Da Trony Galiano entriamo l’11 giugno attorno a mezzogiorno. Il negozio è una realtà storica nel pieno centro di Napoli in via Vincenzo Gemito, con la fermata della metro proprio fuori dal negozio e un parcheggio privato. Ha delle ampie vetrine esterne con i prodotti in offerta. L’entrata con è contingentata ma non ce n’è bisogno. C’è gente, ma senza calca, e tutti rispettano le distanze. Dentro troviamo l’immancabile gel mani e le linee guida di distanziamento. Gli addetti indossano tutti la mascherina, alcuni col logo del negozio. Il format dello store sembra fermo agli anni ’80. Telefoni, fotocamere, pc, stampanti, droni eccetera sono chiusi in alcune vetrine. Raramente abbiamo incontrato uno spazio espositivo sfruttato peggio di questo e vista la posizione strategica del punto vendita ci sembra davvero un peccato.
Solo il prezzo, senza informazioni
Le diverse aree nel reparto tv, oltre a tanti prodotti di fascia alta esposti fanno capire che ci troviamo in un negozio molto performante. è su tre piani, con l’elettronica di consumo quasi esclusivamente al piano terra insieme alla termoidraulica. Il resto del negozio è dedicato allo home fitness, all’arredo bagno e ai prodotti per l’infanzia. Non ci sono buchi espositivi e la merce dentro e fuori dalle vetrine riporta i prezzi cartacei. Unica eccezione: l’enorme espositore con gli accessori telefonia dove ne mancano tantissimi. Nota dolente: su diversi prodotti troviamo solo il prezzo, senza altre informazioni. Complessivamente il negozio appare abbastanza pulito. Dopo esserci aggirati per alcuni minuti nel comparto tv si avvicina un signore sulla cinquantina. Indossa la divisa di ordinanza e l’immancabile mascherina. Ci stava già tenendo d’occhio in maniera disinvolta. è gentile ed educato. Gli chiediamo informazioni sui tv esposti e ce ne illustra le caratteristiche. La sa lunga e non ci delude neanche quando gli poniamo qualche domanda tecnica. Risponde con calma e con un tono gradevole senza mai apparire saccente. Ci propone e i spiega in modo esauriente anche la possibilità di sottoscrivere un’assicurazione sul prodotto: Garanzia3. Tutto il negozio è tappezzato di materiale illustrativo su questo servizio aggiuntivo. Soddisfatti passiamo ad una nuova richiesta: quella di un sistema audio. Lui ci accompagna in una saletta affollata di prodotti al tocco e in vetrina. Qui ci mostra dei sistemi audio che chiama party speaker. Sono accesi e ce ne sciorina le caratteristiche mentre ci fa ascoltare un suono purissimo. Prima di congedarsi ci domanda con cortesia se abbiamo bisogno d’altro. In effetti non abbiamo altro da chiedere. Ci concediamo quindi un ultimo giro nel reparto bianco: benché stia scrivendo al pc, l’addetto si volta omaggiandoci di un buongiorno discreto ed educato.
Con ordine e senza improvvisazione
Il giorno dopo, 12 giugno, verso le 18.30, ci rechiamo all’Unieuro di via Appia ad Atripalda, a una manciata di chilometri da Avellino. L’insegna si nota da lontano e una grande vetrina esterna permette di vedere l’interno del negozio già da fuori. L’entrata non è contingentata, c’è un discreto numero di persone, e tutti rispettano le norme Covid. Non mancano gel mani e linee guida che indicano il rispetto della distanza. Tutti gli addetti indossano le mascherine, sono cordiali e salutano. Oltre agli addetti ci sono molti promoter che lavorano a stretto contatto con loro. L’atmosfera è particolarmente piacevole. Il negozio, su un unico piano e di medie dimensioni, ha un format non proprio recente, ma ancora valido. Il reparto pc non è di grandi dimensioni, però ordinato e ricco di molti portatili ben esposti. Non sempre, inoltre, un prodotto venduto viene immediatamente rimpiazzato. Succede per mancanza di merce disponibile in magazzino oppure di tempo. Di fatto, per coprire il buco espositivo creatosi, è prassi, sui lineari di questo punto vendita, posizionare cartelli promozionali al posto dei prodotti mancanti. Abitudine, questa, usata anche nel caso si debba nascondere un antitaccheggio. Una strategia studiata, o almeno così sembra: fatta con ordine e senza improvvisare, oltre che furba e dal risultato tutto sommato bello da vedere. Tre gli addetti in negozio, tutti impegnati. Uno di loro ci nota e ci sorride. Ci seguirà appena avrà terminato con quel cliente, ci rassicura. In poco tempo si libera ed è da noi. è simpatico, sulla quarantina, pettinatura stile afro. Dopo aver ascoltato e analizzato ogni richiesta d’acquisto ci orienta su alcuni prodotti. Non dimentica, durante la trattativa di vendita, di illustrare i servizi di assicurazione aggiuntiva alla garanzia legale, oltre che alcuni accessori da acquistare col notebook. Gli facciamo notare che in questo modo il prezzo sale e non di poco, ma lui non si perde d’animo: è infatti possibile finanziare tutto a tasso zero, spiega. è convincente, trapela esperienza e passione.
