimana!"

Nel periodo post-quarantena abbiamo visitato tre pdv di Roma. In tutti i negozi il commesso ci ha “venduto” prodotti non disponibili: una lavasciuga, un pc e un frigorifero. Per quest’ultimo era prevista un’attesa di venti giorni. 

Abbiamo visitato tre punti vendita romani in veste di mystery shopper durante la seconda metà di maggio, in piena fase 2 post-quarantena. Prima di raccontare come è andata crediamo doveroso fare una premessa: nei negozi non possiamo certo aspettarci una situazione di “normalità”, tra ingressi contingentati, distanziamenti sociali e dispositivi di protezione. Tutti elementi che, con le nuove regole di relazione e di comportamento, incidono sulla vita tra i lineari. Oltre che sulla vita. Quello che vi proponiamo è pertanto un Mystery Shopper sperimentale, che punta a comprendere più che a valutare e giudicare, e cerca di scattare un’istantanea della situazione ancora avvolta da contraddizioni e difficoltà di organizzazione. Ecco perché le pagelle saranno più generose e meno severe, e la riflessione aperta a nuovi spunti per la gestione delle superfici. Impariamo a ballare sotto la pioggia (anche se si tratta di un diluvio), e visto mai che tutto questo non si trasformi in un miglioramento per il futuro. Negozi in primis.

Filtrati all’ingresso
Varchiamo la soglia del punto vendita Unieuro di via dell’Aeroporto a Roma alle 17,45 di martedì 19 maggio. La fila fuori dal negozio, non più di cinque o sei persone tutte alla giusta distanza tra loro, stretta in un corridoio virtuale delimitato da un cordone, scorre in fretta. Alla fine dell’attesa - non più di dieci minuti in tutto - un addetto filtra gli ingressi smistando i visitatori ai diversi reparti del negozio. Dritti verso il settore del freddo se ci serve un frigo nuovo, spediti al ped persona se ci si è rotto il phon. Se il prodotto non c’è, invece, dietrofront: tanto per dare un’occhiata non si può entrare. Nel tragitto verso la nostra meta - le lavasciuga - riconosciamo un negozio che durante il lockdown non sembra cambiato: non ci sono percorsi pianificati né cartelli Covid o indicazioni sulle norme da osservare. Solo qualche pannello in plexiglass è apparso attorno ai box ad uso degli addetti, assieme a un disinfettante solitario appoggiato su un bancone. Intanto, mentre sotto occhiali e mascherina ribollono i pensieri sul modello da scegliere, un addetto in divisa spunta da dietro un frigorifero con un balzo da elfo. Ci serve una lavasciuga, appunto, e con due bambini piccoli non possiamo aspettare. Il commesso non chiede lumi sulle preferenze, le funzioni, la capienza. Però ci redarguisce per non aver fatto l’estensione di garanzia sulla vecchia macchina. Prima di ricevere il suo consiglio esperto gli diamo qualche elemento in più, non richiesto: la capacità di carico della vecchia lavasciuga e il wifi integrato. Con parole sbrigative e un tono definitivo ci spinge verso una Hotpoint Ariston e una Bosch: 700 euro circa la prima, il doppio esatto la seconda. Nessun commento extra. Strano, pensiamo sia una nuova modalità di approccio col cliente stabilita dall’insegna: più mirata e rapida, anche a discapito della qualità del servizio. Approcci a parte, quando - visto il momento di precarie finanze - confessiamo di preferire il prodotto da 700 euro, scopriamo che non è disponibile. è da ordinare e arriverà fra una settimana.

