Mercoledì, 22 Aprile 2020 19:00

Il retail di fronte al nuovo inizio

Impossibile pensare di tornare ai volumi di vendite che per anni abbiamo ritenuto normali. E allora…

Ci spiace deludere i catastrofisti, ma il “dopo-virus” non sarà rappresentato dallo scenario post-apocalittico nel quale pochi sopravvissuti cercano di ricostruire la società civile. Ci duole altrettanto scontentare i sognatori, che vedono nell’aria più pulita e nei cerbiatti per le vie del centro un nuovo inizio dell’Umanità. Attualmente sono poche le certezze che abbiamo, ma in base ad alcune notizie (ufficiali e non) che ci giungono dai negozi, ci stiamo facendo una nostra idea di come potrebbe essere il retail dopo l’emergenza.

Il primo dato, lampante, che salta all’occhio è che questo periodo fatto di timidi ingressi da parte dei clienti nei punti vendita sta comunque riscontrando un discreto risultato di quella “cosa” chiamata primo margine. Probabilmente ci eravamo dimenticati che i numeri nella sua colonna potessero essere in nero, assuefatti com’eravamo al rosso scarlatto.

Sicuramente la scarsa pressione promozionale di questi giorni aiuta a risollevare la leva della marginalità. In effetti, una campagna NO IVA o un SOTTOCOSTO striderebbero con la situazione attuale, nella quale gli ingressi devono essere contingentati e va lasciato spazio (e tempo) tra una persona e l’altra. Speriamo che l’ansia da risultato non spinga i vari manager a scelte avventate in questo senso. Anzi, ci auguriamo che si possa godere di una temporanea (?) tregua delle varie scontistiche, tornando ad avere un commercio di più ampio respiro.

Un altro motivo di interesse va ricercato nelle nuove esigenze che sono emerse nelle famiglie durante la quarantena. Parliamo di prodotti di prima necessità, grandi elettrodomestici, computer per didattica a distanza e prodotti per l’intrattenimento domestico. Articoli per i quali oggi il cliente chiede - più che mai - una buona affidabilità e durata nel tempo. La sostituzione del prodotto non è più un vezzo, ma rappresenta finalmente un investimento.

Notiamo anche un innalzamento dello scontrino medio, benché sia presto per parlare di revenge spending, vale a dire l’onda anomala di acquisti di impulso che ognuno di noi dovrebbe voler fare una volta finita la pandemia. La spesa pro-capite più alta del solito è sicuramente dovuta al fatto che non ci si reca in punto vendita per una banale chiavetta USB, ma per un prodotto più “consistente”. Ecco quindi che i servizi possono tornare al centro della trattativa.

Potremo poi sperare in una conversione in acquisti dei risparmi destinati alle ferie, complice il fatto che – probabilmente – non faremo le vacanze con la “V” maiuscola nel 2020. Avremo una buona stagione del clima fisso e portatile e ci sarà un buon riscontro di vendite per quanto riguarda il trattamento dell’aria e dell’acqua. Questi saranno solo alcuni dei comparti in crescita da curare bene durante la cosiddetta “Fase 2”.

Infine, abbiamo verificato che l’e-commerce non si è rivelato quell’asso pigliatutto che tanto temevamo. L’on-line ha visto crescere immediatamente i volumi, portandosi a livelli che ci saremmo aspettati solo tra una decina di anni, ma non ha soppiantato il negozio fisico. Ora si tratta di costruire un nuovo inizio.

La narrazione delle vendite dovrà cambiare però, non possiamo pensare che si torni alle campagne promozionali urlate e ai prezzi strillati a ritmo da catena di montaggio. I volumi si ridurranno (si sono ridotti) e non si potrà sperare di riportarli ai livelli della “normalità” nel breve periodo. Che poi – diciamocelo - non c’era più nulla di normale nel nostro retail, era rimasto ben poco di sano.

In un mondo nel quale non vince più chi fa la voce grossa, ma chi interpreta meglio il labiale del cliente nascosto dietro la mascherina, si dovranno fare i conti con il servizio offerto. Chi saprà conquistarsi meglio (e nuovamente) la fiducia del consumatore sarà quello che potrà adattarsi meglio alla sopravvivenza. E per fare questo si ha bisogno della cieca dedizione dei propri collaboratori alle vendite. Perché i dati che abbiamo raccolto ci fanno sperare che, anche se non saranno rose e fiori, non saremo nemmeno sepolti dalla montagna di fertilizzante organico di cui parlano ogni giorno i telegiornali. Ma se torneremo a vedere fatturati (e utili) decenti sarà merito di chi è stato con noi a lavorare in negozio durante la tempesta, e ha tenuto duro. (g.m.)