“Caro Bianco & Bruno,
sono una lavoratrice di serie B. Faccio parte di quel gruppo che non ha ancora ricevuto la cassa integrazione. (...). D’altronde lo sappiamo da tempo che non siamo indispensabili, lavoriamo festivi e domeniche per sopravvivere, per tenerci a galla, mica perché i clienti vengono nei negozi. Abbiamo lavorato con la paura degli attentati terroristici, delle malattie infettive, della Crisi Economica Mondiale. Sempre ringraziando di avere un lavoro.
Siamo quelli che sorridono al cliente che ti fa perdere solo tempo per poi comprare su Amazon, siamo quelli che non scioperano mai, perché tanto non se ne accorgerebbe nessuno, riceviamo pressioni costanti ogni giorno sui risultati da portare, ogni giorno più irraggiungibili.
Ma ringraziamo di avere un lavoro. Siamo talmente poco considerati, che il cliente spesso ci chiama con un fischio, con un cenno, ma noi sorridiamo comunque.
Non ci ritengono necessari nemmeno loro, i clienti, tanto che se non trovano un’addetta a loro disposizione nel raggio di pochi metri iniziano a girare nervosamente per il negozio con la mano alzata, come quando a scuola dovevi andare in bagno, per chiamare il primo che capita.
E quando ti scusi dicendo che non è il tuo reparto, e magari stai servendo altre persone, s’innervosiscono e se ne vanno insultandoti. Tanto non gli servi.
Possono comprare tutto quello che vogliono su Internet, ma vengono comunque in negozio perché sperano di trovarlo subito, e in offerta (sia chiaro). (...) Nessuno trova piacevole entrare in un negozio di elettronica, tanto più in questo periodo.
Non è come andare al ristorante: quella è un’attività che, sebbene non indispensabile, è più apprezzata della nostra. Certo, anche i camerieri non sono messi bene. Forse sono loro i lavoratori di serie B e noi siamo di serie C. Anche se bisogna considerare chi lavora nei supermercati, ritenuti EROI del lockdown, ma bistrattati come noi, se non peggio. Forse allora noi siamo di serie D. (...)
C’è la coda là fuori per fare quello che facciamo noi, ce lo dicono sempre i capi. Ma la cosa che fa più male è la mancanza di considerazione da parte della propria azienda. (...) Le promozioni si conoscono sempre il giorno prima per quello dopo, i turni di lavoro si sanno il sabato per il lunedì.
Ho ricominciato a lavorare la domenica, i festivi, fare le chiusure, ma mi sento un robottino che si sveglia al mattino e svolge il proprio compito per poi tornare a ricaricarsi la sera. Non c’è cosa peggiore di lavorare senza uno scopo. E dover pure ringraziare per questo”.
Lettera firmata