Costi di trasporto, poca trasparenza
Saltiamo al reparto ped con lo stesso balzo dell’addetto. Ci serve una scopa elettrica che sappia riportare il sereno in casa anche quando il cane torna dalla passeggiata al parco. La soluzione è un modello pet friendly, ci illumina l’addetto. Ne hanno un tipo da 800 euro, dobbiamo guardare il lineare dove troveremo sicuramente il prodotto giusto per noi. Non fa una piega, in effetti. Forse pensavamo di avere a disposizione più tempo per un consiglio? Evidentemente invece è terminato. E, mentre ragioniamo sul da farsi, lui è già distante, con un cliente nuovo. Non resta che sbirciare tra le casse, dove tutto scorre liscio e senza file. Un’esperienza poco piacevole, quella nel punto vendita Unieuro, dopo un’accoglienza singolare ma utile, con la selezione dei clienti all’ingresso. Anche da Mediaworld, in via Mary Pandolfi de Rinaldis a Roma, zona Tor Vergata, la storia si ripete: morto un frigo se ne fa un altro, è vero. Ma se ci innamoriamo proprio del prodotto non disponibile? Capita alle 15 di venerdì 22 maggio, quando in un negozio semideserto ma assai affollato di addetti cerchiamo di acquistare un frigorifero nuovo: il nostro, per una famiglia di quattro persone, inizia a perdere acqua, diciamo a un commesso giovane e spigliato. Lui ci accoglie con un sorriso e un cordino Samsung attorno al collo. Chiede subito se la nostra spesa è settimanale o più frequente e di quanto spazio freezer abbiamo bisogno. Poi va sicuro su un Haier con cassetto congelatore, proponendo con scioltezza un finanziamento facile facile, con un piccolo acconto, da saldare con calma in settimana. Concede pure un 5% di sconto. Tutto molto bello, nonostante i 45 euro non previsti per il trasporto, più un sovrapprezzo di altri 20. Siamo quasi al traguardo quando ci inonda con un piccolo dettaglio: potremo ricevere il nostro frigo nuovo fra tre settimane. Come se, soprattutto con due bambini e una temperatura di 30 gradi, potessimo anche farne a meno. Meglio sorvolare, e prendere una boccata d’aria tra i climatizzatori. Il negozio, notiamo ora, ha molti prodotti a terra e sui bancali, ma nel complesso abbraccia il visitatore con un layout gradevole e raffinato. A dividere i percorsi interni, segnaletiche zebrate gialle e nere allontanano i clienti tra loro e dalle zone riservate al personale. Ovunque si leggono cartelloni a tema Covid. Nel clima troviamo lo stesso addetto: tra i pochi apparecchi esposti, non più di una decina, accettiamo il consiglio di un modello Samsung (che c’entri qualcosa il cordino al collo?), di un Mitsubishi e di un Daikin. Tutti con 12mila Btu al massimo, una misura insufficiente per l’ambiente da trattare, un salone di 40 mq con angolo cottura e fuochi spesso accesi. Acquisto fallito, dunque. Senza rimpianti, però, visti i costi collaterali tutt’altro che manifesti che avremmo dovuto affrontare: 45 euro per il sopralluogo del tecnico, da scalare dai 200 per l’installazione, ma poi aumentati di altri 50 (circa) per l’eventuale montaggio del motore in alto - su staffe - anziché a terra. Anche in questo pdv un’esperienza poco edificante, se non fosse per l’accoglienza e il dinamismo dell’addetto, e per la colonnina del disinfettante capace di ripulire mani e cattivi pensieri.

Alla volta dello smart working
Euronics XXL di via Torre Spaccata ci apre le porte sabato 23 maggio alle ore 16,40. Qualche cartello dice di usare il gel per le mani. A parte questo, e le indicazioni di entrata e uscita attaccate con il nastro adesivo sul pavimento, nulla sembra cambiato rispetto alla vita pre-virus. Molti i commessi in giro tra le corsie. E quando, dopo un buon quarto d’ora, qualcuno ci nota, crediamo di essere in procinto di risolvere il problema del momento: quello dello smart working, per cui stiamo cercando (in fretta) un pc. La risposta è fatta di nozioni e sigle a base di ram e hd. Ma l’addetto è preparato, incisivo, gentile. Viene interrotto spesso, però, dai colleghi che gli chiedono informazioni. Ha l’aria del responsabile. Dei 20 o 30 modelli esposti seleziona per noi due Acer e un HP in offerta: l’ideale, spiega, per un lavoro di tipo amministrativo. Non credevamo però di spiazzarlo con la richiesta di uno schermo aggiuntivo da usare anche come tv: un piccolo televisore, insomma, da collegare al computer. Il prodotto non è disponibile, taglia corto lui. Queste cose torneranno nei prossimi mesi. E poi, suggerisce, meglio evitare perché collegando un pc portatile al monitor esterno il pc si spegne. Insieme, comunque, i due schermi non si possono usare, chiarisce. Chissà, ci saremo spiegati male. Intorno a noi intanto c’è l’imbarazzo della scelta di piccoli tv da usare anche come monitor aggiuntivi per pc. Meglio tornare alla scelta del computer: quel modello da 699 euro è ciò che ci occorre. Peccato non sia disponibile prima di tre o quattro giorni. Ma forse a questo eravamo già abituati. 

a cura di Cristiano Taloni, responsabile settore informatico-digitale Konsumer Italia - www.konsumer.it