L’addetto nel bianco è veloce
Agli antipodi, all’interno del negozio, c’è il reparto bianco. Esteticamente è il più curato e accattivante del pdv. Sembra esserci solo un addetto, che si muove a gran velocità. Lo ascoltiamo mentre conduce la trattativa con altri clienti alla ricerca di una lavatrice. Giunto il nostro turno, chiediamo a nostra volta informazioni su una lavabiancheria. Lui ci mostra i dettagli costruttivi di diversi modelli proponendoci la polizza assicurativa e il finanziamento a tasso zero. Ci penseremo su, gli confessiamo salutandolo, e lui ricambia cordialmente, seppur con la leggera fretta di chi ha una fila di persone che lo attende.
Lo scarso fascino della divisa
Il mattino dopo, verso le 11.30 del 13 giugno, ci rechiamo al centro commerciale Campania di Marcianise, nel Casertano, per visitare il punto vendita MediaWorld. Aperto dalle 10, ha un parcheggio già colmo di auto. Si tratta di uno dei migliori parchi commerciali dell’intera regione. Bello, grande e facile da raggiungere da ogni punto, giacché collegato da una fitta rete viaria. L’insegna MediaWorld si nota da lontano, anche se - vista dall’autostrada - a spiccare di più è quella del competitor Euronics, situato all’interno dello stesso centro. Entrata contingentata, fila scorrevole. Proprio all’ingresso incontriamo un addetto alla sicurezza che ci squadra come un buttafuori senza rispondere al nostro buongiorno. Per un attimo, fulminati dal raggio laser del suo sguardo, ci sentiamo come ragazzi scalmanati all’entrata di una discoteca. Di fronte a un negozio di elettronica, e verso adulti con qualche capello bianco, ci sembra francamente un atteggiamento fuori posto. Per fortuna, però, la bellezza dei locali ci fa dimenticare il pessimo impatto iniziale. Il layout è nuovo, una spanna più in alto rispetto agli altri visti finora. Diversi, ahinoi, i buchi espositivi. Il reparto telefonia è gradevole e spazioso. Individuiamo grandi aree sponsorizzate Huawei e Samsung, e un tavolo Apple. L’addetto non si avvicina spontaneamente e dobbiamo chiamarlo. Ma non ci sentiamo di criticarlo: il negozio è grande e i commessi sembrano troppo pochi rispetto al numero di clienti. Si dimostra gentile, tecnicamente non proprio impeccabile, ma nel complesso esaustivo. Quando poi gli domandiamo della garanzia legale del prodotto ci convince con la spiegazione di una polizza che garantisce il telefono contro furto e danno accidentale per un anno. Ci servirebbe anche una custodia, gli facciamo presente, prima di scoprire che per quel modello ne hanno solo di adattabili: nulla di specificatamente creato ad hoc. Nel ringraziarlo, scegliamo un piccolo accessorio e ci rechiamo alle casse, dove le commesse sono rapide e gentili. Qualcosa però ci turba: ascoltando gli addetti scopriamo che una persona che credevamo essere il direttore, è invece un caposettore in prestito alle casse. Fin qui nulla di strano: senonché non ha divisa né segni distintivi, nessun badge, né laccetti al collo, neppure una spilla. E sapendo quanto sia importante, per il pubblico, riconoscere il “proprio” addetto - specie di questi tempi e vista la penuria di personale rilevata in negozio - riteniamo che avere commessi che lavorano in incognito sia quanto meno controproducente.